Come si segna un gol impossibile?

Una marcatura bella e indimenticabile, come quelle che hanno vinto il premio "Gol dell'anno" al Gran Galà del Calcio, può essere frutto di follia ma anche di calcolo, di genialità ma anche di supremazia fisica.

Il 15 settembre 2001, commentando la rete che aveva permesso al suo Newcastle di battere 4-3 il Manchester United al St. James’ Park, Alan Shearer disse che segnare quel gol gli aveva dato delle sensazioni che non avrebbe provato nemmeno se avesse fatto sesso con una bella ragazza: «Questo sì che è uno sballo, questo è quello che mi piace di più». Si trattò, a suo modo, di una citazione involontaria al grande Eduardo Galeano. Che, nel suo meraviglioso Splendori e miserie del gioco del calcio, scriveva descriveva il gol con queste parole: «È l’orgasmo del calcio. Come l’orgasmo, il gol è sempre meno frequente nella vita moderna».

Con le sue parole, Galeano voleva intendere che la componente tattica e utilitaristica del gioco stava prendendo – o forse aveva già preso – il sopravvento su quella estetica, riducendo la dimensione spazio-tempo in cui il talento può manifestarsi nella sua forma più pura, concretizzandosi nel momento che ne costituisce l’essenza stessa. Quella, cioè, per cui «il calcio continua a voler essere l’arte dell’imprevisto. Dove meno te l’aspetti salta fuori l’impossibile». Un esempio perfetto, in questo senso, è il gol che Fabio Quagliarella realizza contro il suo Napoli il 2 settembre 2018, all’alba della stagione che lo consacrerà capocannoniere della Serie A a 36 anni.

È il minuto 75′ di una partita che la Sampdoria, la squadra in cui gioca Quagliarella, sta dominando ben oltre il 2-0 che campeggia sul tabellone luminoso di Marassi: l’azione si sviluppa sul lato destro del campo, mentre all’interno dell’area di rigore Quagliarella accenna a un movimento a tagliare sul primo palo per anticipare il potenziale intervento di Koulibaly; la traiettoria del cross di Bereszynski, però, lo costringe a fermarsi: la palla è troppo bassa per poter essere colpita di testa e troppo alta per poter pensare di calciare di collo interno in torsione.

La risposta neuro-muscolare di Quagliarella, in una situazione che suggerirebbe a qualsiasi giocatore di rientrare immediatamente all’interno di una logica di gioco univoca e conservativa, è una sfida alle leggi della fisica e della logica, un colpo di tacco al volo contro-tempo che va a morire nell’angolo più lontano alla destra di un Ospina inutilmente proteso in tuffo. Sempre a Marassi, e sempre di tacco, aveva segnato anche Mauro Icardi il 18 marzo 2018, in un Sampdoria-Inter marchiato a fuoco da quattro gol in 21 minuti, terzo giocatore nella storia – dopo Boninsegna e Gilardino – ad aver realizzato due poker in Serie A: «È stata una domenica perfetta perché è arrivato anche il mio centesimo gol con l’Inter e perché abbiamo giocato da grande squadra. Da attaccante devo essere nel posto giusto al momento giusto per segnare. I gol sono tutti belli, segnare è una soddisfazione», dichiarò Icardi qualche giorno dopo.

Uno dei gol più impossibili dei tanti gol impossibili segnati da Quagliarella

Nel 2018 e nel 2019, Mauro Icardi e Fabio Quagliarella sono stati i due calciatori vincitori del premio assegnato dall’Associazione Italiana Calciatori all’autore del gol più bello della stagione precedente, e che torna in occasione del Gran Galà del Calcio 2022: i tifosi, con i loro voti, decreteranno la rete più bella dell’annasta 2020/21 scegliendo tra 10 delle 1.163 complessivamente realizzate nelle 380 partite disputate. Il filo conduttore risiede non tanto, o non solo, nel fattore puramente estetico dei gol che appartengono a questa shortlist, nella bellezza insita in un gesto tecnico imprevisto e imprevedibile, quanto nella comune accettazione di una componente di rischio che pone questi gol su un piano diverso e ulteriore rispetto a tutti gli altri: «Per vincere, devi correre un certo rischio. Vinci solo se fai gol. Per questo è importante considerare il calcio come intrattenimento. Un po’ come andare a un concerto. Se compri un biglietto a 100 euro, è bene che il chitarrista emetta una o due note intonate. Alla fine, il risultato ha la precedenza, ma possiamo sempre ottenerlo in un modo tale che sia emozionante. Quando fai l’arrampicata su roccia, quando fai bungee jumping o paracadutismo, all’inizio puoi essere spaventato, ma superi te stesso. Diventa un’esperienza di cui parli per tutta la vita. Se giochi una palla rischiosa e la giochi bene, è molto più divertente» ha detto recentemente Julian Nagelsmann in un’intervista a LEquipe. Queste parole sono un manifesto di questo concetto.

Una giocata rischiosa e divertente (ed efficace) come quella con cui Álvaro Morata ha permesso alla Juventus di trovare il salvifico 1-1 in una trasferta a Firenze che si stava facendo molto più complicata del previsto. Su un palla lanciatagli in profondità da Cuadrado sul lato destro del campo, l’attaccante spagnolo taglia alle spalle di Martínez Quarta, lo dribbla con il primo controllo orientato di destro e, appena dentro l’area dal lato corto, calcia di collo-interno sinistro: in una sorta di rivisitazione del gol alla Del Piero che Alessandro Del Piero realizzò contro la Steaua Bucarest nel 1995, la palla “aggira” il tentativo di parata di Dragowski con la mano di richiamo, sbatte sulla parte interna del palo e si infila in rete.

Morata non sarebbe neanche mancino, in teoria

La rete del vantaggio viola era stata segnata – su rigore – da Dusan Vlahovic, che due mesi prima, contro il Benevento, aveva trovato la sua prima tripletta in Serie A. Quella pietra miliare statistica fu sugfellata da uno splendido sinistro a giro sul palo lungo a chiudere un’azione in cui lo stesso centravanti serbo era stato in grado di crearsi lo spazio per una conclusione ad alta percentuale dopo aver stoppato un lancio lungo spalle alla porta. E, per qualche motivo, il “Ciro Vigorito” sembra solleticare gli istinti creativi dei grandi giocatori del nostro campionato: in casa delle “streghe”, infatti, hanno segnato il gol più bello della propria stagione sia Ciro Immobile – un tocco al volo di puro istinto su cross di Milinkovic-Savic – che Rafael Leão, che aprì il 2021 suo e del Milan con un pallonetto da posizione quasi impossibile che ha ricordato la prodezza analoga di Dries Mertens contro la Lazio nel 2017.

Se, però, ne facciamo una questione di una realtà, anzi di una vita che «imita l’arte più di quanto l’arte non imiti la vita», come diceva Oscar Wilde, il gol che vanta il maggior numero di tentativi d’imitazione resta quello di Marco van Basten contro l’Unione Sovietica nella finale degli Europei del 1988. Trentatrè anni dopo chi è andato più vicino a replicare una delle reti più iconiche della storia del calcio è stato Federico Dimarco: contro il Torino, quando l’anno scorso indossava la maglia del Verona, Dimarco ha segnato calciando al volo, di collo-esterno sinistro, una palla che si è andata a insaccare all’incrocio dei pali opposto. Come tradizione impone:

Il cross di Muhren per Van Basten arrivava dall’altra parte del campo, ma ci possiamo accontentare

Un bel gol può essere l’espressione di una dimensione fisica fuori scala ­– Lukaku nel derby che, di fatto, consegna lo scudetto all’Inter – oppure di una tecnica in velocità in grado di deformare lo spazio e il tempo piegandoli alle proprie esigenze – Muriel contro il Cagliari – oppure ancora di qualità individuali che sono alla base della capacità di trovare comunque una soluzione alle contromisure che la difesa avversaria ti oppone – Pedro che segna alla Lazio di sinistro un gol che avrebbe potuto fare uguale anche con il destro. Ma è anche una sorta di “affronto” all’ordine costituito, a ciò che si crede non sia possibile fare solo perché potenzialmente poco prudente, poco utile, poco produttivo.

In questo senso nulla più di un gol in rovesciata restituisce meglio quest’ideale sovversivo di ribaltamento di convenzioni e convinzioni, di un mondo che per un istante gira e funziona letteralmente al contrario. E se quella di Mattia Zaccagni contro lo Spezia è la degna conclusione di un’azione che sarebbe difficile replicare pure in un videogame, la “follia ragionata” di Daniele Verde all’Olimpico di Roma rappresenta il giusto compromesso tra utile e dilettevole, il perfetto anello di congiunzione tra due concezioni abituate a viaggiare parallelamente senza incontrarsi mai: «Conosco bene Fares e ho pensato che andarci di testa era impossibile perciò ho provato un gesto che tento spesso in allenamento anche se Agoume, era dietro di me, mi chiedeva di lasciargliela. Poi non ho capito più nulla. Il momento più bello è stato quando Reina è venuto da me a complimentarsi». Anche perché quando ti ricapita più di subire, o anche solo di vedere dal vivo, un gol così? Figuriamoci cosa deve significare per colui che lo ha segnato.

Nessuno al mondo avrebbe mai potuto parare questo tiro