Quella forza che ci ha messo nel tiro sembra la stessa che di solito si impiega per calciare il pallone verso le stelle dopo la vittoria di una finale, quando tutta la tensione, la gioia, l’emozione vengono sfogate in un calcio che arriva dove nemmeno un urlo può arrivare. Sembra: ma non lo è. In realtà il missile con cui Victor Osimhen ha spaccato la porta difesa da Rui Patricio era il modo migliore per segnare, per sbloccare la partita, per trasformare in gol quel cross di Kvaratskhelia che era già riuscito a controllare nel modo più intelligente – e difficile – possibile: con uno stop di petto, e un ulteriore controllo di coscia.
Osimhen è un giocatore che tenta spesso di addomesticare i palloni alti, perché sa di avere le caratteristiche tecniche e fisiche per farlo. Quando la palla non si addormenta sui suoi piedi, ha l’atleticità per riprenderla con le gambe che si allungano a mezza altezza, e tenerla nel suo fazzoletto di campo. Farlo nell’area piccola è tutt’un altra cosa, soprattutto con un difensore che ti è appena saltato davanti, e un altro che ti guarda a pochi centimetri.
Di straordinario ci sono tre cose, in questo gol. La prima è quindi l’idea grezza: Osimhen che chiede la palla a Kvara, Osimhen che voleva da subito controllarla di petto nonostante si trovasse in una porzione di campo con una densità abitativa più alta che a Mumbai. La seconda è la messa in pratica tecnica di quell’idea – di quel controllo: Osimhen che pur inclinandosi all’indietro mantiene l’equilibrio, Osimhen che controlla di petto, Osimhen che riesce a mentenere la coordinazione anche con quel secondo controllo di coscia. Si può vedere rallentando le immagini (Youtube lo consente, se volete provare): il 9 del Napoli fa un saltello sulla gamba sinistra per non cadere, perché il baricentro non è stabilizzato, eppure riesce comunque a prepararsi per il tiro.
OsiMOSTRO 👺⚽
L’azione del Napoli è bellissima ✨
Ma il gol di Osimhen è di un altro pianeta 🪐#NapoliRoma #SerieATIM #DAZN pic.twitter.com/HMetOvnbXb— DAZN Italia (@DAZN_IT) January 30, 2023
La terza è quella, il tiro: troppo affascinati da quell’equilibrismo, non ci si accorge subito che il tiro arriva da una posizione per niente centrale, anzi parecchio defilata. Osimhen è al vertice dell’area piccola, il corpo è però in equilibrio, diretto verso il pallone. Merito di quel controllo ulteriore, che ha addomesticato la sfera e allo stesso tempo lo mette in condizione di calciare un mezzo esterno sotto l’incrocio del primo palo. Era l’unico modo per riuscirci. Era imparabile, ed è uno dei gol che ricorderemo per anni, di questa incredibile cavalcata azzurra.