Il calciomercato è il nostro eterno tormentone estivo

Le firme di notte, le auto con i vetri oscurati, le cliniche mediche e i Grand Hotel: frammenti di una sceneggiatura immutata da oltre trent'anni.

Rosella Sensi è ricomparsa un pomeriggio di luglio del 2022. Il trucco marcato, identico a come lo portava l’ultima volta, i capelli invece più scuri, una maglia di seta fucsia dalle spalline sottili. Da undici anni mancava dai tg sportivi, probabilmente dall’estate del 2011 in cui cedeva la Roma ai suoi primi proprietari americani. È tornata come ritorna un vecchio parente per le feste comandate, tra gli invitati alla serata di gala organizzata per l’apertura della sessione estiva del calciomercato, che da qualche anno ha sede al Grand Hotel di Rimini. Tra il vago profumo delle creme solari e il fascino felliniano, tra le cartoline osé vendute alle tabaccherie e le meravigliose tracce della fondazione romana della città.

Il vecchio e il nuovo così come Rosella Sensi e Frederic Massara, anche lui tra gli ospiti. Il contesto del calciomercato è capace di creare armonia tra antitesi, di rendere perfettamente credibile la presenza di un ex presidente delle Roma con un dirigente al centro dei titoli del giornali, fresco campione d’Italia che tuttavia ancora non aveva rinnovato il suo contratto con il Milan, che sarebbe scaduto alla mezzanotte di quella stessa sera. L’attualità pulsante che incrocia l’arcaico, senza che a nessuno risulti grottesco. Non ci sono segni più efficaci di questo per spiegare come il calciomercato costruisca da se l’eterno presente in cui nasce e muore ogni estate, ogni sei mesi, dando l’impressione che in realtà non si sia mai interrotto, senza mostrare stacchi dalla sessione precedente, creando un flusso omogeneo e vivido fatto sempre delle stesse scene, degli stessi luoghi, degli stessi tempi, delle stesse soap opera.

Oggi Rosella Sensi è ancora uno dei volti del presente dilatato del calciomercato, della nostalgia con cui quel circo ama raccontarsi e dipingersi – due anni fa, nel parco dello stesso Grand Hotel, Marotta Galliani e Sabatini hanno passato la serata sul palco a ricordare aneddoti, a scambiarsi complimenti, a parlare di finanza sportiva così come delle più rocambolesche trattative, esibendo per il pubblico tanto la competenza quanto un animo corsaro, di chi vive rischiando. Il calciomercato vede allo specchio l’immagine che più ama di sé, di una comunità che prova un piacere profondamente narcisistico nel saltellare di continuo avanti e indietro tra l’allontanarsi in un circolo riservato a pochissimi e il mostrarsi al pubblico in tutta la sua natura elitaria. Ogni dichiarazione viaggia sul filo del sublime paradosso della segretezza messa in piazza, in cui procuratori e direttori sportivi sembrano pensare “guardateci mentre non possiamo dirvi nulla, guardate quanto siamo enigmatici, dei navigati pokeristi che muovono calciatori e milioni nascondendo scelte e bluff, facendovi sbavare per avere un nome e una notizia”. Un festival esposto ventiquattro ore eppure inaccessibile in cui tutti si conoscono, tutti si telefonano, tutti vanno a cena tra loro.

Il calciomercato in Italia sono i sogni di chi lo guarda e la teatralità di chi lo crea e lo racconta. Una rappresentazione che va in scena ogni anno uguale a se stessa, con i suoi John Cazale, meravigliosi attori non protagonisti che partecipano solo a produzioni da Oscar restando per il resto dei mezzi sconosciuti, che magari non prenderanno la scena ma sono vitali nell’economia drammaturgica, nella costruzione di atmosfere e nello sviluppo di sottotrame che il pubblico riconoscerà immediatamente. Ci sono loro dentro agli hotel milanesi a cinque stelle davanti al quale cameraman annoiati fanno la posta per ore, appoggiati ai treppiedi, cuocendosi sotto il sole di luglio e d’agosto per portarsi via qualche secondo di camminata su un marciapiede di un procuratore che finirà nel montaggio di un servizio sportivo senza che nessuno sappia riconoscerlo. I marciapiedi, appunto.

Nella messa in scena del calciomercato i marciapiedi sono un fondale ridondante. Marciapiedi davanti agli hotel, marciapiedi davanti alle sedi dei club, marciapiedi davanti a ristoranti in cui si stanno svolgendo cene, marciapiedi davanti a cliniche anonime in cui qualcuno è atteso per le visite mediche che poi sono poco più che le visite per l’idoneità sportiva che ha fatto almeno una volta anche chiunque abbia giocato a livello dilettantistico, ma nel calciomercato che oltre a personaggi e luoghi genera anche neologismi e tic linguistici, chiamarle visite mediche ha tutto un altro allure.

Il tempo fermo di un marciapiede in piena estate, con le bici legate ai pali dei segnali stradali ma a cui hanno portato via le ruote, col tanfo di cassonetti dell’immondizia sollevato dal sole che gli batte sopra tutto il giorno, le auto parcheggiate senza cura. E all’improvviso gli occhiali da sole e l’outfit firmato degli addetti ai lavori che passano di lì, a spostare milioni di qua e di là eppure a camminare in quegli angoli sgualciti delle città. Marciapiedi su cui stazionano giornalisti spesso senza nemmeno che ci sia qualcuno da pedinare, semplicemente per mostrarsi in giro per la città, pronti a non lasciarsi sfuggire chissà quale incontro, passaggio, suv con i vetri molto oscurati dietro cui sarà impossibile riconoscere distintamente i volti attraverso le immagini ma ci saranno loro lì a garantire agli spettatori che a bordo c’era proprio Tizio assieme a Caio. E nel frattempo alle loro spalle, in quella continua attesa di giorni e giorni, il più delle volte non ci sarà nient’altro che scooter che passano e auto che parcheggiano.

Nel generone del “Calciomercato italiano” c’è una costante, calcolata, prepotente dicotomia tra l’alto e il basso. Uomini di mezza età con abiti sartoriali che scendono da auto da duecentomila euro e un attimo dopo sfuggono ai cronisti incuneandosi tra utilitarie parcheggiate con attriti sui marciapiedi di Milano. Tra il costoso e il trash, tra l’opulenza e il tamarro. Oltre a questo rimbalzo di opposti, la sceneggiatura spontanea che regge tutta la narrazione aggiunge un preciso tempo in cui far vivere le scene e il loro che ne si fa, ossia la notte. «Massara ha appena ricevuto la notizia del rinnovo proprio qui a Rimini», raccontava Di Marzio collegato in diretta dal Grand Hotel, la stessa serata di gala in cui tra i tavoli c’era anche Rosella Sensi con i suoi capelli neri e la maglia fucsia. Poi proseguiva, spiegando al pubblico: «Firmerà il contratto proprio qui, nella hall alle mie spalle, questa notte stessa». Le firme di notte sono avvolte dal fascino del buio, del velo di riservatezza che tutti sembrano voler esibire. La notte serve a far capire che per certi livelli d’affari, per certe questioni così complesse, il normale giorno lavorativo utilizzato da chi fa lavori normali non basta. All’uso sapiente della dimensione temporale notte, gli sceneggiatori assenti della trama del calciomercato aggiungono lo stratagemma che scrivendo cinema viene chiamato time lock. Il tempo che scorre, le date che si avvicinano, gli ultimatum, l’ultimo giorno, i contratti inspiegabilmente lanciati oltre la porta degli uffici della Lega Calcio “proprio sul gong” come piace dire ai giornalisti lasciando senza risposta chi si chiede come ci si possa ridurre all’ultimo minuto di una finestra di due mesi per comprare o vendere un giocatore della propria squadra. Conto alla rovescia che non fa che alimentare l’isteria collettiva che accompagna voci, aggiornamenti, supposizioni.

Le foto durante le visite mediche sono ormai un altro classicone italiano: qui c’è Lucas Leiva alla Lazio (Paolo Bruno/Getty Images)

Sono settimane scandite in fin dei conti da immagini di momenti di vita quotidiana e normalissima. Si guardano e riguardano gli stessi frammenti della giornata, gli unici a cui il pubblico abbia accesso. Si fa caso all’auto da cui scende il tal giocatore, la si insegue con gli occhi per qualche metro, si fa caso al loro abbigliamento. Ci si sfama di un saluto, di un sorriso, in mancanza del campo sono le piccole comunicazioni non verbali a far capire quanto sia felice o meno di essere arrivato in quella squadra, una cosa a cui si fa caso perché ci si sente sempre sul filo tra benvoluti o ignorati, amati o rinnegati. Frammenti di scene di cui il tifoso non gode collettivamente come accade per un gol e un trofeo, ma che assapora intimamente, interpretando così un vouyeurismo che non ha analogie con nessun altro.

La capacità del calciomercato di generare personaggi ha pochi eguali. Tra procuratori, giornalisti, dirigenti, volti del presente e volti del passato che ritornano in aneddoti e battute, a suon di condor e di mister x. Personaggi che senza l’eco che in Italia riverbera attorno a quei due mesi di trattative e colpi non avrebbero mai guadagnato le stesse attenzioni. Nomi e cognomi che sembrano avere una fisionomia legata a doppio filo a quelle settimane, che prendono un senso solo lì, in quei flussi di notizie date ogni ora quando di notizie non ce ne sarebbe nemmeno mezza, con gli scroll nervosi dei tifosi sulle app, per leggere e rileggere sempre le stesse cose, senza che nessuno abbia fatto un passo. Ore di attesa, valutazioni in corso, primi contatti. Tutti guardano l’immobilità e gli attori che la producono godono di quell’attenzione fondata sul nulla, appesa ai loro Whatsapp che tutti provano a immaginare e nessuno può leggere. Rischia di essere quasi deludente quando le trattative si concludono in poche ore, senza lasciare a nessuno il tempo di produrre e di vivere quei tic attorno a cui prendono corpo pezzi d’estate.

La serata dell’inaugurazione al Grand Hotel, con Di Marzio Sensi Massara e molti altri, nel maestoso parco erano stati sistemati parecchi tavoli rotondi apparecchiati con tovaglie bianche, lunghe fino a sfiorare l’erbe del prato. Le giacche appese agli schienali delle sedie, piccoli gruppetti di invitati seduti al tavolo che conversavano con altri invitati in piedi a fianco a loro, come a un qualunque matrimonio quando si aspetta soltanto il taglio della torta e gli sposi si attardano a fare foto con la zia e il cugino. Sapevano che il prato e il ricevimento inaugurale sarebbero durati ancora poco e che presto sarebbero tornati a muoversi frettolosi ed enigmatici sui marciapiedi di sempre.