La Ligue 1 è il posto migliore per crescere, se sei un attaccante

Jonathan David, Folarin Balogun, Loïs Openda e non solo: le punte del futuro sono una delle grandi attrazioni del campionato francese.

Per chi non lo sapesse, Geoffrey Moncada ha avuto e ha un ruolo fondamentale nella costruzione del Milan campione d’Italia e semifinalista di Champions League. In un’intervista a L’Équipe, proprio Geoffrey Moncada ha detto che «i giovani, in Francia, non hanno paura di sbagliare. Perché non ha importanza se sbagliano. In Spagna, Germania o Italia non è così. Un calciatore italiano, per esempio, se commette un errore si dirà che non è pronto e finirà per un bel po’ di tempo in panchina. In Ligue 1, invece, tutto questo non succede». Uno dei primi acquisti suggeriti da Moncada al Milan è arrivato proprio dal campionato francese, e ha avuto un impatto piuttosto significativo sul nostro campionato: stiamo parlando ovviamente di Rafael Leão, preso dal Lille nell’estate 2019. Anche Victor Osimhen, il capocannoniere della Serie A, il trascinatore della squadra che sta per vincere lo scudetto, arriva dal Lille. Magari non è un caso.

Per potersi esprimere al massimo, per crescere e maturare, un giovane calciatore non necessita solo di stare molto tempo in campo, ma anche di sorreggere un carico di pressioni non esagerato, di un po’ di spensieratezza. Quella spensieratezza che proprio Rafa Leão, per esempio, esprime in un perenne sorriso che lo rende quasi sfacciato nello sfidare i momenti più complicati, nel tentare le giocate più impensabili. Forse, chissà, questo atteggiamento nasce proprio dal suo passaggio in Ligue 1 dopo gli esordi con lo Sporting Lisbona. Si tratta ovviamente di una suggestione, ma quel che è certo è che da diversi anni gli attaccanti più promettenti del calcio europeo vengono cresciuti e allevati nel campionato francese. E il trend sembra destinato a confermarsi. Qualche nome per il futuro? Jonathan David, canadese del Lille, è sulla lista dei potenziali obiettivi di tutti i top team europei; Folarin Balogun, in prestito dall’Arsenal allo Stade de Reims, ha già segnato 18 reti; Loïs Openda sta guidando il suo Lens verso un’incredibile qualificazione in Champion League. E non è tutto.

Trovare, creare e plasmare giovani punte sta diventando non solo una tradizione virtuosa, ma anche il leitmotiv di una nuova Belle Époque del campionato francese, la strada per la rinascita della Ligue 1 dopo un lungo periodo di crisi congiunturale. Gli attaccanti giovani della Ligue 1 sono stati allevati nella rete delle accademie federali, come Kolo Muani, oppure sono stati scovati nei campionati esteri, come i già citati Osimhen e Leão, ma in ogni casa sono sempre molto atletici, sanno aggredire gli ampi spazi lasciati dalle difese e così convertono il loro alto potenziale in gol segnati. Come Jonathan David, che ha già raggiunto quota 21 reti nel campionato in corso. David è elettricità pura, forza e velocità allo stesso momento. Ma è anche un calciatore estremamente intelligente, in grado di intuire la mossa giusta prima di tutti gli altri giocatori in campo, fluttuando negli ultimi 20 metri della trequarti avversaria, da destra a sinistra, creando varchi per sé e per i compagni. David ha stupito fin dal suo arrivo in Francia, nella stagione 2020/21, quella degli stadi deserti a causa della pandemia: arrivato dal Gent per sostituire Osimhen, appena passato al Napoli, orbitava liberamente intorno a Burak Yilmaz e viveva di tagli esplosivi alle spalle dei difensori. Oggi gioca da unica punta ed è un terminale offensivo completo, sempre eccellente in campo aperto ma a suo agio anche in area di rigore, praticamente pronto per giocare da titolare – ed essere decisivo – in qualsiasi squadra d’Europa.

I primi 50 gol di David con la maglia del Lille

«Consiglierei a tutti i giovani di venire qui». Queste parole sono state pronunciate da Folarin Balogun, attaccante dello Stade Reims classe 2001. La sua è una carriera atipica: ha origini nigeriane, è nato a New York ma è cresciuto a Londra; ha avuto pochissime occasioni con Middlesbrough e Arsenal, così ha deciso di accettare il prestito al Reims, squadra in cui è letteralmente esploso. Merito anche del calcio veloce e direttissimo di Will Still, della pressione alta – a cui l’attaccante inglese partecipa molto e bene – e di un blocco medio estremamente compatto. Balogun, che anche palla al piede ha ottime qualità, si esalta muovendosi continuamente, aprendo il campo ai passaggi dei compagni. Che, dopo aver recuperato la palla a metà campo, possono lanciarla in praterie vuote riempite in pochi attimi da Balogun e dal difensore che lo sta seguendo, solo che Balogun è sempre davanti a tutti.

Proprio come è successo al Parco dei Principi lo scorso 29 gennaio. Al 96esimo, il 2003 Kamory Doumbia, dopo aver recuperato il pallone nel traffico, lascia partire un passaggio che segue perfettamente la linea verticale tracciata dall’esplosività fisica di Balogun, che si ritrova inseguito da Marquinhos e Sergio Ramos, a tu per tu con Donnarumma: dribbling e gol, 1-1 all’ultimo respiro. I tifosi del PSG cadono in un silenzio irreale, forse perché non abituati a questo genere di situazioni in campionato, e che fa da contrasto alle urla e ai saltelli di Will Still:

In effetti il silenzio del Parco dei Principi è davvero incredibile

Loïs Openda ha caratteristiche diverse: è un giocatore più spettacolare, meno fisico ma incredibilmente agile. Svaria per tutto il campo, rimbalzando da un lato all’altro o galleggiando sulla linea del fuorigioco per poi attaccare la profondità. Dopo gli anni vissuti in Belgio (dove è nato) e Olanda (al Vitesse) ha scelto di completare la propria formazione in Ligue 1, in un campionato di livello più alto. Nei momenti di difficoltà, quando è chiuso e ingabbiato tra i difensori avversari, Openda sembra saper uscire sempre in modo facile, semplicemente toccando la palla con il tacco. Con la parte posteriore del piede si inventa assist o scarichi impensabili, stop perfetti e dribbling imprendibili.

È grazie a questa sua inventiva che il primo gennaio, contro il PSG, ha segnato un gol che lo racconta alla perfezione: lanciato verso la porta da un lancio dell’ex Udinese Seko Fofana, si è accorto di un intervento in scivolata di Marquinhos e allora ha all’improvviso la corsa, rimanendo in precario equilibrio; a quel punto, grazie a una sterzata secca proprio con il tacco, si è ritrovato in posizione comoda per segnare. Donnarumma non ha potuto farci niente e Openda ha portato il Lens a una vittoria storica.

Tutti i calciatori sognano di fare una finta così, una volta nella vita

In Ligue 1 sta brillando anche Elye Wahi, classe 2003 del Montpellier. Wahi fa parte della nuova generazione di attaccanti francesi e, come Kylian Mbappe e Kolo Muani e tanti altri campioni affermati, non solo attaccanti, è nato nella periferia di Parigi. Molti dei talenti grezzi scovati intorno alla Capitale sono stati cooptati nella rete di centri formativi creata dalla Federazione, 37 accademie e 22 hub d’allenamento dove le grandi abilità individuali vengono plasmate perché possano essere utili al collettivo, a una squadra. In questi laboratori, come dice Gerrard Bonneau, ex scout del Lione, nasce il prototipo di attaccante francese: «Un giocatore in cui coesistono atletismo ed eccellenza tecnica, capace di adattarsi a qualsiasi sistema di gioco e utilizzare i due piedi». Queste parole potrebbero essere la descrizione perfetta di Elye Wahi, già arrivato alla seconda stagione di Ligue 1 in doppia cifra – quest’anno siamo a quota 13 gol. Wahi fa del tempo una propria arma, nel senso che cerca di rubare attimi a difensori e portieri, quando può calcia di prima intenzione, ma ha anche un unico tocco di palla estremamente sensibile. E poi ha un grande senso della posizione, qualità che gli permette di segnare davvero in ogni modo.

Potremmo andare ancora avanti: Amine Gouri, esterno del Rennes, e Thijs Dallinga, centravanti olandese del Toulouse, sono entrambi classe 2000 e hanno segnato più di 10 gol. Ma come loro, tanti altri grandi talenti offensivi stanno dominando il campionato francese. E promettono di andarsi a prendere il calcio europeo, di diventare una generazione di centravanti formati per segnare ovunque, in qualsiasi competizione. È sempre più evidente che la Ligue 1 sia il contesto migliore per crescere e mettersi in mostra, perché è un ambiente tattico che lascia spazio alle individualità, in cui c’è minore pressione psicologica, in cui le società promuovono e assecondano lo sviluppo dei giovani. Soprattutto degli attaccanti, i profili che sul mercato valgono di più. Anche questo, a ripensarci bene, non può essere un caso.