Anche il calcio moderno ha bisogno di un amore cafone

Perché la storia tra Mauro Icardi e Wanda Nara ci appassiona così tanto.

Nel febbraio del 1975, la nave Rossini della Società Italia approda ad Arica, prima di ripartire con destinazione Valparaiso. A bordo sale Julio Iglesias, seguito da tutta la sua big band. Iglesias all’epoca era famoso “solo” nel pezzo di mondo che parlava spagnolo, in Italia ancora non lo conosceva nessuno. Il commissario di bordo della Rossini era un italiano, si chiamava Gianni Belfiore e gli piaceva scrivere canzoni: aveva cominciato nel 1963, aiutato dal grandissimo J. Fred Coots scrisse una canzoncina intitolata “On a little street in Napoli” che riscosse un successo incredibile tra i passeggeri. Belfiore invitò Iglesias a cantare per i passeggeri della Rossini, tra i due cominciò così un’amicizia che durerà una vita. Finito il viaggio, i due si danno appuntamento a Madrid per il settembre successivo.

Nel frattempo Belfiore viene trasferito su un’altra nave, la Augustus, che a Buenos Aires imbarca una ragazza cilena di nome Maria Helena. Lei e Belfiore diventano presto amici, lui le fa ascoltare l’ultima canzone che ha scritto per la musica di Luciano Rossi: “Se mi lasci non vale”. A Maria Helena la canzone piace un sacco e si mette subito in contatto con delle sue amiche madrilene che lavorano con Julio Iglesias. A settembre Belfiore va a Madrid, si tratta di convincere Iglesias a cantare questa benedetta canzone: non è entusiasta, Julio, ma alla fine accetta. A febbraio del 1976 Iglesia è ospite d’onore del Festival di Sanremo e canta per la prima volta “Se mi lasci non vale”. Fu un fiasco: la Rai non volle programmare la canzone perché la considerava banale. Belfiore però non si arrese: approfittò del boom delle tv e radio private di quegli anni per far girare comunque la canzone, e portava lui stesso copie del singolo in tutte le stazioni radiotelevisive delle città in cui si fermavano le navi sulle quali lavorava. È così che “Se mi lasci non vale” divenne un successo mondiale, oltre che l’inno sempiterno degli uomini di ogni tempo e luogo che prima la fanno grossa e poi frignano. E qui arriviamo a Mauro Icardi e a Wanda Nara.

“La valigia” è stato l’altro titolo di questa canzone, spesso i radioascoltatori ne chiedevano la messa in onda chiamandola così. La valigia sul letto è quella di un lungo viaggio/E tu senza dirmi niente hai trovato il coraggio/Con l’orgoglio ferito di chi poi si ribella/Ma quando ti arrabbi sei ancora più bella, cominciava. Siccome i tempi sono cambiati assai dal 1975 a oggi, Mauro la valigia se l’è dovuta fare da solo perché Wanda il disturbo di preparagliela lei e lasciargliela pure sul letto non se l’è preso (anche perché i ricchi hanno avuto la grazia di trasformare queste incombenze in mestieri per gli altri che ricchi non sono). Wanda è partita da Parigi incazzata nera, un’argentina persa a Milano, come si legge sul suo Instagram. Mi immagino la faccia di Mauricio Pochettino quando gli hanno detto che Icardi non si sarebbe presentato all’allenamento perché era in volo verso Milano, verso una moglie da implorare, verso un matrimonio da salvare. «Ha un problema personale», ha detto in conferenza stampa Pochettino, con la faccia di uno che non vede l’ora di andare ad allenare il Newcastle: niente star system e niente drama north of Tyne. Contro il Lipsia sarebbe pure servito, Icardi: Neymar infortunato e Di Maria squalificato, meno male che Draxler dove lo metti sta. Alla fine il Psg la partita l’ha vinta lo stesso, e che altro c’è da dire su Icardi l’attaccante del Psg.

Pare che Icardi abbia detto a Wanda che se lei non lo perdona lui non torna a giocare, si ritira, smette. Sarebbe il finale giusto per l’amore più esagerato della storia del pallone, ed esagerato può stare per melodrammatico e può stare per cafone e può stare per ognuno e per tutti gli aggettivi usati negli anni per descrivere questa couple che voleva essere power: Gerard Piqué e Shakira in sedicesimo, Francesco Totti e Ilary Blasi con fotografia da telenovella sudamericana, lui il David e lei la Victoria che ti aspetteresti di trovare in una mattinata di festa, asado e salsa chimichurri.

Power couple volevano essere, forse non sono mai stati, probabilmente non saranno mai: e così, su due piedi, io sarei liquidato/Ma vittima sai, d’un bilancio sbagliato, scrisse Belfiore e cantò Iglesias. Alla fine chi ha odiato Icardi lo ha odiato solo o soprattutto per questo, più o meno consapevolmente: per la sfacciataggine con la quale ha mostrato le sue priorità, cioè il suo amore per Wanda Nara. A febbraio 2019, su Indiscreto Claudio de Carli scrisse di un suo breve ma intenso scambio (conversazione sarebbe troppo) con Icardi: «Non me ne frega niente dei tuoi sette, dei giornalisti, dei tifosi e di quello che dice la gente. Fascia, squadra, tutto il resto: sono qui per vincere e fare gol. Fare gol e vincere. Oggi sei qui, domani ti vendono. Sono qui per vincere e fare gol», disse Icardi a de Carli. Maurito è sempre parso vacuo ma in realtà era spoglio: di tutti i tic e simboli, di ogni trucco e abitudine del calciatore contemporaneo. «Non dice e non ci dirà mai, nemmeno negli anni successivi, che il presidente è un padre, l’allenatore un amico, i compagni di squadra dei fratelli a cui deve tutto, baciando la maglia e giurando che è pronto a firmare in bianco», scriveva de Carli. Il calcio come un lavoro e il calciatore come freelance: si fa gol e si vince a Milano come a Parigi e, per Icardi, Milano e Parigi e qualsiasi altra capitale esistono finché compaiono sul profilo Instagram di Wanda Nara. Icardi non ha mai baciato una maglia e probabilmente non la bacerà mai. Però, dopo un gol a San Siro contro l’Atalanta, mostrò una maglietta con dedica all’amata: c’era scritto Wan te amo. Fu solo la prima di un’infinità di tenerezze e smancerie e cafonate, ed è di queste cose che parlava Belfiore quando Iglesias cantava Dentro quella valigia tutto il nostro passato/Non ci può stare.

Wan è stata la moglie che diventa procuratrice che diventa opinionista: «Wanda da Buenos Aires, una tal minaccia per la logica binaria del maschio interessato al calcio – si può essere moglie e procuratrice? procuratore e bionda? madre e donna d’affari?», scrisse Guia Soncini sul Corriere dello Sport, all’epoca del lunghissimo divorzio tra Icardi e l’Inter. Spietata come solo lei riesce a essere (la rubrica che tiene adesso su Linkiesta si chiama L’avvelenata), Soncini disse la cosa che nessun maschio interessato al calcio aveva voglia di ammettere e definì Tiki Taka «il programma che avete fin qui acceso per sentire cos’avesse da dire Wanda Nara». E abbiamo odiato Wanda Nara perché era così importante e così consapevole e così giovane e così bella. E abbiamo odiato Mauro Icardi perché non gli importava nulla della reputazione e delle apparenze e delle prudenze e delle consuetudini: «Wanda sa quello che è meglio per me», andava ripetendo a tutti quelli che lo imploravano di affidare la procura a un altro, chiunque altro.

Mauro Icardi e Wanda Nara si sono sposati il 27 maggio 2014, al termine della prima stagione del centravanti argentino all’Inter (Emilio Andreoli/Getty Images)

Abbiamo odiato Mauro e Wanda perché tutti ci siamo sentiti come Beppe Marotta, in quel momento simbolo di chi prende il pallone sul serio, solo sul serio, troppo sul serio: costretto a partecipare a Tiki Taka perché Wanda piange e se Wanda piange Mauro non ride e se Mauro non ride per l’Inter è (era) un problema. Prima di Wanda, l’ultima volta che avevo visto qualcuno piangere per un calciatore dentro una trasmissione a tema calcio era stata quando Tiziano Crudeli scoppiò in lacrime alla fine della telefonata con la quale Silvio Berlusconi annunciò al Processo di Biscardi che Kakà al City non ci andava, sarebbe rimasto al Milan. «Grazie, presidente!», urlava, piangendo, Crudeli, paonazzo in volto, riccioli di bava bianca che si ingrossavano ai lati della bocca. Non è che Mauro e Wanda abbiano introdotto il drama nel calcio italiano, quindi. È che lo hanno migliorato esteticamente, aggiustato alla maniera di Instagram con tanto di filtri e pose. E questo, nel Paese in cui il brutto è morale (soprattutto nel calcio) e il kitsch è scambiato per spazzatura, fu inaccettabile. Il caschetto di Crudeli sì, le scollature di Wanda no.

Alla fine Mauro e Wanda sono finiti a litigare – e poi a riprendersi? boh, chissà? – a causa della cosa più banale e più inevitabile di un matrimonio, di una coppia, di un amore: un tradimento, che lui dice non esserci stato (messaggi, solo messaggi, maledetti messaggi), e d’altronde già nella canzone lui – che non era Icardi ma che lo sarà – si giustificava penosamente dicendo Se un uomo tradisce/tradisce a metà/per cinque minuti e non eri più qua. Pare che lui, Mauro, abbia accusato lei, Wanda, di essere distante e abbia preteso di ispezionarle tutti i dispositivi: telefono, tablet, portatile, messaggi, mail, fotografie, tutto. Povero scemo, ma non lo ha visto Perfetti sconosciuti? Lei poi ha chiesto reciprocità e ha scandagliato i dispositivi di lui: povero scemo ancora una volta, pare che le prove dell’infedeltà fossero in bella mostra su Telegram. Metti a posto ogni cosa e parliamone un po’/Io di errori ne ho fatti, di colpe ne ho/Ma quello che conta tra il dire e il fare/È saper andar via ma saper ritornare, dice l’ultima strofa della canzone. Mauro, un consiglio da uno che spera tu continui a giocare e un giorno di rivederti in Serie A: di Se mi lasci non vale Iglesias ha inciso anche una versione in spagnolo, si chiama Si me dejas no vale.