Cosa sta succedendo con questa indagine sulle plusvalenze?

Molte operazioni sono finite nel mirino degli investigatori a causa di valori gonfiati ad arte per sistemare i bilanci. Ma di cosa sono accusate e cosa rischiano le squadre coinvolte?

Da tutta questa storia di plusvalenze, presunti scambi illeciti e trattative sotto inchiesta si può trarre una prima, facile, conclusione: da anni il calcio italiano vive al di sopra delle proprie possibilità, nel senso che spende molto più di quanto guadagna. E per avere un tenore di vita che non avrebbero potuto permettersi, alcuni club avrebbero avuto comportamenti illeciti. Il condizionale è d’obbligo, perché ci sono delle indagini in corso e siamo ancora molto distanti da una sentenza di condanna. Tra le società coinvolte ci sono Parma, Genoa, Sampdoria, Chievo Verona, Pescara e Napoli, anche se nell’ultima settimana si è parlato quasi solo della Juventus, per più di un motivo. Intanto per una valutazione puramente quantitativa: lo scorso ottobre la Covisoc – la commissione che vigila sulle società di calcio italiane – aveva individuato 62 operazioni sospette; di queste, 42 vedono coinvolta la Juventus. Ma anche perché i bianconeri sono quotati in Borsa, motivo per cui la Consob (Commissione nazionale per le società e la Borsa) ha deciso di mettere nel mirino le sue operazioni: da qui è partita l’inchiesta della Guardia di Finanza sui conti nel biennio 2019-2021.

Dalla scorsa settimana sei importanti figure della Juventus sono indagate dalla Procura di Torino per falso in bilancio e false fatturazioni. Sono il presidente Andrea Agnelli, il vicepresidente Pavel Nedved, l’ex direttore sportivo Fabio Paratici e tre dirigenti ed ex dirigenti dell’area finanziaria. È indagata anche la Juventus, nella veste di persona giuridica. Secondo l’accusa sarebbero 282 i milioni di euro legati a operazioni «connotate da valori fraudolentemente maggiorati». Tra queste c’è lo scambio Arthur-Pjanic con il Barcellona, quello Danilo-Cancelo con il Manchester City, poi altre operazioni minori – come lo scambio con il Basilea per i giovani Albian Hadjari e Kaly Sene. La Procura di Torino sta esaminando diverse tipologie di operazione: gli scambi a “specchio” tra due giocatori valutati la stessa cifra, come nel caso dell’operazione da otto milioni (in entrata e in uscita) con il Marsiglia per Aké e Tongya; poi ci sono le operazioni “fuori range”, meno credibili di quelle precedenti per i valori gonfiati dei calciatori; altre trattative sospette, come quella che ha riportato Rovella al Genoa in prestito – il precedente contratto con il Genoa era in scadenza a giugno, solo che il giocatore ha firmato un’estensione con i rossoblu prima che l’accordo con la Juventus fosse concluso, e poi è stato acquistato in cambio di Manolo Portanova (valutato dieci milioni) ed Elia Petrelli (otto milioni).

Queste operazioni avrebbero creato ricavi fittizi in grado di camuffare grosse perdite: 39 milioni anziché 171 milioni nel 2019, 89 milioni anziché 209 milioni nel 2000, 209 milioni anziché 240 milioni nel 2021. Operazioni che, quindi, rientrerebbero pienamente nella definizione di «salva bilanci» usata dalla Procura. Ma è necessario fare un inciso: le plusvalenze, di per sé, non sono illecite. Le plusvalenze sono il guadagno che una società trae dalla cessione di un calciatore a un’altra società. Queste somme in Serie A rappresentano una delle principali fonti di entrate per i club dal momento che, nella maggior parte dei casi, i calciatori rappresentano il principale asset di una società. L’illecito nasce invece quando si va a gonfiare il valore dei giocatori per “sistemare” i bilanci. Ma anche questa è una pratica conosciuta: in una discussione da bar si glisserebbe con un «tanto ormai lo fanno tutti». I vantaggi della supervalutazione dei calciatori sono puramente contabili, cioè non generano ricchezza ma servono solo a nascondere le perdite a bilancio. E questo in Italia è diventato un sistema vero e proprio: nel 2015 la Serie A fatturava 2,2 miliardi e i 381 milioni di plusvalenze rappresentavano il 17% della produzione; adesso sono raddoppiate, arrivando a 739 milioni, mentre i ricavi sono aumentati di un 30% mal contato.

Questa bolla del calciomercato in realtà non è un elemento così tanto nuovo. Delle valutazioni gonfiate si erano accorti già molti osservatori: lo scambio Pjanic-Arthur era sembrato un accordo volutamente oneroso per mettere a posto i bilanci di due club in grosse difficoltà, così come lo scambio Carprari-Skriniar del 2017 tra Inter e Sampdoria sembrava un’alchimia di mercato architettata per permettere ai nerazzurri di segnare a bilancio le plusvalenze necessarie per non uscire dai paletti del Fair Play Finanziario. All’epoca Caprari fu valutato 12 milioni, che sembravano troppi e oggi forse sembrano troppo pochi. È proprio questo il punto: le plusvalenze gonfiate non sorprendono perché non esiste un listino prezzi dei calciatori, e perché le valutazioni sono sempre, inevitabilmente, soggettive. Quindi manipolabili. Lo ha ricordato di recente anche Leandro Cantamessa, legale del Milan quando il club rossonero finì sotto indagine per un caso di plusvalenze false nel 2008: «La plusvalenza di per sé è un concetto benefico per una società di calcio. Devi combatterlo quando diventa un fenomeno tossico. Ma il problema è sempre lo stesso: è molto difficile provare che le parti abbiano scientemente voluto concludere un affare fittizio. Non dimentichiamo che la storia del calcio è disseminata, in un senso o nell’altro, di errori incredibili di mercato: campioni comprati a poco o flop stravalutati».

Nel 2008 furono indagate Milan, Inter e Genoa, poi prosciolte in assenza di prove. L’unico caso di plusvalenze fittizie accertato e punito è quello che riguarda Chievo Verona e Cesena, del 2018. In realtà per il Cesena l’inchiesta non si concluse causa fallimento del club, ma la società veronese fu sanzionata con tre punti di penalità. In ogni caso, si tratta di un precedente interessante in quanto il Tribunale Federale Nazionale prese una posizione significativa nello stabilire quando una valutazione deve ritenersi gonfiata: «Poiché idonei ad influire positivamente su dati di bilancio […] l’evidente sopravvalutazione dei calciatori, unitamente alle concrete modalità di utilizzo degli stessi, all’anomalo sostanziale inutilizzo di gran parte degli stessi, l’elevato valore di compravendita, non comportante, tuttavia, alcun esborso economico, ma solo rilevantissimi effetti finanziari soprattutto se rapportato ai prezzi di cessione di altri giocatori professionistici di ben altra indubbia caratura sia dalla parte del Chievo che dalla parte del Cesena conducono a ritenere raggiunta la prova degli illeciti contestati dalla Procura Federale». Insomma, il fatto che le squadre avessero scambiato giocatori non ritenuti all’altezza di giocare in prima squadra, e che li avessero scambiati per cifre considerevoli rispetto ai loro soliti movimenti di mercato, ha prodotto l’illecito.

Milan Skriniar è passato dalla Sampdoria all’Inter nell’estate del 2017; secondo Transfermarkt, l’Inter ha investito 34 milioni di euro per rilevare il cartellino del difensore slovacco (Alex Burstow/Getty Images)

A questo punto resta capire cosa rischiano i club, e in particolare cosa rischia la Juventus – la società più coinvolta in questa storia e quella di cui abbiamo più argomenti di discussione. Ci sono ovviamente due binari. Il primo riguarda i reati di falso in bilancio, illustrati negli articoli 2621 e 2622 del Codice Civile (“false comunicazioni sociali delle società quotate”) e nel decreto legislativo 74/2000 (“emissione di fatture e documenti per false operazioni”): nel primo caso la pena va dai tre agli otto anni di reclusione, mentre il decreto legislativo prevede sanzioni dai 18 mesi ai sei anni. Ma è ancora tutto in divenire.

Il secondo binario è quello della giustizia sportiva, il cui unico  riferimento è sempre e solo il precedente del Chievo Verona. Se le intercettazioni dovessero accertare una responsabilità nella falsificazione di documenti contabili e amministrativi scatterebbe la sanzione. Il Codice di giustizia sportiva della Figc lascia molta discrezionalità al giudice: si va dall’ammenda con diffida fino all’esclusione dal campionato, ma quest’ultima ipotesi sembra molto remota dal momento che è contemplata solo se l’illecito è commesso al fine «di ottenere l’iscrizione a una competizione a cui non avrebbe potuto essere ammessa». Oltretutto nell’indagine “Prisma” che coinvolge la Juventus non si parla solamente di plusvalenze fittizie. La Procura ha puntato anche i compensi ai procuratori: il sospetto è che alcuni agenti siano stati per operazioni di mercato inesistenti. Ma sembra una storia già abbastanza intricata con le sole plusvalenze.