La fiera della vanità della Bobo Tv

La spontaneità che flirta col trash, la nostalgia, le assurdità e la coerenza di un format che sta cambiando il nostro modo di raccontare il calcio.

Bobo Vieri vuole diventare Michael Jordan. Non in senso sportivo, si capisce: nessuno può diventare Michael Jordan, nessuno poteva riuscirci in passato e nessuno potrà riuscirci in futuro, ovviamente. Bobo Vieri vuole diventare quella versione/parte di Michael Jordan dalla quale la cultura popolare ha ricavato il Jumpman, il logo, segno e simbolo più riconosciuto nella lingua per immagini dello sport (degli sport, tutti). Bobo Vieri vuole diventare parte dell’immaginario collettivo. Non è nemmeno una novità, per lui: ve lo ricordate il cuore rosso su sfondo bianco della Sweet Years? E il font spesso del logo di Baci&Abbracci?

Bobo Vieri vuole essere un mogul, come quei rapper americani che con l’hip hop hanno fatto talmente tanti soldi da poterne investire poi in ogni settore dell’economia di un Paese avanzato. D’altronde ripete sempre, Bobo Vieri, che tutto quello che sta facendo adesso lo ha imparato nei suoi anni americani, in quel pezzo di vita passato a Miami. Vuole stare sulle bottiglie che si stappano sopra i banconi dei bar di moda, Bobo Vieri: è per questo che gli è venuta in mente l’idea della Bombeer, la birra dei bomber che però possono bere anche le ragazze, per evitare confusione la birra per le femmine sta dentro bottiglie rosa e la birra per i maschi dentro bottiglie azzurre. Vuole essere un filantropo, Bobo Vieri, perché si è mai visto un mogul che non sia anche un philanthropist: è così che ha messo su la Bobo Summer Cup, «la mia creatura. È divertente, riunisco tanti vecchi amici e facciamo beneficenza. […] Appena possibile la riprendiamo. Spero la prossima estate. Ho un sacco di idee. Avevo già previsto di allargare l’arena sulla spiaggia e di coinvolgere le donne nel torneo di footvolley», ha detto in un’intervista a Sette.

Vuole essere un magnate, Bobo Vieri, e cosa fanno tutti i magnati che dominano l’immaginario collettivo, da Charles Foster Kane a Urbano Cairo passando per Rupert Murdoch e Silvio Berlusconi? Comprano e/o fondano una televisione tutta loro, tutta per loro, ovviamente. È da qui che – suppongo ma sono sicuro – comincia Bobo Tv, checché ne dica Bobo Vieri, secondo il quale tutto ha avuto inizio nella noia del primo lockdown. Balle: lo stesso Vieri ha detto che l’ispirazione è arrivata negli studi di Miami di BeIN Sports, dove in giornate di studio matto e disperatissimo capì di essere «il giocatore più simpatico d’Europa, devo allora far vedere al mondo come sono realmente». A Trump è bastato assai meno per diventare il 45esimo Presidente degli Stati Uniti d’America: qualche stagione di The Apprentice, uno slogan molto efficace, cappelli con la visiera nemmeno tanto belli. Bobo Vieri è già avanti su tutto, e nel 2023 in Italia si vota. Se abbiamo creduto alla discesa in campo di Fedez, il minimo che ci meritiamo è un seggio parlamentare per Christian Vieri. In ogni caso andrà tutto in diretta su Twitch, su Bobo Tv, emittente che verrà ma che intanto può già vantarsi: «Pep Guardiola ha scelto la Bobo Tv per raccontarsi e parlare del suo calcio. Probabilmente una svolta epocale rispetto a certi equilibri televisivi», dice l’editore che si farà.

«Eravamo quattro amici al bar/Che volevano cambiare il mondo/Destinati a qualche cosa in più/Che a una donna e un impiego in banca», cantava Gino Paoli in quel pezzo stupendo e tristissimo. Ogni volta che Vieri deve raccontare le tre persone – Nicola “Nic” Ventola, Antonio “Anto’” Cassano e Daniele “Lele” Adani – che assieme a lui compongono l’intero palinsesto e tutto il cast di Bobo Tv usa sempre le stesse tre parole: «I miei amici». E lui e i suoi amici sono evidentemente destinati – o almeno così si sentono – a qualche cosa in più dell’equivalente per l’ex calciatore di un impiego in banca: 90° minuto? Ma figuriamoci. Tiki Taka? Per carità. Sky Calcio Club? Ma non scherziamo. Girare per i campi d’Italia e d’Europa, il prossimo Beppe Bergomi attaccato al fianco del novello Fabio Caressa? Ma nemmeno per sogno. Vieri e i suoi amici sono i fuoriclasse della disintermediazione, gli autentici e perfetti interpreti dello spirito del tempo in cui ogni strato di cura, produzione, organizzazione è una manciata di terra che intorbidisce l’acqua della verità/sincerità/autenticità.

La missione di Bobo Tv è ricreare il clima che si respirava nello spogliatoio, ripete continuamente Vieri. «Senza offendere mai nessuno», si preoccupa di precisare sempre, perfettamente consapevole che senza questa precisazione lo show non sopravviverebbe alla moderazione dei contenuti di Twitch (e di nessuna piattaforma di nessun tipo in nessun Paese del mondo, se è per quello). Chissà che ne pensa Ventola, di questa dichiarazione d’intenti di Vieri, in particolar modo della parte in cui ribadisce l’importanza della buona creanza nel suo progetto editoriale. In uno degli episodi più spassosi di Bobo Tv che mi è capitato di seguire, a un certo punto Cassano sbotta di fronte all’insistenza con la quale Ventola vuole modificare la lista degli attaccanti più forti del mondo proposta da Lewandoski, una cinquina composta da Kane, Agüero, Haaland, Benzema e dallo stesso Lewandoski. Ventola da questa lista vuole togliere Kane e inserire Lukaku. Cassano non è per niente d’accordo, e passa rapidamente da una successione di «e chi togli?! E chi togli?! E chi togli?!» a una sequela di improperi (una variopintissima tavolozza di «vaffanculo», «ma che cazzo dici», «ma non mi rompere il cazzo») e infine a un freddissimo ma terribile «tu non sai nemmeno da che parte stai girato».

Esasperato, Ventola ribatte in strettissimo dialetto barese: «Ma perché mi devi rompere il cazzo cercando di farmi cambiare idea!». A quel punto Cassano prova a riportare la discussione entro i confini della razionalità, si rivolge a Vieri e gli chiede – supponendo di conoscere già la risposta che gli verrà data – se lui si ritiene onestamente al livello di Benzema o di Lewandoski. Senza neanche aspettare la risposta di Vieri, Cassano continua come se l’altro avesse risposto di no, fa per rivolgersi a Ventola e fargli capire la differenza tra fatti e opinioni ma non fa in tempo ad articolare l’argomento perché Vieri, nel frattempo, ha risposto alla domanda che Cassano gli aveva fatto: «Onestamente, Bobo, ti ritieni tu al livello di Benzema o di Lewandoski?». Risposta: «Sì».

Il fatto che Vieri sia l’alfa del gruppo lo si capisce dalla reazione a questa risposta: silenzio, una perfetta assenza di suono che è impossibile ritrovare in uno show fatto senza strumentazione, senza il disturbo delle cuffie né l’impaccio del microfono, una primizia per uno spettacolo in cui l’unica pausa dalle urla (urlano sempre, tutti e quattro, come i nonni convinti che in una telefonata l’altezza della voce debba essere proporzionata alla distanza che separa mittente e destinatario) dei protagonisti è il crepitio delle bottiglie d’acqua scolate in tutta fretta per reidratare la gola sotto sforzo. Che Vieri sia l’alfa del gruppo lo si capisce anche dalla chiosa che mette alla discussione tra Cassano e Ventola: «Comunque anche io ce lo metto Lukaku, in questa lista. E pure Firmino». Silenzio, di nuovo. «E chi togli?! E chi togli?! E chi togli?!», si legge sul volto sconsolato e contrariato di Cassano.

L’alternanza di registro alto e basso (nel racconto di Man City-Chelsea e della crisi di Lukaku) è davvero sublime

Bobo Tv è inevitabilmente anche una fiera delle vanità, dei suoi protagonisti e dell’epoca calcistica di cui sono stati interpreti, quel momento della Serie A crepuscolare e bellissimo e devastante tra la fine degli anni Novanta e l’inizio dei Duemila. La nostalgia è un parte fondamentale di tutti gli episodi dello show, distribuita attraverso una serie pressoché infinita di aneddoti, fotografie di repertorio, cimeli storici da esposizione. Il punto è sempre lo stesso, però: come ci divertivamo noi a nostri tempi, come erano forti le squadre quando giocavamo noi, quanto talento è andato perso a causa di tutto il talento che invece si è realizzato. «Te lo ricordi Carlo Cardascio, Nico’!» urla a un certo punto Cassano rivolgendosi a Ventola, tentando di dare un nome e un volto alle sue ragioni: eravamo così forti noi che quelli che alla fine non ce l’hanno fatta adesso sono quelli che meritano davvero di essere raccontati. Ventola dice di ricordarselo, Carlo Cardascio, ma non aggiunge dettagli e non sembra tanto convinto.

E allora la discussione si sposta su nomi più facili da ricordare: Roberto Baronio, per esempio. Quando parlano di Baronio, i quattro amici mostrano il lato più estenuante delle loro personalità e dei loro personaggi: l’ossessione per il dettaglio di cui sono capaci solo quelli che l’arte l’hanno praticata o l’hanno osservata da vicinissimo, la verbosità che solo il cultore può scambiare per analisi. Baronio è una specie di catalizzatore per l’ossessione, di conduttore per la verbosità: fino alle soglie della prima squadra Baronio era più forte di Pirlo e la dimostrazione di questa superiorità stava nel fatto che nessuno calciava di piatto dalla grandissima distanza come Baronio. Articolati come in queste discussioni i quattro lo sono soltanto nell’analisi delle polemiche che loro stessi causano e di cui poi loro stessi si definiscono vittime. Quando Cassano racconta del suo litigio via messaggistica con Cristiano Ronaldo, a un certo punto invita CR7 a darsi una calmata perché, tra le altre cose, «sei miliardario». A questo invito segue una brevissima pausa, poi una precisazione tanto inutile quanto premurosa: «Di euro, sei miliardario di euro».

Lele Adani ha una parte in commedia precisa e difficile: provare a trasformare il concetto-Carlo Cardascio in un dibattito da condividere. «Juego para la gente che sabe de futbol», gioco per la gente che capisce di calcio, ripete tutte le volte necessarie a far diventare questa frase il motto della Casata di Bobo. Conoscendo Adani, viene spontaneo chiedersi chissà quale giocatore rioplatense vincitore del Campionato Metropolitano argentino del ‘69 con la maglia del Chacharita Juniors l’avrà detta. E invece poi si scopre che la frase potrebbe come non potrebbe averla pronunciata Benzema, ma quel che è certo è che si tratta di un verso della «nostra canzone», dice Lele con una nota di orgoglio e una di romanticismo nella voce.

La «nostra canzone» è “Una vita da bomber”, singolo uscito nel momento in cui Vieri viveva attraverso la sua personalità nota al pubblico come Bobo DJ: «Mai stato un uomo assist, no/Bobo sa fare solo goal/Cartellino giallo, bollettino rosso/In casa o fuori casa, tanto cambia poco/Eppure la tua amica è la fine del mondo/Se porti pure lei in trasferta vale doppio/Dietro di me, che fila c’è/Ma sai com’è?/Questa è la vita da bomber/Sogno una vita da bomber/Lo stadio vuole il suo bomber/La rete esplode con bomber/Bomber (vamo carajo)».