Nelle ultime due estati di calciomercato, entrambe segnate dalla pandemia, sono stati conclusi moltissimi affari a parametro zero. Oltre al numero delle operazioni, anche la loro importanza è nettamente cresciuta: a inizio 2020, per dire, chi poteva aspettarsi che Messi, Donnarumma e Pogba – tre stelle con età e caratteristiche diverse – avrebbero lasciato il Barcellona, il Milan e il Manchester United generando un incasso di zero euro per la cessione dei loro cartellini? Nessuno, esatto. C’erano e ci sono diversi appunti da fare per poter spiegare questa tendenza: la crisi economica legata al Covid ha tolto liquidità ai club, costringendoli a rivedere e rivalutare i propri progetti economici, imprenditoriali, sportivi, a cominciare proprio dall’approccio al calciomercato; oltre a questo aspetto, il peso dei procuratori e degli stessi calciatori è decisamente aumentato rispetto al passato, e questo ha portato a un cambio di paradigma nella gestione dei contratti delle società, per cui oggi avviene sempre più spesso che i club non riescano a estendere i contratti dei calciatori.
Questa situazione, che pareva destinata a cristallizzarsi per un po’, sta già cambiando. E sta cambiando in peggio, nel senso che anche il mercato degli svincolati sta andando molto a rilento, sembra essersi avviluppato nella crisi. Lo ha scritto il Telegraph in questo articolo inevitabilmente anglo-centrico, ma dentro ci sono nomi che riguardano anche la nostra Serie A, e allora i concetti si possono espandere, diventano trasversali, anzi universali. Il momento di difficoltà si evince innanzitutto guardando al tempo con cui vengono imbastite e concluse le operazioni dei giocatori cosiddetti free agent, ovvero liberi da ogni vincolo contrattuale con qualsiasi club: un tempo gli accordi più importanti venivano annunciati nella prima data disponibile, vale a dire il primo luglio, il giorno in cui terminano i contratti in scadenza e si apre ufficialmente la finestra per i trasferimenti. Ora, a metà luglio 2022, ci sono molti grandi calciatori ancora senza squadra – Dybala, Lingard, Isco, Belotti, Cavani, Mertens – e anche coloro che hanno effettivamente trovato un accordo con un nuovo club l’hanno fatto con diversi giorni di ritardo. Il Telegraph cita il caso di Paul Pogba evidenziando come «ci sia voluto molto tempo per chiudere l’affare, sintomo del fatto che la prima proposta arrivata dal club di Torino non era all’altezza delle sue aspettative». Ora noi non sappiamo se e quanto questa ricostruzione sia vera, ma il dato di fatto è che uno dei centrocampisti più forti e riconoscibili del mondo abbia scelto – o comunque trovato – la sua nuova squadra dopo un certo numero di giorni passati da svincolato. In altre situazioni – il Telegraph fa i nomi di Rüdiger e Perisic – i nuovi contratti sono stati firmati a cavallo di quelli vecchi con le loro ex squadre, e anche questo potrebbe un segnale chiaro, in questo senso: in passato certi trasferimenti sarebbero stati chiusi molto prima.
Il problema vero, secondo il Telegraph, è che da qui in poi ci saranno sempre meno spazi per i free agent, anche se si tratta di calciatori importanti. Per un semplice motivo: «I dirigenti e soprattutto gli allenatori», scrive il quotidiano inglese, «hanno già iniziato a lavorare per la nuova stagione, le squadre impegnate nelle coppe europee sono in ritiro da diversi giorni e quindi stanno già testando i nuovi equilibri interni, sia dal punto di vista tattico che politico-economico. Pensare di inserire una star che guadagna molto quando la preparazione precampionato è già iniziata potrebbe creare nuovi problemi, piuttosto che risolverne. Più passano i giorni e più le opzioni diventeranno sempre meno, perché nel calcio il tempo corre ancora più veloce che in altri comparti di business».
Ma a cosa si deve questo rallentamento? C’entra moltissimo la crisi economica, il fatto che le società non abbiano più le risorse e la liquidità necessaria per chiudere qualsiasi operazione di mercato, non solo quelle onerose ma anche quelle a parametro zero – che poi in realtà non sono mai a parametro zero, viste e considerate le commissioni da versare ai procuratori. Anche i budget ingaggi sono stati ridotti per sopravvenuta mancanza di introiti, e allora le offerte per rinnovare contratti stipulati prima del Covid sono inevitabilmente al ribasso. Questo scenario era stato anticipato da Alessandro Giudice, giornalista del Corriere dello Sport, nel suo libro La Finanza del Goal, edito da McGraw-Hill e pubblicato nel 2020: «Dopo la fase acuta della pandemia, molti calciatori con il contratto in scadenza riceveranno proposte di rinnovo con cifre inferiori alle attese, perché i club non potranno affrontare gli stessi costi del passato. I giocatori con più forza contrattuale rifiuteranno le proposte al ribasso, offrendosi a parametro zero ad altri club. Le squadre di appartenenza li lasceranno partire o proveranno a cederli prima della scadenza, a prezzi molto più bassi di quelli stimati nel passato».
È così che molti giocatori si sono ritrovati senza contratto, e oggi sono senza squadra quando manca un mese dall’inizio dei campionati – avvio anticipato per via dei Mondiali in programma tra novembre e dicembre, un altro aspetto da tenere in considerazione. È così che un segmento di mercato si è improvvisamente impoverito, a dispetto di quello che sembrava inevitabile negli anni scorsi. A rimetterci sono ovviamente i giocatori, ma anche e soprattutto i procuratori: in un rapporto Fifa relativo all’anno 2021, è stato rilevato come l’intera categoria avesse guadagnato poco meno di 500 milioni di euro per commissioni relative ai trasferimenti. Se incrociamo questo dato con la crescita delle operazioni a parametro zero, è inevitabile pensare che una certa quantità di questi incassi fosse legata a un aumento delle commissioni, una spesa sostenibile per i club che non erano più costretti a versare cifre elevate per l’acquisizione del cartellino. Ora che anche questa tipologia di affari è in fase calante, saranno gli stessi agenti a dover fare una scelta: abbassare le pretese relative alle loro commissioni oppure quelle relative agli stipendi dei loro assistiti. In attesa che i ricavi tornino a crescere, non ci sono molte altre strade da percorrere, in questo momento di crisi.