La nave sullo stemma dei due Manchester è un simbolo dello schiavismo?

Se ne sta parlando in questi giorni, su entrambe le sponde della città.

Se escludiamo la matrice essenzialmente operaia della loro fanbase, anche se oggi le categorie del tifo sono certamente più fluide rispetto a cento, cinquanta o venticinque anni fa, il Manchester United e il Manchester City non hanno molto in comune. Certo, sono entrambi club ricchissimi e di primo piano nel panorama europeo, ma vivono un momento tecnico e societario molto diverso, hanno ambizioni e prospettive decisamente distanti, non a caso da tempo si parla dell’avvenuto “sorpasso storico” da parte dei Citizens – gli ex «Noisy Neighbours», vicini rumorosi, secondo Alex Ferguson e i tifosi di Old Trafford – sui Red Devils. Al di là di tutto questo, i più attenti l’avranno notato, City e United hanno una cosa che li unisce: sui loro loghi c’è disegnata una nave a tre alberi. Ecco, la presenza di quel piccolo simbolo sta diventando un problema per entrambi i club.

Lo racconta il Guardian in questo lungo articolo che fa da ricostruzione storica, spiegazione e commento. E che, innanzitutto, racconta il significato di questa nave: secondo diverse fonti, sarebbe un omaggio al grande passato commerciale della città di Manchester – ecco perché è presente sul crest di entrambe le società, nonché su quello araldico delle istituzioni locali – e quindi, inevitabilmente, alla tratta degli schiavi. Che è stata abolita, per quanto riguarda la Gran Bretagna, nel 1807 – negli Stati Uniti l’abolizione definitiva è datata 1865. In realtà anche lo stesso Guardian, fondato nel 1821 come Manchester Guardian, ha ammesso di aver avuto un passato controverso con la schiavitù: uno dei primi investitori del giornale, Sir George Philips, era comproprietario di una piantagione di zucchero in Giamaica in cui era certo ci fossero degli schiavi; John Edward Taylor, il commerciante di cotone che ha fondato il Guardian, aveva collaborazioni con aziende che importavano grandi quantità di cotone grezzo prodotto da persone schiavizzate nelle Americhe.

Insomma, per dirla brutalmente: il Manchester City e il Manchester United celebrano la storia della città che rappresentano attraverso uno dei simboli più immediati e riconoscibili all’interno della loro comunità. Solo che questo simbolo, col tempo, è diventato inopportuno. O meglio: i suoi significati originari rimandano a un passato di cui è impossibile essere fieri. Una situazione non tanto diversa rispetto a quella vissuta dai Washington Redskins – franchigia NFL che ha cambiato nome e logo perché ritenuti discriminatori nei confronti dei nativi americani – e di altre società sportive americane.

Il Guardian, con grande realismo, ha quindi rinnegato e condannato le sue stesse origini pur di raccontare questa storia. E ha anche sottolineato come e perché ci siano altri club inglesi che hanno il disegno di un’imbarcazione sul loro stemma, ma nel loro caso non è inopportuno: il Tranmere Rovers ha una nave da guerra, ma in realtà è un richiamo all’eredità cantieristica della città; il Grimsby Town ha un peschereccio, e non c’è bisogno di spiegare perché; il Plymouth Argyle ha una riproduzione dei Mayflower, semplicemente perché da Plymouth partì la nave dei Padri Pellgrini verso le Americhe. È chiaro, quindi, che nessun’altra nave del calcio inglese abbia una relazione con la tratta degli schiavi. Anzi, in questo senso il Guardian ha anche chiarito come le squadre delle città portuali direttamente coinvolte nella schiavitù – Bristol, Londra e Liverpool – abbiano opportunamente evitato di inserire navi o barche stilizzate nei loro stemmi. Manchester, a sua volta, ha avuto dei benefici indiretti dalla schiavitù, visto che i lavori di costruzione del del suo accesso diretto al Mare d’Irlanda – il Manchester Ship Canal – sono finiti nel 1894. Ma è pur vero che lo sviluppo della città è indissolubilmente legato a quella fase storica. Di conseguenza, la nave potrebbe essere vista e percepita come il simbolo di un passato sconveniente.

Non tutti, ovviamente, sono pronti a staccarsi da una tradizione così radicata. Intervistato dal Guardian, il vicepresidente del consiglio comunale di Manchester, Luthfur Rahman, ha detto che «il passato della nostra città è complesso mix di storie, vite e voci. Come comune, siamo nel mezzo di un progetto a lungo termine iniziato nel 2020 per evidenziare e riflettere su alcune vicende, anche oscure, che ci hanno reso quello che siamo. Il nostro obiettivo è l’istruzione e l’apprendimento, piuttosto che lo sradicamento del passato della città». Anche il sindaco Andy Burnham si è espresso utilizzando toni e contenuti simili: «Non spetta a me pasticciare con i loghi dei nostri club sportivi, né con lo stemma del consiglio comunale. Ma è mio compito aiutare a costruire un’identità moderna, condivisa e positiva nella Greater Manchester». Parlando di questa identità moderna, Burnham ha citato quello che è il secondo simbolo riconosciuto della città: un’ape. Anche qui c’è una lunga storia da raccontare: le api rappresentano una metafora perfetta dell’industria, con la loro operosità, l’abilità nel lavorare in squadra, la solidarietà, la prosperità e la generosità, e quindi sono da sempre accostate a Manchester. Uno dei progetti più avveniristici per il futuro della città, il network di trasporti che potrebbe inglobare bus, tram e piste ciclabili, è stato chiamato proprio Bee Network. Ma forse è ancora troppo presto per pensare a un cambiamento così radicale: le dirigenze del Manchester City e del Manchester United non hanno voluto commentare l’eventualità di cancellare la nave dai propri stemmi e/o di sostituirla con un’ape. Ma il fatto che se ne parli è già significativo.