I dati riusciranno a rendere il calcio sempre più democratico?

Intervista ad Antonio Gagliardi, Head of Match Analysis della Nazionale Italia e Aldo Comi, co-founder di Soccerment, azienda che vuole far crescere la Data Science nel mondo del calcio.

Dieci o quindici anni possono essere un tempo breve o lungo, a seconda dei punti di vista e degli ambiti di riferimento. In alcuni settori, però, sono un’eternità. Per esempio nel calcio: nella primavera 2007 avremmo mai pensato che il Manchester City o il Paris Saint-Germain sarebbero diventate le squadre più ricche e più cool del mondo? Che l’Italia campione del Mondo avrebbe vinto un Europeo mancando la qualificazione al Mondiale precedente e a quello successivo? Che nelle analisi giornalistiche delle partite, avremmo potuto contare su una quantità di dati e di metriche statistiche super-avanzate, dettagliatissime, in grado di restituirci non solo dei numeri riferiti a degli eventi effettivamente misurabili – tiri in porta, passaggi riusciti, dribbling, palloni recuperati – ma anche a scenari probabilistici, per esempio gol attesi, assist attesi, indici di pressing e di pericolosità, e chissà quanti altri ancora?

In realtà le cose sono andate ancora più veloci di quanto immaginiamo e di quanto vediamo. Perché nel frattempo le società si sono dotate di professionisti in grado di analizzare le partite dal punto di vista tattico e poi anche dal punto di vista statistico, mentre noi all’esterno stavamo solo iniziando a conoscere, a familiarizzare, con certe logiche e con certi termini. Anzi, ora viviamo una fase in cui ci sono delle aziende che si inseriscono in questi segmenti di mercato, anzi che cercano di espandere questo mondo oltre le grandi società, quelle inevitabilmente più pronte a investire in questo campo. Una di queste aziende è l’italiana Soccerment, che fornisce soluzioni all’avanguardia per raccogliere e analizzare le prestazioni calcistiche, supportando così un approccio data-driven nelle decisioni prese dai club e favorendo un talent scouting più mirato e democratico.

Ma come funziona e cosa offre Soccerment? Come si inserisce in questo mondo così variegato? Per spiegarlo, partiamo dai termini più tecnici e dagli strumenti, dai tools che offre: per esempio la piattaforma “Football Analytics”, che permette ai club, ai media, a professionisti e appassionati di analizzare e confrontare intuitivamente calciatori e squadre dei principali campionati europei, con visualizzazioni smart e algoritmi di performance sviluppati con metodologie “machine learning”. E poi c’è la formazione, fondamentale in questo campo: Soccerment ha creato il primo corso di Football Data Intelligence sviluppato in collaborazione con SICS, con la presenza di docenti di spicco come Antonio Gagliardi, Head of Match Analysis della Nazionale Italiana, che ha anche collaborato al primo libro di Soccerment sul metodo di Football Analytics. Per spiegare ancora meglio questo lavoro, abbiamo intervistato proprio Antonio Gagliardi e poi Aldo Comi, Co-founder di Soccerment. Gli abbiamo chiesto a che punto siamo in Italia e in Europa con la Match Analysis e con la Data Analysis, due mondi che sembrano sovrapposti ma in realtà sono paralleli, e poi cosa dobbiamo aspettarci per il futuro prossimo e quello più lontano, sia nel mondo del calcio in generale che da Soccerment, in particolare.

Ⓤ: Si può dire che anche in Italia siamo entrati in una seconda fase dopo l’esplosione della cultura legata alla Match Analysis e alla Data Analysis? 

Antonio Gagliardi (AG): Si e no. Per un motivo molto semplice, e che va chiarito a priori: c’è una differenza tra la Match Analysis, che riguarda l’intero ambito dell’analisi oggettiva delle partite, e la Data Analysis, che invece si occupa di raccogliere e re-interpretare le statistiche, i numeri delle gare. Se parliamo di Match Analysis, si può dire che siamo in una seconda fase, anche perché in Italia e nel Sud Europa in generale (Spagna e Portogallo) i professionisti che occupano di Match Analys sono allenatori con grande interesse nello studio tattico delle partite attraverso report video. E devo dire che c’è grande competenza, e che ogni società ne ha diversi, in organico. Per quanto riguarda la Data Analysis, siamo un po’ più indietro, è un settore che definirei inesplorato. A differenza di quello che succede nei Paesi anglosassoni e del Nord Europa, in cui il ruolo degli analisti è declinato da questo punto di vista, quello statistico e matematico. Forse da loro ci sono meno conoscenza e cultura tattica da parte di chi si occupa di questa materia, ma maggior competenza puramente numerica.

Ⓤ: Dal punto di vista istituzionale, come si pone il calcio italiano con queste figure? 

AG: Con la FIGC siamo stati i primi in Europa a strutturare la figura dell’analista con dei corsi. Ma c’è ancora poco utilizzo di dati statistici all’interno dei club italiani, anche perché come detto il nostro match analyst si occupa anche della raccolta di dati. Gli esperti di dati stanno cominciando a penetrare in questo segmento, nelle società più grosse, ed è arrivato il momento di avanzare. Per questo, con Soccerment e SICS abbiamo creato un corso e poi anche un libro fondato proprio sui dati, per cercare di perseguire una maggiore specializzazione in questo ambito. La nostra idea è creare una sinergia tra le due figure tenendole comunque separate, crediamo che i club siano pronti ad avere un data analyst specifico, che si occupa solo dei dati, inserito all’interno di una macro-area di Match Analysis che, in divenire, dovrà fare da filtro con lo staff tecnico per la preparazione delle partite da entrambi i punti di vista.

Ⓤ: In che modo e con quali strumenti pensate di accelerare, di creare e formare queste professionalità? 

Aldo Comi (AC): Secondo la nostra visione, per riassumere il tutto in un solo concetto, il match analyst continuerà a fare il suo lavoro di analisi tattica, e sarà supportato dai data analyst, che chiuderanno il cerchio con i numeri. Siamo convinti che la specializzazione sarà sempre più richiesta, ed è anche per questo che abbiamo creato il corso “Football Intelligence”, pensato proprio per la formazione e la certificazione deData Analyst, una figura che può essere di vero supporto agli staff per la comprensione e la gestione del dato di performance. Antonio prima ha detto che dobbiamo accelerare, che siamo indietro. Ed è vero, perché in Italia abbiamo pochi professionisti del settore: meno di uno per club in Serie A. Giusto per fare una proporzione, abbiamo rilevato che invece in Premier League la media è di quattro Data Analyst per società. In Italia stiamo andando e andremo in quella direzione, mentre in Inghilterra raggiungeranno i livelli delle franchigie NBA, che hanno in media dieci professionisti che si occupano solo della raccolta dati.

Ⓤ: E dal punto di vista dei club e dei calciatori? Qual è l’obiettivo di Soccerment?

AC: Noi vogliamo rendere gli sport più meritocratici e inclusivi grazie ai dati. Vogliamo in qualche modo replicare quello che viene fatto da club più ricchi, che hanno già investito sulla Data Analysis, e che quindi hanno più dimestichezza in questo ambito: mi riferisco al Liverpool, al Brentford, all’AZ Alkmaar, al Midtjylland. Il punto è che tutte queste società, che sono partiti prima di altre in questo campo, stanno ottenendo vantaggi competitivi rilevanti rispetto agli altri, ovviamente in proporzione con le proprie capacità di spesa. Per portare dentro più squadre, dobbiamo andare a prendere un mercato o un gruppo di persone che è molto più allargato rispetto a quello che, finora, è stato “datificato” in ambito sportivo. Le cifre relative alle partite che coinvolgono i club più importanti, per intenderci quelli di Serie A e di Serie B, sono disponibili e facilmente estrapolabili. Anzi, in questo senso il trend è in crescita. Perciò ora è necessario andare oltre il calcio d’élite, bisogna andare a creare e rintracciare dati laddove non ci sono: calcio minore e giovanile. In questo senso, stiamo provando a sviluppare delle soluzioni scalabili che ci permettano raccogliere questi dati di performance senza perdere in qualità, ma anche degli strumenti che permettano di capire, interpretare i numeri e poi prendere decisioni in base a questi. È importante che questi strumenti siano user-friendly, intuitivi, semplici da usare, in modo che i club non sprechino la risorsa più importante che c’è nel calcio: il tempo.

Ⓤ: Spesso queste statistiche vengono in qualche modo contestate, per non dire snobbate, da alcuni addetti ai lavori – giornalisti, a volte anche allenatori. Il pretesto è che non riescano a restituire la reale complessità di ciò che succede in campo. È proprio così?

AC: Con Soccerment, ci dedichiamo alla costruzione di metriche avanzate, per esempio gli expected goals e assist, ovvero dei parametri che consentono di andare più in profondità nell’analisi quantitativa dei calciatori, che permettono di trasformare una realtà binaria in realtà probabilistica. È così che ti fai un’idea più realistica di ciò che succede in campo. D’altronde il calcio è un gioco difficilmente misurabile e analizzabile rispetto, per esempio agli sport americani, laddove sono nate le analisi statistiche: è più fluido e meno meccanico, e poi è a basso punteggio, quindi è influenzato da eventi incidentali, randomici. Se ci facciamo influenzare solo dal risultato, non abbiamo una visione reale di ciò che succede, di andare a intercettare quella che è l’underline performance, ciò che succede tra le linee. Che poi è la cosa che ci interessa di più per capire cosa sanno fare bene i calciatori.

João Cancelo: terzino, ma anche regista. Tra poco si parlerà anche di lui (Stu Forster/Getty Images)

Ⓤ: Ecco, questo dell’utilizzo dei dati nello scouting è un punto importante. Che voi di Soccerment avete cercato di restituire in modo anche creativo, con un libro che nasce da un’idea di Antonio Gagliardi

AG: Sì, tutto è partito da una mia definizione: quella per cui, nel calcio moderno, il ruolo non è più una posizione ma una funzione. In passato avevamo il numero dieci che doveva fare il numero dieci. Oggi vediamo uno sport in cui tanti giocatori diversi vanno a fare il numero dieci. Il concetto era ed è che la posizione fissa di un calciatore non potesse più determinare la visione di quel giocatore, delle sue caratteristiche. Che le cose e le parole cambiano in base alle skills dell’atleta e a ciò che fa in campo. Noi abbiamo cercato di restituire tutto questo attraverso i numeri, con la ambizione-presunzione di ispirare gli scout, mostrandogli quanto possa essere importante utilizzare i numeri nel processo di mappatura e selezione del talento. Per farlo, abbiamo preso i giocatori dei cinque migliori campionati d’Europa, circa un migliaio, li abbiamo inseriti in un database cancellando il loro ruolo e la loro posizione in campo, e poi li abbiamo profilato con delle statistiche basilari e con delle metriche avanzate di Soccerment. Tutte queste cifre sono state date in pasto all’algoritmo senza influenze umane e quindi esterne, in modo che potesse lavorare e restituire un output privo di soggettività.

Ⓤ: E cosa è venuto fuori?

AG: Esattamente 13 cluster, ovvero degli insiemi di giocatori che l’algoritmo ha reputato dovessero essere in prossimità in base a quello che fanno in campo realmente, senza alcun tipo di pregiudizio legato al ruolo e alla posizione. Per dire: non abbiamo specificato che Lewandowski è un attaccante e che Bonucci è un difensore. Questi cluster sono stati rinominati da noi con termini che ricordassero le funzioni e le caratteristiche in campo: target man, build-up director, one to one explorer e così via. Per rendere il lavoro più riconoscibile, abbiamo fatto rappresentare questi cluster a due leggende del passato, una italiana e una straniera, ad esempio Pirlo e Guardiola per i playmaker, Giggs e Conti per gli one to one explorer e così via. Alcuni risultati sono stati davvero interessanti, anche simpatici: Insigne è stato inserito nei cluster dei trequartisti, Cancelo in quello playmaker. Ci sono giocatori che appartengono a più cluster: Alaba, per esempio, appartiene a sei cluster diversi, perché in campo è capace di fare tantissime cose diverse.

AC: Con il libro, abbiamo cercato di descrivere la realtà partendo dal dato, e quindi da un nuovo modo di categorizzare i calciatori. In questo modo, rispondiamo anche a un bisogno-chiave del calcio moderno: supponiamo che una squadra voglia andare in campo seguendo una certa filosofia di gioco, e che, per qualche ragione, uno dei loro calciatori decida di andare via. Noi direttori sportivi vogliamo rimpiazzare quell’elemento con un atleta che sappia interpretare quella funzione all’interno di quella filosofia, o che comunque abbia caratteristiche simili a quello che è andato via. Ecco, attraverso il processo descritto nel libro riproduciamo proprio questa dinamica.