Il Canada giocherà i Mondiali con una maglia vecchia, e i giocatori non ne sono felici

Ma non è l'unico problema tra i calciatori della Nazionale e la Federazione.

C’era e c’è grande attesa per l’esordio del Canada ai Mondiali, e non solo perché la Nazionale nordamericana è tornata alla fase finale torneo più importante 36 anni dopo l’ultima (e unica) volta: i risultati e anche la qualità prospettica della squadra guidata da Alphonso Davies sono davvero ragguardevoli, come testimoniano la qualificazione raggiunta con autorevolezza e la crescita esponenziale nel corso dell’ultimo anno. Paradossalmente, proprio l’ambiente interno alla Nazionale canadese è quello che sta vivendo questo periodo con meno entusiasmo. Anzi, la situazione è praticamente compromessa, in realtà: negli ultimi mesi, infatti, si è aperta una profonda spaccatura tra la squadra e la Federazione (CSA), dovuta a questioni logistiche ed economiche affrontate con superficialità. E rimaste ancora irrisolte, nonostante i risultati sul campo.

Una delle prime motivazioni di questa crisi interna ha riguardato e riguarda ancora la maglia che i giocatori canadesi indosseranno ai Mondiali: pur avendo una partenership con un un brand di primo livello, parliamo di Nike, i Canucks sono arrivati in Qatar senza aver lanciato un nuovo kit, e infatti utilizzeranno la divisa già vista lungo il percorso di qualificazione. Il motivo di questa decisione, come ha spiegato The Athletic in questo articolo, sta nel fatto che la Federazione canadese e il suo fornitore non hanno avviato l’iter per presentare una nuova maglia, un procedimento che di solito inizia con un anno e mezzo di anticipo rispetto all’inizio dei grandi tornei. Il punto è che la stessa CSA, probabilmente, non credeva che il Canada potesse davvero qualificarsi alla Coppa del Mondo. Questa ipotesi è stata alimentata dalle dichiarazioni degli stessi giocatori della Nazionale: Sam Adekugbe, 27enne difensore dell’Hatayspor e dei Canucks, ha detto che «tutto questo mostra chiaramente una cosa: nessuno credeva davvero in noi, neanche all’interno della Federazione». A supporto di questa sensazione, c’è anche quello che è successo con la rappresentativa femminile, detentrice del titolo olimpico e quindi più considerata all’interno degli organi federali: l’accordo con Nike è stato ufficializzato nel 2018, eppure ai Mondiali dell’estate 2019 le ragazze indossavano una divisa disegnata apposta per loro. Tra poche ore, per l’esordio contro il Belgio, Davies e i suoi compagni dovranno invece scendere in campo con un kit dalle collezioni-base di Nike, con un template piuttosto banale e comune.

Earl Cochrane, segretario federale, ha provato a spiegare che «siamo arrivati a questo punto per via di una serie di problemi di pianificazione che non siamo riusciti a risolvere in tempo». I giocatori, come abbiamo già anticipato, non l’hanno presa bene: oltre alle dichiarazioni di Adekugbe, nello scorso settembre Jonathan David ha esultato durante un’amichevole della Nazionale – vinta per 2-0 contro il Qatar – coprendo il marchio dello sponsor tecnico sulla sua maglia. Ma, come abbiamo intuito ricostruendo i fatti, la mancanza di un kit appositamente disegnato per i Mondiali è da imputare alla Federazione molto più che a Nike. Nel frattempo, però, sono venuti a galla anche altri problemi piuttosto significativi, tra cui quello relativo ai soldi dei premi Fifa e dei diritti di immagine dei calciatori, che la CSA gestisce in proprio. I componenti della Nazionale avrebbero voluto delle percentuali più alte – il 40% rispetto al 15% degli incassi – e un maggiore controllo della propria immagine commerciale; Alphonso Davies, per dire, è stato coinvolto in una pubblicità senza un esplicito consenso da parte sua. La protesta, a giugno scorso, è deflagrata fino a diventare uno sciopero vero e proprio, una decisione che ha portato all’annullamento di un’amichevole già fissata contro Panama. Fu costretto a intervenire addirittura Primo Ministro canadese, Justin Trudeau, ma la situazione non è ancora rientrata del tutto. E quindi ora il grande ritorno ai Mondiali sarà vissuto con molta meno euforia rispetto a quello che doveva essere, che potevamo aspettarci.