Gianluca Scamacca sta venendo a riprendersi tutto

Ha avuto una vita difficile e ha convissuto con l'etichetta scomoda della grande promessa per tutta la prima parte della carriera. Ora sembra essere arrivato il suo momento.

Uno dei vantaggi che bisogna riconoscere al calcio guardato in televisione è la possibilità di vedere da vicino i giocatori, osservarne le facce, notare come cambiano le loro espressioni nei momenti cruciali della partita: uno scorcio sulla loro sfera emotiva che ci permette di fare ipotesi sulla personalità, sul loro carisma, quindi sul ruolo che ricoprono in quel complesso sistema di equilibri di potere che è una squadra di calcio impegnata in una partita. Succede così che, ogni tanto, l’inquadratura si posa su quei giocatori dall’aspetto truce che – sussurriamo ai nostri compagni di poltrona – non vorremmo mai incrociare per strada, magari un sabato notte fuori da una discoteca. Uno di questi è Gianluca Scamacca.

Scamacca ha un tiro potente e un fare minaccioso, che è dovuto alla quantità astronomica di tatuaggi che si possono scorgere nelle parti scoperte del suo corpo. Sono la prima cosa che si nota di lui e meriterebbero un’approfondita analisi iconografica: sul lato sinistro del collo capeggia un leone ruggente con un copricapo di penne di tacchino tipico dei nativi americani, mentre sul braccio destro si scorge un veliero che ondeggia su un mare in tempesta sotto un cielo costellato di sinistri uccellacci di colore rosso scarlatto. Chi si approcciasse a Scamacca per la prima volta preferirebbe di certo sapere – senza futili divagazioni estetiche – che stiamo parlando del centravanti più promettente del calcio italiano, ma è proprio il modo in cui è dipinta la sua pelle a fornirci un’inaspettata allegoria della sua carriera fin qui: vistosa – nel senso di brillante – ma anche complessa, aggrovigliata e, per alcuni aspetti, poco comprensibile.

La sua vita aderisce alla narrativa del calciatore di periferia, mosso da una determinazione supplementare per uscire da un contesto difficile: Scamacca è nato a cresciuto a Fidene, borgata a Nord-Est di Roma, uno di quei luoghi dove la vita a volte è sinonimo di conquista. «Crescere a Fidene non è stato facile: un giorno non c’era l’acqua, l’altro la luce. Ogni sera tornavo da scuola e mi chiedevo: Mo’ che ce mangiamo?», ha raccontato Scamacca in un’intervista dalle vibes pasoliniane. Solo recentemente si è capito bene cosa intendesse per “non facile”, dopo le notizie che hanno visto prima il padre e poi il nonno coinvolti in atti di violenza subito condannati dal giocatore.

Fin dall’inizio della sua carriera in campo, Scamacca mostra una sfrontata convinzione che si traduce in un’ambizione famelica: a 15 anni ha già giocato sia per la Lazio che per la Roma ed è considerato uno dei talenti più brillanti del panorama nazionale. I video skills and goals di quel periodo sono la mise en scène calcistica del primo capitolo di Gulliver’s Travels: c’è Scamacca, alto come lo è ora, che corre e segna in mezzo a un branco di lillipuziani. Nelle sue movenze si distingue l’irruenza di chi vuole combattere da solo contro il mondo intero, compresi i compagni di squadra, che non possono fare altro che subire la fisicità esuberante di quell’attaccante enorme: nel filmato che segue vediamo Scamacca che, esultando per un gol, rifila – involontariamente – un ceffone a un suo compagno accorso per festeggiarlo, facendolo stramazzare al suolo. Nella scena successiva, le stesse dinamiche: dopo aver segnato un gol in rovesciata, fa chiaramente intendere di volersi sfilare la maglia; i compagni provano allora a tirargliela giù per evitare l’ammonizione, ma falliscono miseramente. Nell’azione dopo ancora, invece, lo vediamo segnare dal calcio d’inizio: Gianluca Scamacca è semplicemente fuori scala.

È tutto qui

Il motivo di tutto l’hype che ammanta la sua figura è la coesistenza di un piede raffinato e tecnico con un corpo molto alto (1.95 cm), che a prima vista lo può identificare come il classico ariete d’area. Scamacca però è un longilineo: ha sì le spalle larghe ma la vita stretta e gli arti fini, cosa che gli permette di avere agilità e una straordinaria coordinazione del corpo, testimoniata dai numerosi gol segnati in acrobazia. Ricorrendo al gioco dell’etichette, Scamacca è il prototipo del centravanti moderno, nel senso che si tratta di un calciatore che tira da fuori, calcia le punizioni, partecipa alla manovra offensiva sin dalla metà campo, dove dimostra abilità nello smarcare i compagni grazie a un’ottima visione periferica.

Dopo aver superato le categorie giovanili come i livelli di un videogioco arcade di cui si sanno tutti i trucchi, l’ambizione di Scamacca si è tramutata presto in impazienza: a 16 anni pretende di giocare con i grandi e si offre al mercato per trovare la squadra che gli offra le maggiori garanzie, come fanno i giocatori affermati nel pieno della maturità. Il suo diventa un caso: rifiuta tutte le offerte di rinnovo della Roma e vola al PSV Eindhoven, che gli offre 70mila euro l’anno più un alloggio e un lavoro per la madre. È qui che Scamacca mette in mostra per la prima volta la sua abilità retorica nel dissimulare la propria ambizione con un tono naïve e stralunato, come se cascasse dal pero: in una lunga intervista alla Gazzetta – già singolare per un sedicenne che non ha ancora dimostrato nulla – risponde a chi lo accusa di venalità che un trasferimento all’estero a quell’età è «un passaggio normalissimo». Aggiunge, inoltre, che sentiva il bisogno di «ampliare i propri orizzonti». La stessa risposta che di solito danno i suoi coetanei che partono per l’anno all’estero con Intercultura. In poche parole, Scamacca è molto bravo a fare il finto tonto, proprio come quando, anni dopo, giustifica l’analogia tra il suo profilo Instagram iamscamacca e quello di Ibrahimovic iamzlatanibrahimovic – giocatore a cui da sempre viene accostato – con il fatto che gianluca_scamacca fosse già stato preso.

Dopo le prime tre presenze in partite ufficiali nella stagione 2017/18, Scamacca ha accumulato 30 presenze e 13 gol con la maglia del Sassuolo (Maurizio Lagana/Getty Images)

A chi si chiede se quella del trasferimento in Olanda sia stata una scelta felice, la risposta immediata sembra essere non proprio, perché Scamacca fa ritorno in Italia due anni dopo senza aver esordito in prima squadra. Nonostante ciò, alla conferenza di presentazione al Sassuolo dice di essere maturato e di aver giovato dell’approccio olandese sul piano tecnico, facendo intendere di essere finalmente pronto a giocare con i grandi: quello invece è il momento in cui la sua carriera prende una strada tortuosa, dove rimbalza di semestre in semestre tra la primavera e prestiti incolori al PEC Zwolle e alla Cremonese.

Il tempo passa e Scamacca sembra aver perso il vantaggio che aveva sugli altri; ci si inizia a chiedere se non sia colpa delle sue scelte dettate dalla fretdi arrivare, e come sarebbe andata se avesse intrapreso un percorso più lineare, più ortodosso. Lui però sembra aver imparato presto a non farsi troppe domande perché, come ha raccontato in una recente intervista a Sportweek, «nel calcio la fine del mondo non esiste. C’è sempre una nuova opportunità». Alla fine l’opportunità giusta è capitata ad Ascoli, campionato 2019/20 di Serie B: forse più tardi del previsto, ma da lì non si è più fermato: prima il convincente esordio in Serie A col Genoa e poi la consacrazione di quest’anno al Sassuolo, dove è tornato finalmente da protagonista.

A ventitré anni, Scamacca ha cambiato già otto squadre e tre procuratori, ma ora sembra aver accumulato tutta l’esperienza necessaria per non perdere più tempo: le sue spalle larghe gli sono servite per sopportare il peso di una vita difficile e a breve potrebbero essere pronte a reggere quello della Nazionale. Forse già da domani sera.