La Ligue 1 è diventata il torneo in cui eccellono gli allenatori senza patentino

Dopo Will Still a Reims, ora c'è anche Didier Digard a Nizza.
di Redazione Undici 14 Marzo 2023 alle 18:19

Da mesi, ormai, la storia di Will Still fa il giro di tutti i giornali del mondo: trent’anni compiuti a ottobre, una carriera da calciatore inesistente, l’inizio della vita da tecnico come giocatore di Football Manager e ora la panchina del Reims, da esordiente assoluto – ma dopo una lunga gavetta in giro per l’Europa. Gli ottimi risultati si Still hanno spinto il club francese a tenerlo come tecnico nonostante un problema non secondario: non possiede il cosiddetto patentino, vale a dire un’abilitazione riconosciuta dall’Uefa per poter allenare un club di prima divisione. A causa di questa situazione, il Reims paga una multa – di 25mila euro circa – per ogni partita in cui Still guida la prima squadra senza averne i requisiti. È una sorta di investimento che sta andando a buon fine, visto che il club della Marna è ottavo in classifica, a pochissimi punti dalla zona Europa. A pari punti con lo Stade de Reims c’è anche il Nizza, un’altra società che sta vivendo la stessa identica condizione, e non solo per i punti in classifica: il tecnico Didier Digard, infatti, è anche lui sprovvisto di patentino. Eppure allena i rossoneri da due mesi esatti.

Inizialmente Digard era stato scelto come traghettatore dopo l’esonero di Lucien Favre, tornato in Costa Azzurra dopo l’esperienza nel biennio 2016-18, e invece ora sta mantenendo il suo lavoro. Merito dei risultati, ovviamente: nelle undici partite in cui ha guidato il Nizza, considerando Ligue 1 e Conference League, Digard ha messo insieme sette vittorie e quattro pareggi; lo score totale del Nizza in queste gare è stato di 21 gol fatti e solo cinque subiti. Inevitabile che anche la società rossonera, la cui proprietà appartiene alla conglomerata INEOS, abbia deciso di pagare la stessa quantità di denaro versata dal Reims: 25mila euro per ogni partita che Digard guarda dalla panchina. È il classico caso del gioco che vale la candela.

La storia di Digard è leggermente diversa, più calcisticamente lineare, rispetto a quella di Still: nato nel 1986, è stato una promessa della Nazionale francese – nel 2005 ha vinto l’Europeo di categoria con la rappresentativa Under 19 – e poi ha girovagato per l’Europa, passando dal Le Havre, dal PSG (prima dell’avvento degli sceicchi), dal Middlesbrough, dal Betis Siviglia e dall’Osasuna. Proprio al Nizza ha vissuto il momento migliore della sua vita da professionista: quattro stagioni e mezza tra il 2010 e il 2015, e in Costa Azzurra è diventato prima difensore – a inizio carriera giocava a centrocampo – e poi anche capitano. Ha sempre avuto la fama da duro, ha una passione per la boxe, le armi e i tatuaggi. Ma è soprattutto un aspirante allenatore: subito dopo la fine della carriera in campo, torna a Nizza e diventa parte dello staff dell’Under 17. Nel 2021 riceve la promozione alla guida della squadra riserve, iscritta alla quinta divisione della piramide francese; un anno dopo ecco l’arrivo in prima squadra al fianco di Favre, come vice-allenatore.

Siamo ormai ai giorni nostri: il Nizza 2022/23 era ed è una squadra dall’organico quasi mitologico, l’inizio con Favre è traumatico e serve una svolta. Viene scelto Digard, che raddrizza la baracca e riporta i rossoneri in una buona posizione di classifica. Ma non è tutto: Digard e i suoi uomini potrebbero approdare anche ai quarti di Conference, visto che la gara d’andata degli ottavi contro lo Sheriff, giocata in trasferta, è finita 0-1. Insomma, siamo di fronte a un allenatore che sta facendo bene il suo lavoro pur non essendo qualificato a farlo, almeno in teoria. Forse è arrivato il momento di ripensare le metodologie di accesso alla professione, che si tratti o meno di ex calciatori.

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