La legge dei più forti

Il Marocco ha giocato una grande partita, eppure la Francia non si è mai scomposta.

Da quando sono nato, prima per amore e poi anche per lavoro, seguo le vicende della Società Sportiva Calcio Napoli. Nel corso delle ultime dieci stagioni è successo diverse volte che il club azzurro sia stato in corsa – reale o anche solo virtuale, non importa – per vincere il campionato di Serie A, ma non è mai riuscito a vincerlo. Ci ha provato con Mazzarri in panchina, poi con Benítez, con Sarri, con Ancelotti; ci ha provato con Lavezzi, Cavani e Hamsik, poi ci ha provato con Koulibaly, Insigne e Mertens, nel frattempo è diventato una squadra-brand apprezzata in tutta Europa per il suo calcio efficace e divertente, spesso addirittura accecante, per il suo bilancio virtuoso, per la sua capacità di scovare talenti e trasformali in top player. Ma niente da fare: ogni volta che si è affacciato sul cortile della lotta-scudetto, il Napoli ha dovuto fare i conti con un avversario nettamente più forte. Quasi sempre questo avversario è stata la Juventus. Ora tutto questo sembra non avere niente a che fare con Francia-Marocco 2-0, se non fosse che la seconda semifinale dei Mondiali mi ha fatto rivivere le stesse identiche sensazioni provate nel corso di quei campionati vinti dalla Juventus e persi dal Napoli.

È difficile da spiegare, anche perché il gol segnato dopo cinque minuti da Theo Hernández c’entra e non c’entra, in questo discorso: certo, aver trovato il vantaggio al primo vero affondo ha cambiato la partita fin da subito, ha costretto il Marocco a rivedere il suo piano tattico, ad accelerare un po’ il ritmo che voleva imprimere al suo gioco. Ma la sensazione di cui parlo è quella vissuta dopo il gol dell’1-0, per tutto il resto della serata, soprattutto in quelle fasi della partita in cui i calciatori di Walid Regragui hanno dimostrato ancora una volta di essere qualcosa di più – molto di più – che una squadra-parvenu  esclusivamente speculativa: nonostante la forza del Marocco, era come se la Francia non potesse perdere, era come se gli uomini di Didier Deschamps non soffrissero mai per davvero, era come se fossero costantemente in controllo di quello che succedeva.

Attenzione: questo non vuol dire che il Marocco non abbia avuto le sue occasioni. Proprio in virtù di quanto detto prima, del fatto che Regragui ha messo insieme una squadra tatticamente solida e dai valori tecnici importanti, ci sono stati dei momenti in cui l’andamento della partita sembrava andasse a sfavore della Francia: El Yamiq ha colpito il palo in rovesciata, Lloris ha dovuto compiere un paio di parate complicate, Hamdallah avrebbe potuto tirare a tu per tu col portiere e invece ha cincischiato in maniera inspiegabile; nei primi dieci minuti della ripresa i giocatori in rosso sembravano correre a una velocità doppia se non tripla rispetto a quelli in bleu, i campioni del Mondo non riuscivano a fare quattro passaggi di fila, a uscire in modo pulito dalla loro metà campo, Koundé e Varane hanno fatto alcuni anticipi-interventi tempestivi e decisivi, le combinazioni tra Ziyech e Hakimi erano velocissime e raffinatissime, il gol sembrava nell’aria. Ma non è arrivato. Il Marocco ha fatto uno sforzo incredibile per cercare di non perdere, è arrivato a giocare in maniera splendida per ampi tratti della gara, in quegli stessi frangenti è stato – di gran lunga – la squadra più innovativa e pure ammaliante vista ai Mondiali. Eppure non è bastato. E il punto è proprio questo.

La Francia non si è mai spostata, nel senso che non si è mai scomposta. Ha assorbito quei momenti di tensione – diciamo anche di sofferenza – senza accusare alcun cedimento. La forza dei Bleus, un cocktail di fisicità, tecnica, intelligenza e consapevolezza, è stata talmente straripante da risultare percettibile anche se è stata invisibile – visto che il Marocco ha giocato così bene in alcuni segmenti della gara. È una questione di pura qualità, di talento, di valore assoluto: probabilmente Mbappé, Lloris, Griezmann, Varane, Theo Hernández e Lloris sarebbero titolari inamovibili in tutte le altre Nazionali del mondo, e lo stesso discorso vale anche per Giroud, Dembélé, Fofana, Tchouaméni, Konaté, Koundé. Solo che Giroud, Dembélé, Fofana, Tchouaméni, Konaté e Koundé, se ci pensate un attimo, sono le riserve dei giocatori titolari assenti per infortunio. Tutti. Dal primo all’ultimo.

La Francia ha raggiunto la quarta finale mondiale della sua storia, tutte dal 1998 a oggi (Giuseppe Cacace/AFP via Getty Images)

Insomma, nessuna Nazionale possiede quello che possiede la Francia, nessuna Nazionale è forte come la Francia, nessun commissario tecnico può gestire la cifra di talento e la quantità di calciatori di primo livello – non sono sempre la stessa cosa – a disposizione di Deschamps. Che a sua volta ha dei meriti significativi, anche se nessuno lo direbbe: in quanti, per esempio, avrebbero immaginato che Antoine Griezmann potesse risorgere come enganche, tuttocampista e anche difensore all’occorrenza? Deschamps non si è limitato a immaginare: ha ideato questa soluzione, l’ha provata in allenamento, l’ha attuata in campo ai Mondiali. E ora si gode i frutti della sua intuizione. Certo, essere un commissario tecnico e non un allenatore ha un suo peso, in certe dinamiche: una Nazionale non è un club, non c’è la necessità economica di creare valore, un ct può limitarsi a trovare il modo migliore per amalgamare i suoi talenti, a incastrarli tra loro in un sistema razionale, equilibrato, ritagliato sulle loro caratteristiche. Esattamente quello che ha fatto Deschamps in questo Mondiale, e in quello precedente.

Ecco, forse sono riuscito a trasmettere e a spiegare la sensazione che ho provato guardando il Napoli degli ultimi dieci anni. Che poi, posso presumere, è la stessa sensazione provata da chi ha seguito e sostenuto le avversarie del Real Madrid nel corso dell’ultima Champions League, nel corso delle ultime stagioni in generale. E se le mie sensazioni non dovessero bastarvi, ci sono i numeri e la storia a certificare il tutto: a meno di miracoli o di eventi davvero assurdi, per esempio il gol di Éder nella finale di Euro 2016 e la combo rimonta di due gol + rigori della Svizzera a Euro 2021, la Francia non riesce a non perdere. E quindi vince, come se fosse ineluttabile, la sola cosa possibile. Il fatto che l’unico giocatore in grado di invertire il trend sia Lionel Messi non fa che confermare tutta questa teoria: visto che è il più forte di tutti, sta a lui provare a rovesciare la legge dei più forti, se ci riesce.