Da poco più di un anno, ormai, si parla dell’Atalanta come di una squadra che, dopo aver perso definitivamente o anche solo momentaneamente alcuni uomini-simbolo del suo ciclo d’oro, fa una gran fatica a ritrovare la brillantezza cui ci aveva abituato. In fondo anche lo stesso allenatore della squadra bergamasca, Gian Piero Gasperini, si è espresso e si esprime spesso in questi termini. Non che da parte sua siano mancati dei tentativi per risolvere il problema, per trovare i “nuovi” Gómez, Ilicic, Zapata, e infatti oggi l’Atalanta è una squadra completamente rivoluzionata, soprattutto nel reparto offensivo: Malinovskyi è stato ceduto da poche ore; i reduci Zapata e Muriel, per motivi diversi, non riescono più a incidere, e infatti quest’anno il miglior marcatore della rosa è Ademola Lookman; Jérémie Boga pare che sia stato tolto dal mercato. E poi c’è Rasmus Hojlund: l’attaccante nato a Copenaghen non ha giocato moltissimo – solo cinque gare dal primo minuto – e ha segnato appena tre gol, ma dopo la sosta Gasperini ha già puntato su di lui, e sembra convinto di volerlo fare ancora. Non a caso, il tecnico ha detto che «Rasmus è un giocatore straordinario, non solo per il modo in cui trova il gol. Ha tutto per diventare un top player». Forse queste parole così impegnative sono dovute al rendimento tenuto da Hojlund, al fatto che abbia risposto in modo convincente alle sollecitazioni del suo allenatore: nelle prime due gare al rientro della sosta, entrambe disputate da titolare, ha segnato due volte.
Il punto è che questi due gol, arrivati contro Spezia e Bologna, sono bellissimi ma anche molto diversi tra loro. E quindi dimostrano che Hojlund, a vent’anni da compiere tra pochi giorni (è nato il 4 febbraio 2023), è una punta dal menu fisico e tecnico già molto ampio, già abbastanza completo. Non si potrebbe definire diversamente il campionario di un attaccante che supera il metro e novanta d’altezza eppure riesce a ubriacare di finte il suo marcatore diretto in piena area di rigore, tocco rapido destro-sinistro per aprirsi lo spazio e ancora destro per un diagonale forte, che piega le mani al portiere. Il gol allo Spezia è arrivato così, quello al Bologna invece nasce da un perfetto inserimento lungo, profondo, da una corsa travolgente, e poi si è materializzato grazie a un tocco sotto morbido e furbissimo, un mix di tecnica, tempismo e intelligenza.
Con l’inquadratura da dietro, è ancora più bello
Si vedeva già ai tempi del Copenaghen e dello Sturm Graz che ci trovavamo di fronte a un attaccante molto promettente, bravo a calciare di destro e di sinistro, potente e tecnico insieme. Queste sensazioni e il percorso compiuto da teenager – Paese scandinavo –> Austria – hanno creato e alimentato il problema narrativo del paragone con Erling Haaland, un cliché moderno che ritorna continuamente nelle domande poste dai giornalisti a lui e a chi gli sta intorno, nel modo in cui viene raccontato e quindi percepito nel multiverso calcistico. In realtà, se escludiamo una certa somiglianza fisica, Hojlund è un giocatore diverso rispetto a Haaland: tocca più palloni, torna di più in difesa, tira di meno. Insomma, partecipa in maniera più continua al gioco della sua squadra, è un finalizzatore ma ragiona e si muove e lavora il pallone anche in altre zone del campo, in altre situazioni, non solo all’interno dell’area di rigore – le conferme numeriche di queste frasi, per chi volesse, sono qui.
Anche in virtù di tutto questo, Hojlund potrebbe essere davvero l’uomo giusto per l’Atalanta, il perfetto erede di Zapata: nei suoi anni migliori, quando non era costantemente infortunato, l’attaccante colombiano apriva letteralmente il campo grazie alla sua fisicità, al suo moto perpetuo, ai suoi duelli – quasi sempre vinti – con i centrali avversari, e proprio in quegli spazi Ilicic, Gómez e Muriel hanno banchettato alla grande, diventando marcatori da doppia cifra praticamente garantita. In un ideale sequel, Hojlund potrebbe ricoprire il ruolo che era di Zapata e forse – visto che le sue qualità sono ancora da rifinire, da sgrezzare – essere anche più efficiente di lui sotto porta, nella pura fase di finalizzazione. Oppure Gasperini potrebbe dare una tendenza più verticale al suo sistema offensivo, e probabilmente sarebbe questa la soluzione migliore per Hojlund, per assecondare le sue doti in campo aperto. In ogni caso, ed è proprio questo il bello, l’attaccante danese ha tutto ciò che serve per poter arrivare in cima al calcio europeo. Il fatto che lo dica proprio il tecnico dell’Atalanta è una certificazione in più.
E allora sarà interessante, per non dire divertente, capire se e come – attraverso quali strade tattiche, ma anche progettuali – potranno avverarsi certe premesse, certe promesse. Nel frattempo, l’unica cosa che si può fare è applaudire – ancora, per l’ennesima volta – il coraggio, la competenza, il modello dell’Atalanta: a distanza di pochi mesi, i 17 milioni investiti per Hojlund, un attaccante di 19 anni, sembrano già una cifra non solo giusta, ma anche destinata a crescere in vista della sua cessione, se e quando dovesse materializzarsi. Al contrario, sarà proprio l’Atalanta a godersi Hojlund, dopo averlo scovato, lanciato, valorizzato.