L’Union Saint-Gilloise è una neopromossa ed è prima nel campionato belga, ma non è una favola

Il proprietario del Brighton ha acquistato il club per riportarlo nell'élite dopo decenni di anonimato. E ora sta bruciando le tappe.

Se siete degli appassionati di calcio e durante una delle vostre race su Wikipedia vi siete trovati sulla pagina relativa all’albo d’oro del campionato belga, avrete sicuramente riscontrato un’anomalia: dietro i due giganti Anderlecht (34 titoli) e Club Bruges (17), il terzo club con più vittorie è l’Union Saint-Gilloise. Solo che questa squadra ha vinto il suo ultimo titolo nazionale nel 1935, ed è tornata da pochi mesi in prima divisione dopo 48 anni di assenza. La vera anomalia storica, dunque, è il fatto che oggi l’Union sia in testa alla classifica della Jupiler Pro League. Da neopromossa. E non tanto perché abbia raggiunto questo livello – era un’ambizione più o meno dichiarata da parte della proprietà, come vedremo – ma perché l’ha fatto bruciando le tappe. Imponendo subito, anche contro avversarie più ricche e più forti, il suo progetto di calcio post-contemporaneo e perciò sostenibile a lungo termine.

Come detto tutto nasce da una proprietà piuttosto ambiziosa, proveniente dall’Inghilterra: da tre anni, infatti, Tony Bloom – presidente e azionista di maggioranza del Brighton & Hove Albion, club di Premier League – e il suo socio in affari, Alex Muzio, hanno acquisito le quote dell’Union. Per molti versi è stato un matrimonio di convenienza: Bloom e Muzio hanno cercato a lungo una società europea da poter affiancare al Brighton e, dopo aver vagliato diverse possibilità in diversi Paesi, hanno deciso di prendere il controllo dell’Union, un club storico ma in disfacimento, con una buona base di tifosi e immerso in un contesto competitivo, ma in cui era ed è possibile scovare molti giocatori di talento e valorizzarli senza troppe pressioni. Il campionato belga, inoltre, consente ai club di scalare le gerarchie senza spese folli. «Abbiamo fatto una scelta ponderata», ha detto Muzio a The Independent. «Non abbiamo acquistato un club in Francia, in Italia o in Spagna perché in quei campionati occorrono investimenti troppo onerosi per poter puntare alle prime posizioni. In Belgio non è così. E noi volevamo un club con cui vincere».

Nella stessa intervista, il socio di Bloom ha sottolineato ancora questo concetto, spiegando che «la nostra acquisizione e il nostro progetto non vogliono solo creare valore sul calciomercato». È una puntualizzazione importante, dato che – almeno inizialmente – l’arrivo di una proprietà inglese all’Union sembrava assecondare la tendenza degli ultimi anni, quella per cui diversi imprenditori calcistici britannici hanno comprato dei club belgi per poter aggirare i regolamenti sulla concessione del permesso di lavoro ai calciatori extracomunitari – una situazione che è diventata ancora più stringente dopo Brexit. Oltre all’Union, infatti, anche l’Oud-Heverlee Leuven e il Lommel sono satelliti di società di Premier League, rispettivamente il Leicester City e il Manchester City; inoltre, anche il Cercle Bruges appartiene allo stesso gruppo che gestisce il Monaco. Il rapporto tra Union e Brighton è però diverso, nel senso che è meno stretto. Lo conferma è rintracciabile nelle operazioni di mercato finalizzate dalla dirigenza guidata da Muzio: dal 2018 a oggi, solo quattro calciatori sono arrivati in prestito dal club di Bloom, uno per stagione – quest’anno è il turno di Kaoru Mitoma, esterno giapponese prelevato dal Kawasaki Frontale durante il mercato estivo 2021. Lo stesso Muzio ha spiegato che «il Brighton e l’Union hanno la stessa proprietà, ma in pratica non hanno altri legami, soprattutto dal punto di vista operativo. Ci sono altre squadre in Belgio che hanno dei rapporti molto più stretti con società di primo livello, che prendono otto, nove o dieci giocatori in prestito ogni anno. Noi invece abbiamo lavorato in maniera diversa».

Il progetto impostato da Bloom e Muzio è partito da una dolorosa ma inevitabile delocalizzazione: l’Union ha storicamente sede nell’elegante quartiere Saint-Gilles, a sua volta confinante con il quartiere Anderlecht – dove, ovviamente, è stata fondata l’omonima squadra. È a Saint-Gilles che si trova il vecchio stadio Stade Joseph Marien, inaugurato nel 1919 e che oggi può ospitare solo 8mila spettatori. È a Saint-Gilles che si trovavano pure le fatiscenti strutture dell’Union. Quando hanno acquistato il club, i nuovi dirigenti hanno deciso di investire in un centro d’allenamento per la prima squadra situato a Lier, 30 chilometri a nord di Bruxelles. «Nella capitale non abbiamo trovato gli spazi adatti per fare quello che avevamo in mente», ha spiegato Muzio. L’idea era quella di potenziare prima di tutto la prima squadra e raggiungere al più presto la Jupiler Pro League, così da cominciare a incassare qualcosa di più dai diritti televisivi e programmare la crescita organica di tutti gli altri reparti della società. I primi due tentativi non sono andati a buon fine, poi è arrivata la pandemia – che in Belgio ha determinato la fine anticipata di tutti i campionati professionistici della stagione 2019/20, congelando anche le promozioni e le retrocessioni. Alla vigilia della stagione 2020/21, l’Union ha trovato il suo assetto definitivo, quello giusto per tornare in massima serie: il direttore sportivo Chris O’Loughlin, ex assistente tecnico al Sint-Truiden e al Charlton, ha attuato un modello di reclutamento basato sull’analisi dei dati, e ovviamente su giovani talenti provenienti da tutto il mondo (la rosa dell’Union, in questo momento, è composta da giocatori di 15 nazionalità diverse); in panchina è arrivato Felice Mazzù, ex tecnico dello Charleroi e del Genk, con origini chiaramente italiane. La promozione è arrivata in maniera trionfale: 70 punti in 28 partite, 18 lunghezze di vantaggio sul Seraing secondo in classifica, miglior attacco e miglior difesa del campionato.

Deniz Undav e Dante Vanzeir formano la coppia d’attacco più prolifica di tutta la Jupiler League: insieme hanno segnato 25 reti (Jasper Jacobs/Belga Mag/AFP via Getty Images)

La magia è proseguita anche nella nuova stagione, come se l’impatto con la massima serie non avesse avuto ripercussioni sull’Union: in questo momento la squadra di Mazzù ha quattro punti di vantaggio sull’Anversa e sul Bruges, grazie a un ruolino da 12 vittorie, un pareggio e quattro sconfitte in 17 partite; ha il miglior attacco del campionato (43 gol segnati) e la seconda miglior difesa (18 gol subiti); Deniz Undav, centravanti tedesco arrivato un anno fa dal Meppen, ha segnato 16 reti e ha servito nove assist decisivi in 17 partite giocate. Insomma, l’Union è una macchina che produce gol e gioco di qualità, anche grazie a un approccio piuttosto spregiudicato (il modulo di riferimento di Mazzù è un 3-4-1-2 in cui gli esterni a tutta fascia sono spesso dei laterali offensivi veri e propri), in grado di garantire prestazioni spettacolari. Tra tutti i grandi risultati colti in questo incredibile avvio di stagione, spiccano il 3-1 in casa dell’Anderlecht nel primo turno di campionato, il 4-0 casalingo all’Anversa di Nainggolan e l’eloquente 1-7 in casa dell’Ostenda – con poker di gol realizzato da Undav.

I prossimi step del progetto dell’Union riguardano il potenziamento dell’Academy («Abbiamo investito molto nelle strutture per la prima squadra, ma non abbiamo ancora ciò che serve per attrarre talenti giovani di altre nazioni: questa è una cosa che deve cambiare», ha detto Muzio), un possibile ritorno della sede degli allenamenti a Buxells, ma anche lo sviluppo di un modello di business basato sulla sostenibilità a tutti i livelli, anche dal punto di vista ambientale. Proprio su questo punto, Muzio ha spiegato che «l’obiettivo è diventare il club più green dell’Unione Europea: abbiamo delle persone che lavorano a tempo pieno sullo sviluppo di progetti a basso impatto ambientale». E poi, ovviamente, c’è una rosa da potenziare ancora, a prescindere dal fatto che questa stagione possa concludersi con la vittoria del titolo e/o con la qualificazione alle coppe europee: come detto, la pianificazione del mercato è un processo lungo, basato sull’analisi dei dati, quindi è da mesi che O’Loughlin e i suoi osservatori stanno seguendo e scegliendo i giocatori che dovranno integrarsi con Uzdav e il suo partner d’attacco Vanzeir, con l’inglese Burgess e con Lorenzo Paolucci, arrivato quest’estate dalla Reggina – anche se in realtà il centrocampista italiano è stato poco utilizzato da Mazzù: finora ha accumulato un solo spezzone di gara in campionato e 150′ di gioco in due gare di Coppa del Belgio.

Proprio O’Loughlin, intervistato da The Athleticha spiegato cosa c’è di speciale all’Union: «Non voglio esagerare dicendo che questo club era una tela bianca tutta da reinventare e da riempire con nuovi colori, ma fin dall’inizio abbiamo avuto una grande libertà in tutti gli aspetti della pianificazione. Tutti, in società, sono sempre stati aperti a nuove idee e allo sviluppo del talento. Il nostro approccio è basato sul giocatore, sui suoi margini di sviluppo, sull’idea che possa crescere. Ed è proprio quello che stiamo facendo, anche piuttosto bene». La classifica della Jupiler Pro League, in questo senso, è una prova piuttosto eloquente. Ed è tutt’altro che una favola, anzi è il frutto di questo metodo di lavoro.