Tra le varie concessioni fatte dalla Uefa al Salisburgo, oltre alla possibilità di incontrare liberamente l’altra formazione di punta della galassia Red Bull (il Lipsia), c’è anche quella di poter schierare in Youth League i giocatori del Liefering, la squadra satellite dei Bulls che milita nella cadetteria austriaca. Grazie al Liefering, un club acquistato, rebrandizzato nel 2011 (prima si chiamava Anif) e traslocato in un quartiere di Salisburgo con lo scopo di aggirare le norme della federazione austriaca sulle seconde squadre, il RBS può permettersi di far crescere i suoi ragazzi più talentuosi in un contesto con meno pressioni rispetto a una massima divisione nazionale, ma certamente più competitivo rispetto ai tornei giovanili, il tutto senza rinunciare alla vetrina offerti da questi ultimi.
Non è un caso, quindi, se l’ultimo gioiellino dei Bulls, Karim Konaté, sia esploso in Uefa Youth League, pur essendo in questa stagione tesserato per il Liefering. L’ex attaccante dell’ASEC Mimosas è entrato nei radar degli scout europei nella scorsa stagione grazie a dieci reti segnate tra Champions League e Confederation Cup africane, e nello scorso marzo ha già debuttato con la nazionale maggiore della Costa d’Avorio (in una gara di qualificazione ai Mondiali contro il Mozambico). Per ora Konaté ora non sembra aver risentito nemmeno dell’impatto con l’Europa. Anzi, tutt’altro: il classe 2004, prelevato in estate per tre milioni e mezzo di euro, ha già segnato cinque reti in altrettante gare di Youth League con l’under 19 del Salisburgo, a cui si aggiungono gli otto gol e i due assist messi a referto in 2. Liga con la maglia del Liefering. A luglio, inoltre, è stato inserito dalla CAF – la confederazione africana – nella lista dei dieci migliori talenti del continente. Un riconoscimento che nel 2017 era spettato anche allo zambiano Patson Daka, una vecchia conoscenza del Salisburgo (pure lui svezzato dal Liefering), rimasto nella città di Mozart per quattro stagioni, dal 2017 al 2021, prima di volare in Premier League (Leicester) per una cifra vicina ai 30 milioni di euro.
Quelli di Konaté e Daka non sono casi isolati. L’inizio di questo rapporto così proficuo tra Red Bull e Africa si colloca nel momento in cui Ralf Rangnick è stato nominato direttore sportivo del Lipsia e ha rivoluzionato l’universo calcistico dell’azienda austriaca, portando un nuovo modello operativo e gestionale come aveva promesso sin dai primi colloqui al presidente Dietrich Mateschitz. Negli ultimi dieci anni il Salisburgo ha intessuto una fitta trama di rapporti con diverse parti del continente, dal West Africa fino all’Africa Australe, costruendo e stringendo partnership con alcune delle più importanti e floride accademie locali. Addirittura nel 2008 i Bulls hanno fondato una propria accademia a Sogakope, in Ghana, investendo circa cinque milioni e mezzo di euro per realizzare uno stadio da mille posti e un centro sportivo all’avanguardia. L’obiettivo era chiaro: scoprire nuovi talenti, farli maturare nel contesto ghanese e poi trasferire i migliori di loro nelle altre sorelle della galassia Red Bull in Europa e America.
Le cose, però, non sono andate nel verso sperato dal colosso degli energy drink. Nel 2014, infatti, l’accademia è stata chiusa e il progetto definitivamente abbandonato tra accuse di colonialismo e scarsi risultati ottenuti. Gérard Houllier, all’epoca uomo di fiducia della Red Bull, ha provato a spiegare i motivi di quel fallimento: «L’accademia è stata penalizzata anche dalla posizione in cui si trovava, ovvero in un’area dislocata a metà tra la capitale Accra e Kumasi, due grandi città. In più sono stati commessi molti errori nella gestione delle risorse», ha dichiarato l’ex allenatore di Lione, Liverpool e nazionale francese in un’intervista al Salzburger Nachrichten. Secondo Martin Kainz, sociologo tedesco autore di un libro sulla storia dell’accademia intitolato “Red Bull Ghana: Eine Akademie auf verlorenem Boden”, agli austriaci è mancata anche la voglia di comprendere a fondo il contesto ghanese, mantenendo un atteggiamento piuttosto elitario: «La Red Bull era troppo poco interessata al coinvolgimento delle competenze locali. Se non collabori con la gente del posto, comprendendone la cultura, è difficile avere successo».
Nei sei anni di attività solamente tre giocatori prodotti dall’accademia ghanese sono stati tesserati dalla casa madre austriaca (Adjei, Atanga e Dwamena), ma nessuno di loro è riuscito ad avere successivamente una carriera di rilievo nel calcio europeo. «Penso che in quel periodo sia stata la migliore accademia del Ghana. C’era tutto ciò di cui avevamo bisogno, ho imparato molto», ha raccontato a Der Standard Felix Adjei, che oggi gioca nel WSG Tirol, in Bundesliga austriaca. «Nel gennaio 2009», ha aggiunto, «erano tutti contenti del mio trasferimento in Austria, perché nessuno andava in Europa da molto tempo». In realtà, però, il flusso di giocatori con il Ghana non si è mai interrotto. Con la WAFA (West Africa Football Academy), la nuova denominazione assunta dall’accademia ghanese della Red Bull dopo il passaggio di proprietà al Gomah Fetteh Feyenoord (un club satellite della formazione olandese), gli affari sono continuati: tra questi ci sono quelli relativi a Forson e Owusi, arrivati nel 2020, ma soprattutto quello che ha portato in Austria Laurence Agyekum, centrocampista classe 2003 entrato stabilmente nel giro della prima squadra dopo un’annata di rodaggio al Liefering.
Il Salisburgo, però, non si è fermato al Ghana. Dal 2013 in poi sono stati acquistati 27 giocatori direttamente da squadre africane, a cui si aggiungono altri quattro calciatori di nazionalità africana – tra i quali Sadio Mané e Naby Keita – prelevati alla periferia del calcio europeo ma formati in prestigiose centrali africane del talento. Se si esclude lo Zambia, dove dal Kafue Celtic sono stati pescati Patson Daka ed Enock Mwepu, lo sfortunato giocatore del Brighton che nelle ultime settimane ha annunciato l’addio al calcio a causa di malattia cardiaca ereditaria, l’Africa Occidentale è la zona del continente in cui si sono concentrati maggiormente gli interessi degli scout Red Bull: Ghana, Costa d’Avorio, ma soprattutto Mali, dove nel 2015 il Salisburgo ha sottoscritto un importante collaborazione con la JMG Academy di Bamako. Fondata dal francese Jean-Marc Guillou, la mente dietro il miracolo dell’ASEC Mimosas dei primi anni Duemila che in Mali ha cercato la sua redenzione dopo l’avventura in Costa d’Avorio, la JMG ha fatto da incubatore per talenti come Amadou Haidara, Diadie Samassekou, Mohamed Camara, Douda Guindo, Sekou Koita, Youba Diarra, Mamady Diambou, tutti successivamente volati in Austria. «In Mali cercheremo di non fare gli stessi errori fatti in Costa d’Avorio», ha annunciato Mamadou Wad, amministratore e braccio destro di Guillou alla JMG, alludendo agli insuccessi della generazione d’oro degli Elefanti, incapace di conquistare la Coppa d’Africa, poi arrivata solamente nel 2015.
La strada, per ora, sembra essere quella giusta: le Aquile di Bamako si sono qualificate per ogni edizione della Coppa d’Africa dal 2008 al 2021. E la semina a livello giovanile è stata di quelle parecchio importanti: nel 2019 il Mali ha vinto l’AFCON Under 20 ed è arrivato ai quarti di finale alla Coppa del Mondo. A livello U17, invece, la Nazionale maliana ha conquistato per due volte consecutive la Coppa d’Africa di categoria, nel 2015 e 2017, finendo rispettivamente seconda e quarta ai successivi Mondiali. Non deve, quindi, stupire se il Red Bull Salisburgo abbia scelto di attrarre la JMG Academy nella propria orbita, garantendosi così una fonte d’accesso privilegiata ad un movimento calcistico in costante e rapida ascesa.