I giocatori inglesi stanno invadendo la Serie A

Una tendenza che è nata negli altri campionati europei, ma ora si sta consolidando in Italia.

Uno dei luoghi comuni calcistici più veri, cioè verificati dai numeri e attraverso i numeri, è quello sulla reticenza dei giocatori inglesi a trasferirsi all’estero. I dati, come detto, non mentono: in totale, i calciatori i britannici e/o irlandesi che hanno giocato almeno una partita in Serie A sono 51; una cifra bassissima se confrontata con i 91 spagnoli, i 97 svedesi, i 153 francesi, e le proporzioni sono simili in tutti gli altri grandi campionati europei. Le motivazioni alla base di questa riluttanza a lasciare il Regno Unito sono storiche, culturali, ovviamente economiche: le differenze linguistiche e di abitudini hanno un peso importante sul mancato adattamento degli atleti a nuove nazioni, e poi il predominio finanziario della Premier League e anche della Chempionship ha fatto il resto, spingendo – ancor di più – i calciatori a non abbandonare l’Inghilterra, anche a costo di ridimensionare le proprie ambizioni sportive a parità di stipendi.

Allo stesso tempo, però, la forza enorme e incontrastata della Premier Legaue sta spingendo le cose anche in un’altra direzione: la presenza dei migliori giocatori del mondo ha tolto spazio ai talenti locali, che infatti ora stanno iniziando a muoversi verso altri campionati per lanciarsi sul palcoscenico internazionale. I casi di Sancho e di Bellingham, entrambi al Borussia Dortmund, sono solo la punta dell’iceberg: negli ultimi anni, diversi talenti britannici hanno scelto di accettare offerte di club tedeschi per giocarsi subito le proprie chance da titolari dopo la loro formazione nelle Academy britanniche, e ora anche la Serie A sta assorbendo la stessa tendenza.

I numeri, come al solito, non mentono: in questo momento, nel massimo campionato italiano ci sono ben undici giocatori britannici; sette sono inglesi (Abraham, Binks, Maitland-Niles, Smalling, Tomori, Tuanzebe, Vieira), due scozzesi (Hickey e Henderson) e due gallesi (Ramsey e Ampadu). È evidente che si tratti di un record assoluto per la storia della Serie A a girone unico, così come è incredibile la progressione vissuta negli ultimi anni: nella stagione 2013/14 le squadre italiane non avevano un solo giocatore inglese, e appena cinque anni fa (annata 2017/18) ce n’era uno solo, tra l’altro piuttosto marginale (Nathaniel Chalobah, in prestito dal Chelsea al Napoli).

Ora le cose sono cambiate: Milan e Roma hanno fatto grandi investimenti – pure se con modalità e tempistiche diverse – per acquistare Tomori e Abraham, che sono da considerare tra i migliori giocatori delle rispettive rose e forse dell’intero campionato; le operazioni fatte dal Napoli (con Tuanzebe), ancora dalla Roma (con Maitland-Niles) e dal Venezia (con Ampadu) sono simili a quella imbastita un anno fa dal Milan con Tomori, non è detto che riescano altrettanto bene ma segnano comunque una tendenza; le storie di Henderson (che ha 26 anni ed è in Italia dal 2018, dopo aver lasciato il Celtic) e di Vieira (prelevato dalla Sampdoria quando aveva vent’anni) sono affini a quelle di Hickey e di Binks, acquistati giovanissimi dal Bologna negli ultimi due anni; Smalling e Ramsey hanno percorsi diversi, ma si può dire che abbiano aperto  un canale tra la Serie A e le big della Premier, non solo per i giovani ma anche per i calciatori con maggiore esperienza – e il fatto che Smalling abbia fatto di tutto per tornare a Roma dopo il primo prestito è quantomeno significativo.

Considerando i campionati europei più importanti (ovviamente oltre la Premier), la Serie A è quello che ospita il maggior numero di giocatori britannici: in Liga è rimasto il solo Bale, tra l’altro sempre più fuori dal progetto del Real Madrid; in Ligue 1 ci sono tre inglesi (Gomes, Green e Mavididi), uno scozzese (Fraser Hornby) e un irlandese (Sotona); in Bundesliga la pattuglia è più nutrita: ci sono sei inglesi (Bellingham, Mola, Oxford, Nmecha, Bennett e Richards) e due irlandesi (Noss e McNulty). Molti di questi calciatori non sono ancora affermati né tantomeno utilizzati dai rispettivi allenatori, mentre tra quelli di Serie A solo Vieira e Ramsey hanno un ruolo marginale, tutti gli altri hanno un minutaggio importante, in alcuni casi sono dei pilastri delle loro squadre.

È un altro segnale piuttosto importante: la Serie A sta diventando un luogo in cui i giocatori inglesi possono lanciarsi o anche rilanciarsi. E fare la differenza, come nel caso di Tomori e Abraham. Proprio il centravanti della Roma è diventato il giocatore inglese che ha segnato più gol (10) in una singola stagione di Serie A dai tempi di David Platt (11 reti nel Baru 1991/92) ed è addirittura l’attaccante britannico con il miglior rendimento in questa stagione: con le sue 17 reti tra campionato ed Europa League, è avanti  Jamie Vardy, Harry Kane, Raheem Sterling e tutti i suoi connazionali. E infatti nel Regno Unito stanno già spingendo perché Southgate lo convochi in Nazionale per i Mondiali del 2022.