Lo sweeper keeper non funziona in Serie A

Rispetto a quelli di altri campionati, i portieri delle squadre italiane escono meno volte e si allontanano poco dalla linea di porta.
di Redazione Undici

Da anni, ormai, si parla della trasformazione del portiere in sweeper-keeper, letteralmente il portiere-libero: gli estremi difensori contemporanei interpretano il ruolo come se fossero i primi registi arretrati, spaziano in tutta l’area di rigore, si fanno passare il pallone per partecipare alla costruzione da dietro, insomma sono diventati dei veri e propri giocatori di movimento per ogni allenatore. E lo stesso discorso, anche se spesso viene trascurato, riguarda anche la fase difensiva: il ruolo di sweeper-keeper comporta anche un atteggiamento proattivo – per non dire aggressivo e offensivo – quando la palla ce l’hanno gli avversari, per cui il portiere davvero moderno deve avere l’intuitività necessaria per capire quando è il momento di uscire per anticipare gli attaccanti, per intercettare un lancio lungo, per coprire l’avanzata e/o l’errore di uno dei suoi compagni di reparto – proprio come faceva il vero libero di una volta.

In riferimento a questa nuova figura calcistica, il dibattito italiano è sempre stato piuttosto polarizzato: da una parte ci sono gli oltranzisti della tradizione, per cui il portiere deve saper parare e tutto il resto è un orpello; dall’altra ci sono i modernisti, che in qualche modo riconoscono la tendenza evolutiva del gioco e quindi evidenziano come questo cambiamento sia praticamente inevitabile. Probabilmente questa discussione infinita sta rallentando un processo che è già in atto, e che in altri contesti si è già compiuto: come mostra un grafico costruito da Fbref, in Serie A lo sweeper-keeper non funziona. O meglio: non viene usato a livello difensivo. I dati, infatti, rilevano come i portieri del nostro campionato siano tendenzialmente più prudenti quando devono uscire per sventare le azioni degli avversari, e la stessa cosa succede in Spagna. In Premier League, Ligue 1 e soprattutto Bundesliga la situazione è molto diversa.

In questa rappresentazione, il dato riportato sull’asse delle ascisse è quello relativo al numero di azioni difensive effettuate fuori area; sulle ordinate, invece, viene restituita la distanza dalla linea di porta a cui questi interventi sono avvenuti. I portieri italiani, rappresentati con il pallino arancione, sono tutti nella parte in basso a sinistra del grafico, quella destinata ai portieri che escono poco e che, quando lo fanno, non si allontanano troppo dalla linea di porta. In questo senso, Skorupski (Bologna), Silvestri (Udinese) e Handanovic (Inter) sono decisamente i più prudenti. Anche Strakosha della Lazio esce poco, ma lo fa a una certa distanza dalla sua porta – come del resto prevede il calcio di Sarri. Maignan, in ossequio all’atteggiamento aggressivo del Milan, è tra i portieri di Serie A che esce più spesso dalla propria area e che lo fa a una distanza più ampia dalla propria linea di porta. Nulla, però, a confronto di portieri come Neuer, come Alisson e poi come Riemann del Bochum e come Pope, appena passato al Newcastle. Il portiere del Bayern, secondo i dati, compie 1,5 interventi difensivi per match a una distanza media di circa 18 metri dalla sua linea di porta. Un dato impressionante, che segna una differenza netta con i portieri di Serie A, e che in qualche modo anticipa ciò che sarà nel calcio del futuro.

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