Se facessimo un sondaggio, se chiedessimo qual è il grande campionato in cui si segna di meno e in cui – di conseguenza – le partite sono meno divertenti da guardare, in molti risponderebbero: «La Serie A, che domande!». Anche i giornalisti del quotidiano spagnolo Diario As la pensavano in questo modo, tanto da scriverlo in questo articolo. Solo che l’hanno scritto per potersi smentire da soli, visto che la realtà dei numeri è diversa: la media gol della Liga, infatti, è più bassa rispetto a quella della Serie A. E di tutte le altre leghe top in Europa. Come se non bastasse, in Liga si segna meno rispetto a Eredivisie, Primeira Liga (campionato portoghese), Europa League e Champions League. Insomma, i numeri dicono chiaramente che la Liga sta diventando sempre più noiosa.
Eccoli, i numeri: nella stagione in corso, la media del massimo campionato spagnolo è di 2.42 gol per match; la Serie A tocca quota 2.52, la Premier è a 2.71, la Ligue 1 a 2.84. La Bundesliga, prima delle cinque leghe top in questa graduatoria specifica, raggiunge addirittura i 3.16 gol a partita. Come detto, anche altri tornei – nazionali e/o internazionali – mettono insieme dei numeri più alti: la Primeira Liga portoghese arriva a 2.45, l’Eredivisie a 2.99; Champions ed Europa League toccano entrambe quota 2.6 gol per match. Oltre a questi dati legati all’attualità, anche quelli storici raccontano la crisi realizzativa che sta colpendo la Liga: in Spagna, una media gol simile non si registrava dalla stagione 1991/92, quando si realizzarono 2,40 gol per match; per trovare una media bassa come quella del campionato spagnolo in questa stagione, se guardiamo al 21esimo secolo, bisogna andare a riprendere i dati della Ligue 1 edizione 2010/2011, che si concluse con una media di 2,34 gol a partita. Anche il fatto che lo stesso campionato francese abbia alzato – e di molto – la sua quota di reti per match conferma ed evidenzia la regressione delle squadre spagnole.
Da anni si parla dell’impoverimento tecnico-tattico della Liga, inevitabilmente legato alle difficoltà economiche vissute da Real Madrid e – soprattutto – Barcellona in seguito alle perdite dovute al Covid. In tanti sostengono che i risultati delle squadre spagnole nelle coppe europee – il Real Madrid campione d’Europa 2022, il Villarreal e il Siviglia vincitrici dell’Europa League nel 2021 e nel 2020, rispettivamente – sembrino dire altro, ma in questa stagione le cose stanno andando piuttosto male anche oltre confine: il Real Madrid e il Siviglia sono le uniche due squadre sopravvissute in Champions e in Europa League, ma nel frattempo gli andalusi stanno rischiando seriamente la retrocessione. E poi sono gli stessi addetti ai lavori locali a percepire e quindi a raccontare la crisi: in questo lungo articolo pubblicato da El Confindenciál, i calciatori e gli allenatori spagnoli accusano se stessi di «aver adottato sistemi tutti uguali che non hanno profondità né ampiezza» (Jorge Otero, ex giocatore della Nazionale iberica), di «aver dimenticato l’importanza del dribbling e della libertà creativa (Carles Martínez, ex allenatore giovanile di Barcellona ed Espanyol) e di «aver creato allenatori convinti che le partite si vincano solo col possesso palla» (Joan Capdevila, campione del mondo con la Roja nel 2010). Insomma, un modello che sembrava vincente a ogni livello, anche guardando al calcio delle Nazionali, sta rivelando la sua usura, la sua incapacità di rinnovarsi davvero. E ora ne sta pagando le conseguenze.