Quando lo scorso gennaio il Ghana è stato battuto per 3-2 dalla matricola Comore, al termine di una partita che ha portato all’eliminazione al primo turno della Coppa d’Africa, la Federazione di Accra ha scelto di percorrere la strada del repulisti parziale. Quella sera, del resto, era stato toccato il fondo: mai, in 23 partecipazioni al più prestigioso torneo continentale, il Ghana era tornato a casa senza vincere neanche una partita. In Camerun non aveva funzionato niente, con tanto di cartellino rosso sventolato sotto il naso del capitano André Ayew nella sfida decisiva. Ma a pagare per tutti è stato il commissario tecnico Milovan Rajevac. A chiedere la testa dell’allenatore serbo, per la seconda volta sulla panchina delle Black Stars dopo l’esperienza tra il 2008 e il 2010, è stato addirittura il Ministero dello Sport, alla fine di una riunione fiume degli Stati generali della Federazione: «Dopo aver considerato il parere di tutte le principali parti interessate, la GFA ha deciso di porre fine alla sua relazione con l’allenatore Milovan Rajevac», si leggeva in una nota ufficiale della GFA. «A breve la federazione annuncerà il nuovo staff». Il senso d’urgenza non era soltanto una formalità burocratica: a marzo, quindi soltanto due mesi più tardi, era in programma lo spareggio mondiale con la Nigeria per volare in Qatar.
L’uomo chiamato al capezzale delle Black Stars, con il pesante fardello di ricostruire sulle macerie dell’ultima Coppa d’Africa, è stato Otto Addo, ex assistente proprio di Rajevac. «Quando è arrivata la proposta, non ho dovuto pensarci due volte. Allenare le Black Stars è un grande onore per me», ha dichiarato entusiasta il nuovo ct alla Ruhr Nachrichten. Otto Addo è un ex difensore che ha militato nel Borussia Dortmund, nel Mainz e nell’Hannover, con 15 presenze e due gol in Nazionale tra il 1999 e il 2006; nel passato più recente, è stato talent coach tra Dortmund e Möenchengladbach. Subito dopo essersi insediato, ha immediatamente avviato un inevitabile ricambio generazionale, ma senza rinunciare all’esperienza di due monumenti come i fratelli Ayew. Agli iconici figli del mitologico Abedì Pelé è stato assegnato il compito di supervisionare la crescita del gruppo. Il cocktail tra veterani e volti nuovi si è rivelato vincente: superata la Nigeria di Victor Osimhen nel barrage finale, grazie alla regola dei gol in trasferta (0-0 a Kumasi, 1-1 ad Abuja), il Ghana è tornato al Mondiale dopo otto anni di assenza.
Proprio alla vigilia di quello spareggio è cominciata la rivoluzione di Addo, accelerata anche da fattori extracalcistici. Ecco qualche numero per comprenderne meglio la portata: 15 dei 28 giocatori presenti in Camerun per la Coppa d’Africa non sono presenti al Mondiale. «All’inizio abbiamo avuto un po’ di sfortuna, avevamo molti giocatori infortunati prima della gara d’andata con la Nigeria. Penso di aver dovuto fare a meno di otto giocatori che avrei voluto selezionare. Oltre a questo, altri due erano squalificati», ha raccontato il ct al portale della Fifa. «Quindi c’erano molti assenti, ma guardiamo il lato positivo: questo ha aperto la porta a nuovi giocatori, agli esordienti».
Non è un caso, quindi, se in Qatar le Black Stars siano la Nazionale con il roster più giovane dell’intero torneo, con un’età media di 24,73 anni. Se Addo ha potuto regalare una ventata di freschezza, però, il merito è anche delle numerose accademie calcistiche disseminate nel Paese. Fondamentale, ad esempio, è stato il ruolo svolto dalla Right to Dream Academy. Fondata nel 1999 da Tom Vernon, all’epoca caposcout del Manchester United per l’Africa, la Right to Dream è considerata oggi una delle più floride centrali del talento dell’Africa subsahariana. Dotata di otto campi in erba sintetica, in tutti questi anni l’accademia ha sfornato oltre 140 diplomati, di cui 61 sono poi diventati pro, senza però lasciare senza un paracadute chi non ce l’ha fatta.«Degli iniziali 16 ragazzi, tre sono riusciti a giocare per la Nazionale ghanese, cinque sono diventati professionisti in Europa e sei si sono laureati presso le università di divisione uno in America», ha raccontato Vernon a Forbes.
La vera svolta, però, è arrivata nel dicembre 2015, quando la Right To Dream ha rilevato l’FC Nordsjaelland, un club di massima divisione danese, mettendo subito Vernon al vertice della dirigenza con il ruolo di presidente. Si è trattato di un fatto epocale: per la prima volta, infatti, un gruppo africano metteva le mani su una una società europea. I benefici dell’operazione erano evidenti: la partnership con l’FCN, un club fondato nel 2003 sulle ceneri del Farum Boldklub, ha permesso ai migliori talenti forgiati dall’accademia di confrontarsi con un contesto di gioco europeo e quindi più competitivo, accelerando così il percorso di crescita dei ragazzi più promettenti. Di tutto ciò ha beneficiato anche la Nazionale: da questa fucina di talenti, ad esempio, sono usciti Kamaldeen Sulemana, imprendibile esterno del Rennes; Kamal Sowah, attaccante che in questa stagione ha già messo a referto due reti in Champions League con il Club Brugge, ma soprattutto Mohammed Kudus, stellina dell’Ajax già finita nei radar dei più importanti top club europei.
Proprio intorno a lui, e alla sua fenomenale versatilità, Addo ha cucito l’abito tattico del Ghana. E, d’altronde, non potrebbe essere altrimenti: sbarcato ad Amsterdam nella difficile estate del 2020, dopo essere stato pescato dai Lancieri nel campionato danese, Kudus è letteralmente esploso in questo avvio di stagione, attirando su di sé le attenzioni di tutti i top team europei: in 21 partite giocate, tra Eredivisie, Champions League e Supercoppa d’Olanda, ha realizzato dieci reti e servito due assist. La poliedricità, unita ad una invidiabile tecnica nello stretto, è la grande forza di Kudus: l’attaccante dell’Ajax, nato e cresciuto in una baraccopoli di Accra, può ricoprire praticamente qualsiasi ruolo offensivo, in un ventaglio di possibilità che va dal trequartista sottopunta al falso nove. «Nel corso della carriera», ha spiegato Dramani Mas-Ud Didi, uno degli assistenti del ct Addo, «Kudus ha sviluppato vari aspetti del suo gioco, abituandosi a giocare in diverse posizioni, tra cui centrocampista centrale, falso nove, centrocampista largo e persino attaccante esterno».
La prestazione da dominatore di Kudus contro la Corea del Sud
La Right to Dream, però, non è l’unica accademia ghanese ad aver formato giocatori per la Nazionale. Ad esempio, Lawrence Ait-Zigi, il portiere del San Gallo diventato titolare dopo le defezioni di Ofori e Wollacott, è un prodotto della WAFA (West Africa Football Academy), la nuova denominazione assunta dalla filiale africana della Red Bull dopo il fallimento del progetto e il passaggio di mano al Gomah Fetteh Feyenoord, un club satellite della formazione olandese. Nella Utrecht Academy, una scuola calcio di Tamale affiliata al club olandese, invece, si è formato Abdul Fatawu Issahaku, gioiellino classe 2004 dello Sporting Lisbona, considerato la next big thing del calcio ghanese. Dopo essere sbocciato nello Steadfast, nella seconda divisione del suo Paese, confermandosi successivamente al piano di sopra con la maglia dei Dream Stars, un quotidiano autorevole come il Guardian lo ha inserito nella lista dei migliori talenti da seguire nel 2021. Un attestato di stima non da poco per il talentuoso trequartista ghanese, che ha già preso parte con la Nazionale all’ultima Coppa d’Africa, e che più di qualcuno ha già individuato come l’erede naturale di Abedi Pelé.«Siamo rimasti incantati dal suo talento», ha confessato Rúben Amorin, l’allenatore dei Leões.
Il materiale offensivo a disposizione di Addo, insomma, è davvero ottimo, considerando anche l’innesto last minute di Iñaki Williams. Il ct ne è consapevole: «Abbiamo molta qualità davanti. Siamo veloci e nell’uno contro uno possiamo fare male a chiunque». A differenza del fratello Nico, selezionato dalla Spagna, la punta dell’Athletic Bilbao non ha saputo resistere al richiamo delle origini, scegliendo di sposare la causa del Ghana. C’era da onorare una promessa fatta al nonno: «A marzo il presidente federale era venuto a Bilbao per cercare di convincermi, ma inizialmente avevo rifiutato», ha raccontato Iñaki in un’intervista alla Gazzetta dello Sport. «Poi in estate ho fatto un viaggio in Africa. Con tutta la famiglia siamo andati a trovare mio nonno Richard, ultranovantenne. Ci siamo seduti a parlare e mi ha confessato che gli sarebbe piaciuto molto se avessi giocato per il Ghana».
Nonostante ciò, però, Addo ha optato per un atteggiamento piuttosto prudente nel match d’esordio con il Portogallo, abbandonando il classico 4-2-3-1 per passare ad un più equilibrato 3-5-2. Visto il risultato finale, 3-2 per i lusitani, non sono mancate le critiche, specie per le sostituzioni di Kudus e André Ayew subito dopo il gol del temporaneo 1-1. In realtà, comunque, la difesa a tre non era una novità assoluta: Addo l’aveva già utilizzata nella parte finale dello spareggio di ritorno con la Nigeria, quando c’era da mantenere l’1-1, oltre che in una amichevole con il Giappone dello scorso giugno. La vittoria con la Corea del Sud, coincisa con il ritorno della difesa a quattro e propiziata da una doppietta fiammeggiante di Kudus, ha sistemato le cose nel girone, consentendo al Ghana di poter giocare per due risultati nell’ultimo decisivo match con l’Uruguay. Una partita dal sapore di rivincita per le Black Stars, dopo il memorabile quarto di Sudafrica 2010, quando la “parata” di Luis Suarez e il successivo errore dal dischetto di Asamoah Gyan al 120′ impedirono al Ghana di diventare la prima Nazionale africana della storia a raggiungere le semifinali ad un Mondiale. Comunque andrà, però, il futuro è dalla parte del Ghana. Grazie ad una generazione di talenti finalmente all’altezza, le Black Stars sono pronte per tornare a brillare.