Subito dopo aver disegnato un calcio di punizione perfetto, così perfetto che la palla dà un bacino alla parte inferiore della traversa prima di toccare la rete, Dusan Vlahovic inizia a esultare e sembra indeciso su come farlo: corre verso la curva dei suoi tifosi indicando sé stesso, poi si tira la maglia nella zona del petto come se volesse strapparsela di dosso, poi si ferma prima di inciampare nei cartelloni pubblicitari e lancia un bacio verso il pubblico dell’Allianz Stadium; i compagni gli saltano addosso e lui continua a guardare verso i tifosi della Juventus, lo sguardo è torvo, sembra incazzato, poi però Dusan inizia a sorridere, a scuotere la testa verso il basso, ad alzare le labbra verso l’alto. Con le dita della mano destra indica di nuovo se stesso e poi le fa ruotare, come per dire guardate tutti cosa so fare. Quest’ultima cosa la rifà di nuovo, con la mano sinistra. Poi si gira e torna verso il centrocampo.
Il calcio sa essere ironico: alla fine di lunghi giorni in cui si è parlato tantissimo del fatto che Dusan Vlahovic tocca pochi palloni, e allora da questo si può dedurre che la Juventus non lo coinvolge abbastanza e gioca piuttosto male, il centravanti serbo ha segnato con il primo tocco al pallone della sua partita. Juve-Roma, in pratica, non è iniziata con il fischio d’inizio dell’arbitro Irrati, piuttosto con il tiro di interno sinistro e con l’esultanza di cui abbiamo appena scritto. Sono due cose inevitabilmente legate tra loro, così come sono legate a ciò che è successo prima della sfida dell’Allianz Stadium: la sensazione è che Vlahovic abbia festeggiato in quel modo perché ha dimostrato subito di essere più forte delle critiche rivolte alla sua squadra, quindi indirettamente anche a lui. Perché basta il talento, il suo talento, per segnare un gol così.
Pensandoci bene, questa sequenza deve essere stata molto apprezzata da Massimiliano Allegri: la giocata, la reazione e la festa di Vlahovic sono un manifesto del calcio secondo Allegri, uno sport umano in cui la gestione dei momenti attraverso il talento è importante come il lavoro settimanale. Se non di più. Per un attimo, il tiro bellissimo di Vlahovic – la palla comincia ad alzarsi qualche istante dopo l’impatto col suo piede sinistro, gira e sembra non abbassarsi e poi perde quota nel momento giusto, a pochi millimetri dalla traversa – è come se avesse unito due entità che sembravano lontanissime tra loro: un allenatore che ha deciso di rappresentare – anzi: di guidare – l’esercito dei pragmatici e un attaccante che, invece, ha bisogno di ricevere e giocare e trattare molti palloni per mostrare il meglio di sé. Per essere decisivo.
Da tutte le angolazioni
Non è la prima volta che Vlahovic realizza un gol così. E non diciamo solo su punizione, diciamo con un calcio di punizione che pare avere una traiettoria troppo alta, che sembra non voler scendere mai e invece spiove in porta al momento giusto. Era successo a ottobre scorso, in un Fiorentina-Cagliari che avevamo dimenticato. Magari due indizi non fanno ancora una prova, ma ci permettono di dire che Vlahovic ha quel che serve perché certi capolavori balistici possano ripetersi. Basta dargli l’occasione per farlo. Per provarci. Ed è qui, proprio in questo punto, che si determina il cortocircuito tra l’attaccante della Juventus e il calcio predicato dall’allenatore della Juventus.
Dopo questo gol, la squadra bianconera ha disputato un buonissimo primo tempo, fatto di corsa e pressing intelligente e di buonissime azioni in transizione. Nonostante tutto questo, però, Dusan Vlahovic ha tentato appena due tiri verso la porta di Rui Patrício. E ha toccato il pallone per 21 volte in tutto. Difficile potesse fare di più, con un numero così misero di opportunità. Nel secondo tempo, la Roma è venuta fuori e alla fine ha pareggiato. Vlahovic è uscito a cinque minuti dalla fine per fare spazio ad Arek Milik. E allora è inevitabile chiedersi: viste le sue doti incredibili, è vero che Allegri e la Juventus non hanno ancora trovato il modo di sfruttare Vlahovic oltre alcuni momenti di bellezza accecante? Forse non sarebbe meglio provare a costruirgli intorno un contesto migliore? Certo, è inevitabile che ci siano dei dubbi anche nel senso inverso. Se l’è chiesto Massimo Mauro su Repubblica: e se Vlahovic fosse inadatto alla Juventus di Allegri?
Nel calcio liquido di oggi, in realtà, è difficile – se non impossibile – dare un giudizio così definitivo sulle affinità tra squadre e giocatori. Per esempio: tutti pensavano e alcuni dicevano che Haaland avrebbe sofferto l’impatto con le teorie e tecniche di Pep Guardiola, e invece la stagione del norvegese è iniziata con sei gol in quattro partite di Premier League. Il punto, quindi, è che Dusan Vlahovic vorrebbe – e probabilmente dovrebbe – avere più possibilità di manifestare le sue doti fuori dal comune. Dopotutto quello segnato contro la Roma è il terzo gol in campionato di un attaccante che, in tre partite, ha tirato solo dieci volte vero la porta avversaria. Di un calciatore che è che è consapevole di avere un grande talento e l’ha raccontato in un’esultanza indecisa, un po’ orgogliosa e forse anche un po’ polemica. Era un modo per dire al mondo: questo sono io, so fare delle cose belle, anzi meravigliose, con un solo tocco al pallone. Provate a pensare a cosa potrei fare se avessi più occasioni.