Italo Galbiati era qualcosa di più che un grande allenatore in seconda

È stato il vice di Capello, ma anche un allenatore in prima, un grande osservatore, una colonna del mondo-Milan.

Italo Galbiati è morto a 85 anni, e il suo ultimo incarico nel calcio è stato nello staff del settore giovanile del Monza. Ha vissuto gran parte della sua carriera come secondo o come collaboratore tecnico di Fabio Capello, un sodalizio iniziato ai tempi del Milan – nel 1987 e poi dal 1991 al 1996 – e poi proseguito in tutte le avventure professionali del tecnico friulano, quindi alla Roma, alla Juventus, alla guida della Nazionale inglese e della Russia. Italo Galbiati, però, è stato anche qualcosa di più, anzi molto di più che un grande assistente di campo. Intanto è stato un osservatore dal grande fiuto: prima di arrivare al Milan, ha lavorato come dirigente del settore giovanile all’Inter, e durante quell’esperienza fu il primo ad accorgersi del talento di Walter Zenga, inserendolo nei Pulcini nerazzurri. Anche nel corso della sua carriera da vice-allenatore è stato utilizzato come osservatore: nel 1999, per esempio, seguì per il Milan un’indimenticabile sfida di Champions tra Barcellona e Dinamo Kiev, la partita finì 0-4 e un giovane attaccante della squadra ucraina, Andriy Shevchenko, realizzò una tripletta. Nello scouting report compilato per il Milan, Galbiati definiva Sheva come un giocatore «fortissimo fisicamente, veloce, rapido nel dribbling, in possesso di fantasia, che calcia bene con entrambi i piedi, fa gol, forte nel gioco di testa. Gioca su tutto il fronte d’attacco, sa chiamare la profondità come pochi giocatori. Considerando la sua giovane età sono rimasto impressionato per la sua facilità di gioco. È un giocatore emergente. Superfluo aggiungere altro. È DA MILAN».

Galbiati è stato anche allenatore in prima: dopo una prima esperienza con la Puteolana, subito dopo la fine della sua carriera da calciatore, ha guidato la Primavera del Milan tra il 1980 e il 1982. Negli anni successivi è stato più volte chiamato come traghettatore dei rossoneri, anche perché si trattava di un periodo difficile, in altalena tra Serie A e Serie B, e quindi l’esonero degli allenatori era una pratica frequente: nel 1981 sostituì Massimo Giacobini per l’ultima giornata del campionato di Serie B, a promozione già raggiunta; un anno dopo guidò il Milan per metà campionato, dalla 16esima alla 30esima giornata, dopo l’addio di Radice, senza riuscire a evitare la retrocessione in Serie B; altra chiamata nel 1984, in seguito all’esonero di Castagner: tre vittorie, un pareggio e due sconfitte nelle ultime sei fare di campionato.

Con l’avvento di Berlusconi, alla metà degli anni Ottanta, Galbiati è tornato ad allenare la Primavera e poi è diventato parte dello staff della prima squadra: Capello, Sacchi e di nuovo Capello sono i tecnici che ha assistito da secondo, ma come detto il suo lavoro è sempre andato oltre, consisteva nell’analizzare avversari, scoprire giocatori, insomma è stato una colonna del club rossonero. Dopo la stagione 1996/97, quella vissuta da Capello al Real Madrid, il tecnico friulano e Galbiati tornarono insieme al Milan: un’esperienza che si rivela a dir poco deludente. Poi lo scudetto a Roma nel 2001, due stagioni alla Juventus a cavallo di Calciopoli, il titolo in Liga col Real Madrid e l’approdo in Inghilterra: secondo i racconti raccolti dalla BBC, Galbiati era The Good Cop, letteralmente il poliziotto buono nello spogliatoio della Nazionale; Fabio Capello, inutile specificarlo, era The Bad Cop. L’ultima avventura come collaboratore di Capello si consuma in Russia, tra il 2012 e il 2015. Poi il ritorno in Italia, il nuovo sodalizio a Monza con Berlusconi e Galliani e ora l’addio, a 85 anni, dopo una vita spesa per il calcio.