L’Andorra di Piqué è stata promossa in Segunda División, e vuole fare come il Monaco

Il club del Principato non era mai arrivato nella serie cadetta del campionato spagnolo, ma continua a coltivare obiettivi ambiziosi.

Quando Gerard Piqué, uno dei primi grandi calciatori-imprenditori di questa epoca, acquistò le quote dell’Andorra FC tramite la sua holding Kosmos, disse che voleva farne «un nuovo Monaco, però in Spagna». In effetti c’erano e ci sono tutte le premesse geografiche, logistiche e politiche per un progetto del genere: esattamente come il club monegasco – o il San Marino in Italia – l’Andorra FC rappresenta (anche nel nome) un Paese straniero, un microstato che in realtà è un’enclave divisa tra Spagna e Francia. In realtà le analogie finivano qui, nel senso che l’Andorra è sempre stata una squadra di secondo o anche di terzo piano nella piramide spagnola: primo club calcistico fondato nel Principato incastonato tra i Pirenei, si è affiliato alla Federcalcio della Catalogna ed era riuscito a raggiungere la Segunda División B, terza categoria nazionale, all’inizio degli anni Ottanta. Un bel traguardo protratto nel tempo, visto che sarebbe rimasto in questo campionato fino al 1998, in mezzo una sola retrocessione (nel 1986, con immediata risalita l’anno successivo), prima di cadere nuovamente nell’anonimato. Un oblio da cui si è risollevato di nuovo nel momento dell’avvento di Piqué, nel dicembre 2018.

Insomma, per dirla brutalmente: era difficile pensare che una squadra così piccola potesse davvero aspirare a diventare come il Monaco. Anche i numeri non mentivano: al momento dell’arrivo della nuova proprietà, solo un centinaio di persone – su 250 soci complessivi – seguivano le partite sugli spalti. La nascita del nuovo progetto portò subito la media a 400 spettatori, ma era inevitabile che sopravvivessero molte riserve. Come riportava al tempo El País in questo articolo, «c’è il sospetto che Piqué abbia deciso di investire ad Andorra perché questo Paese è un paradiso fiscale». Oltre ai vertici di Kosmos, anche le autorità locali smentirono questa versione: «Non siamo nella lista nera di Spagna, Francia o Unione Europea. Quindi non penso che qualcuno come Piqué sia ​​interessato a fare brutta figura pur di riciclare il suo denaro», disse Olga Gelabert, ministro dello Sport.

E invece le cose sono andate – stanno andando – piuttosto bene, e anche piuttosto velocemente: l’Andorra ha appena conquistato la promozione in Segunda División, campionato cadetto della piramide spagnola, per la prima volta nella sua storia. Questo incredibile successo è arrivato grazie al primo posto ottenuto nel Gruppo 2 della Primera RFEF, il nuovo campionato di terza divisione spagnolo diviso in due gironi da 20 club. L’ultimo successo contro il già retrocesso Murcia ha reso inutile l’ultimo turno: la squadra di proprietà di Piqué ha quattro punti di vantaggio sul Villarreal B, e quindi ha dato il via alla festa e può già pianificare l’esordio nel secondo livello del calcio iberico. Un’impresa davvero incredibile, se consideriamo che si tratta del terzo salto di categoria in quattro stagioni: all’arrivo di Kosmos, l’Andorra era in quinta divisione, e la nuova proprietà si era fatta carico di un debito complessivo di 300mila euro.

In realtà una delle promozioni dell’Andorra non è stata ottenuta sul campo: nella primavera e poi nell’estate 2019, dopo aver conquistato il diritto di partecipare alla Tercera División, quarto livello della piramide spagnola, Piqué e i suoi soci hanno deciso di spendere 452mila euro per rilevare il titolo sportivo del Reus, retrocesso d’ufficio dalla terza divisione per inadempienze finanziarie. Il doppio salto è stato assorbito piuttosto bene, anche se subito prima della pandemia sono arrivati un periodo di magra – sette gare senza vittoria – e l’esonero dell’allenatore Gabri García, ex calciatore del Barcellona e anche della Nazionale spagnola. La prima stagione in terza divisione è terminata con l’Andorra al nono posto, ma intanto il progetto ha continuato a espandersi, dal punto di vista economico e quindi anche dell’appeal nei confronti della comunità: come spiegato dal presidente Ferran Vilaseca a El País, «il nostro budget è cresciuto in maniera esponenziale a ogni promozione, fino a raggiungere i 3,5 milioni di euro nella stagione in corso: una cifra importante per la terza divisione». Anche il pubblico ha iniziato ad appassionarsi davvero alla squadra: la media registrata nel corso dell’anno è stata di circa 3600 spettatori per match, praticamente la totalità di quelli che è possibile accogliere all’Estadi Nacional, che normalmente ospita anche le partite della Nazionale andorrana. In questo senso, Ferran Vilaseca dice parole piuttosto evocative: «Abbiamo sempre creduto che se la squadra fosse andata bene, i tifosi avrebbero risposto perché questo è un progetto di respiro nazionale».

Non solo il Monaco, però: le altre fonti di ispirazione dell’Andorra sono il Villarreal, un club capace di vincere un’Europa League e di disputare due semifinali di Champions League pur rappresentando una comunità di circa 50mila persone, mentre gli abitanti di Andorra sono circa 85mila, e ovviamente il Barcellona. In questo c’entra – e pesa molto – il know how di Gerard Piqué, come spiega Jaume Nogués, direttore sportivo nato nello stesso Paese del difensore azulgrana, Sant Guim: «Di certo siamo stati aiutati dal fatto che, attraverso il lavoro di Gerard, abbiamo assorbito l’identità del Barça: cerchiamo di praticare un calcio associativo, di tenere molto il pallone, gli allenamenti sono molto simili a quelli che si svolgono nella Masía, e questo spinge anche ex giocatori del Barça ad accettare la nostra offerta». L’allenatore Eder Sarabia ha a disposizione sei calciatori che sono passati per il vivaio azulgrana, a cui va aggiunto Roger Riera, trasferitosi direttamente dal Barcellona B dopo lo svincolo dello scorso giugno.

Per il prossimo passo, che ovviamente sarà piuttosto complicato, l’Andorra sembra destinato a non cambiare strategia, né filosofia. Lo stesso Piqué continuerà a seguire la squadra da vicino ogni volta che può, e a partecipare attivamente a un processo di reclutamento giocatori «in cui ha sempre voce in capitolo», come ammette Nogués. «È un proprietario e dirigente molto analitico, consulta i Big Data ma nello stesso tempo è molto attento al lato umano, è molto presente con lo staff tecnico e con i calciatori, a volte riesce ad arrivare persino negli spogliatoi per incoraggiare tutti». Forse le cose che potrebbero cambiare riguardano la logistica e l’impiantistica, visto che ormai l’Estadi Nacional dovrà ospitare squadre come il Real Saragozza, Sporting Gijón, Málaga, Levante, club con una grande tradizione. Nei progetti di Piqué e dei suoi soci ci sarebbe la costruzione di un nuovo stadio multifunzionale a Encamp, la località in cui ha sede il club, solo che servono tantissimi soldi per realizzarlo: circa 35 milioni di euro. Una cifra che al momento sembra fuori portata, considerando che l’intera rosa dell’Andorra, almeno secondo gli algoritmi di Transfermarkt, ha un valore complessivo inferiore ai sei milioni di euro. Eppure qualche anno fa nessuno osava neppure sperare che la squadra di Piqué potesse arrivare così in alto in pochi anni, quindi magari anche per lo stadio sarà solo questione di tempo.

La foto in apertura è tratta dal profilo Twitter ufficiale dell’Andorra FC