La bellezza e la condanna di essere Leo Messi

Una recensione di Messi, il nuovo libro di Fabrizio Gabrielli edito da 66thand2nd.

Qualche settimana fa Leo Messi ha segnato un gol in rovesciata, molti di noi lo hanno osservato come una cosa straordinaria e, al contempo, normale. Si tratta di un gol bellissimo, ma lo aveva fatto Messi, uno che ha segnato centinaia di gol – di cui la maggior parte belli, di cui la maggior parte irripetibili da qualcuno che non sia lui stesso – scanditi e diluiti nel tempo, con regolarità impressionante. I gol belli di Messi sono la routine, le stagioni di Messi non esistono, esiste una sola stagione che dura da molti anni, che somiglia più all’estate, che contiene dentro qualche autunno, una o due primavere, una leggerissima spruzzata d’inverno, come un fiocco di neve che si deposita su un calzettone. Quella rovesciata di Messi ha molto a che fare con la psicologia della percezione; alcuni di noi hanno istintivamente pensato: ecco, un’altra rovesciata di Messi. Abbiamo sbagliato, perché quel gol è in assoluto il primo in rovesciata segnato dal calciatore argentino. Incredibile, no? Oppure perfettamente credibile perché quando pensiamo a Messi non dobbiamo mai concentrarci soltanto su ciò che è accaduto ma anche, e soprattutto, su ciò che sta per accadere nell’azione successiva, che accadrà, che accade. Leo Messi, prima di ogni cosa, per chi segue il calcio rappresenta una possibilità, qualcosa che ancora per qualche tempo potrà avvenire, a 35 anni è qualcosa di nuovo.

Ho scoperto che il gol in rovesciata fosse il primo di Messi da un articolo di Fabrizio Gabrielli, che è l’autore di Messi, da poco pubblicato da 66thand2nd, un libro davvero bello e riuscito. Nel tempo sono stati pubblicati molti libri sul fuoriclasse (perché questa parola mi pare di colpo riduttiva?) argentino, eppure Gabrielli – che oltre a essere un talentuoso scrittore di sport è anche un conoscitore profondo di certe dinamiche sudamericane, della storia e della letteratura di quelle terre – riesce a costruire un racconto che ha il passo letterario e la capacità di accelerazione del suo protagonista.

Messi è argentino ma se ne è andato dalla sua terra molto presto (questa cosa, seppure ben nascosta, in fondo non è stata perdonata, né capita), Messi non è uomo da frasi storiche, parla molto poco, anche quando sorride pare non sorridere davvero. Messi è simpatico o antipatico? Nessuno lo sa. Cosa pensa Messi? Chi è al di fuori dei gol, dei dribbling fantastici, delle accelerazioni che tolgono il fiato, delle finte, delle cose irreali fatte con il pallone? Nessuno lo sa. Gabrielli prova a raccontare anche il Messi che non conosciamo, prova a capirlo, tenta di capire (perdonate il facile gioco di parole) chi non l’ha capito. L’autore è andato fino a Rosario, fino a dove tutto è cominciato, e poi ha fatto lo stesso viaggio di Messi, fino a Barcellona, fino al compimento di quella favola identitaria che si è consumata tra Messi e la catalogna, tra Messi e Guardiola, tra Messi, Iniesta, Xavi e Busquets, un’alchimia che non abbiamo ancora compreso del tutto, un mistero, una magia diluita in un misto di tecnica, tattica, genio e fantasia.

Messi una quarantina di giorni dopo l’uscita di questo libro tenterà di scrivere l’ultimo capitolo, ovvero provare a vincere quello che sarà (con ogni probabilità) il suo ultimo Mondiale. Il tentativo lo farà un argentino che vive a Parigi, che gioca adesso per i miliardari arabi, che si sta reinventando (di nuovo), dopo un anno di ambientazione, sta semplicemente facendo ancora quello che ha sempre fatto, cose uniche col pallone tra i piedi: accelerazioni, dribbling, passaggi che non esistono nel mondo reale, gol. Il tentativo lo farà uno che è più catalano di molti catalani. Nel libro di Gabrielli, a tal proposito, leggiamo: «Eduardo Mendoza ha scritto che l’Argentina è un paese molto mistico, pieno di miti tragici come Gardel, il Che, Evita, Maradona. Tragici, ma con grandi ambizioni. Lionel Messi, in quel pantheon, non c’entra nulla, secondo Mendoza. Perché il suo luogo “è in ogni greppia della Catalogna”». Gabrielli riporta anche ciò che pensa a proposito lo scrittore Andrés Neuman, che, come Messi, ha lasciato l’Argentina per la Spagna molto presto. Neuman afferma che Messi ha studiato in Catalogna, ha giocato là, è cresciuto là, ha vinto là, la sua identità si è formata a Barcellona e con quella gente si è creato un legame forte, emozionale, al punto che i catalani durante i Mondiali del 2014 hanno tifato naturalmente per lui. Se l’Argentina dovesse vincere il prossimo Campionato del mondo, forse Messi ritornerebbe ad appartenere a quei luoghi, chissà.

In un’espressione molto riuscita, riportata nel libro, leggiamo: «Messi è Maradona tutti i giorni». Gabrielli, insomma, dice che Messi porta il peso di dover essere Maradona tutti i giorni. Una condanna, un’identità sempre in bilico tra l’essere il fenomeno che si è, probabilmente il secondo calciatore più forte di tutti i tempi (secondo il mio parere), e quello che tutti vorrebbero che tu fossi. La verità è che è impossibile essere Maradona perfino per Messi, leggendo questa biografia si capisce che sarà impossibile, in futuro, essere Messi per chiunque. Un amico scrittore alcuni anni fa mi ha detto che se c’è un rigore, in una partita decisiva di un Mondiale, Maradona segna e Messi prende il palo. La differenza la attribuisce più a qualcosa di mistico che alla fragilità di Messi, o al fatto che questi è meno forte di Diego. Cioè, Maradona c’entra con Dio, Messi con qualcos’altro, di diverso, forse di altrettanto inafferrabile. Messi non ha mai nascosto la sua fragilità, la sua debolezza, e non ha potuto (per nostra fortuna) fare a meno di nascondere il suo talento. Messi è scritto molto bene e bilancia il racconto della vita, della formazione e del carattere di Messi con i momenti cruciali vissuti sul campo da gioco, la forza di carattere e la determinazione venuta fuori in tanti momenti. È bello ritrovare alcune partite, leggere la descrizione di alcuni gol dei quali siamo ancora innamorati, ed è bello andarceli a rivedere. Messi è Messi, per fortuna. E per fortuna lo stiamo ancora vedendo giocare.

Qualche anno fa Gabrielli ha scritto Cristiano Ronaldo, Storia intima di un mito globale, sempre per 66thand2nd, e così ha completato così un dittico, mettendo in scena a breve distanza le vicende di due campioni che si sono migliorati sfidandosi, spinti ad andare sempre oltre il limite. Ronaldo ossessionato dai numeri, dal voler essere sempre un gol avanti, Messi da qualcosa di più impalpabile, di più misterioso. Ci permettiamo, anche dopo aver letto Gabrielli, di affermare che quel mistero – che nasconde un altro tipo di ossessione – rende Messi (e non Ronaldo) il migliore dopo Maradona, il più bello da veder giocare.