Una partita di tennis tra Roger Federer e David Foster Wallace

Un estratto del libro Atlante della fine del mondo di Davide Morganti.

In Oman, a Mascate, è tutto pronto. Il campo da tennis è stato costruito in meno di tre mesi, una gigantesca copertura elettronica per difendersi dal caldo: impianto climatizzato, ogni tipo di software disponibile, bar, ristorante, libreria, sedie termiche, immagini dei grandi campioni del tennis come Borg, Agassi, Edberg, Sampras, Nadal, Laver nella hall che si presenta come l’ingresso di un albergo di lusso; obbligatorio arrivare vestiti di bianco come i tennisti degli anni Trenta, il completino si trova anche all’ingresso della struttura ed è acquistabile per pochi riyal. Le luci artificiali si modificano automaticamente a seconda del difetto della vista dello spettatore, la correzione avviene quasi senza accorgersene, inoltre le palline hanno un microchip che permette di vederle con nitidezza. Merito di Qabus ben Said che aveva voluto la costruzione del campo da tennis, più grande dell’Arthur Ashe, dopo aver saputo del tentato suicidio di David Foster Wallace – la misericordia non aspetta la fine del mondo, aveva detto a un giornalista polacco; il sultano è un suo grandissimo fan tanto da aver imparato alla perfezione l’inglese per leggere Infinite Jest e tutti gli altri testi dello scrittore americano.

Il pubblico ha già riempito gli spalti dalle dieci del mattino, venticinquemila persone non aspettano altro che vedere la partita, un incontro di cui ha parlato il mondo intero. Qabus ben Said ha proibito che le televisioni riprendano la partita, i dollari non gli interessano ‒ la sua preoccupazione è un’altra: continuare a leggere David Foster Wallace, se fosse morto, dopo aver saccheggiato gli inevitabili libri postumi, non sarebbe rimasto null’altro e dal momento che lo scrittore ha quarantasei anni ne ha ancora da scrivere. Non sono stati ammessi nemmeno i giornalisti, il pubblico è di soli appassionati o curiosi omaniti e il servizio d’ordine così imponente da mettere in soggezione quanti arrivano al campo.

A un certo punto si solleva un brusio che travolge l’impianto, poi esclamazioni di gioia, infine applausi: è appena entrato Roger Federer, il tennista svizzero saluta con gesto timido, un po’ impacciato, sistemando il borsone sulla sua spalla mentre si avvia alla sua sedia dopo aver stretto la mano al giudice di sedia, Muhammad ben Nasri. Il pubblico lo guarda con curiosità e in Federer non c’è né compiacimento né altezzosità, piuttosto una riservatezza estrema che lo porta a provare quattro-cinque racchette prima di sceglierne una. La temperatura interna è di 23°, mentre all’esterno ce ne sono 42. Qabus ben Said se ne sta nel suo palco d’onore in compagnia dei suoi familiari aspettando anche l’altro giocatore, che appare pochi istanti dopo ‒ la fascia nei capelli, grosso fisicamente, una faccia bonaria, David Foster Wallace avanza sul campo deciso, salutando il pubblico e Qabus con un leggero inchino poi si gira verso una zona della tribuna e, contraendo i muscoli della faccia, prova a riparare gli occhi, intravede un uomo basso e grasso, capelli tagliati male sulla nuca, vestito con un completo marrone, tenendo una busta di popcorn in mano, vorrebbe dirlo a tutti poi preferisce tacere, direbbero che è uno scrittore, che è matto, che lui ha la depressione; in silenzio, provando a sorridere, passa davanti a Federer e va a sedersi dopo aver salutato il giudice di sedia. Tira fuori una racchetta, toglie l’involucro e si avvia a fondo campo, seguito da Federer. Parte un applauso. Da oltre le linee arrivano le palle e i due cominciano a scambiare qualche colpo di riscaldamento. Federer traccia il suo elegante e miracoloso rovescio a una mano, mentre Wallace risponde con precisione di dritto. Non ha lo sguardo triste di chi è svuotato dalla depressione, i colpi partono tosti, gagliardi, poco ortodossi ma efficaci, dall’altro lato della rete Roger Federer con inavvertita bellezza risponde senza sforzo.

«Roger Federer è un picchiatore di prima categoria, uno dei più agguerriti. Il fatto è semplicemente che lui non è soltanto questo, è anche la sua intelligenza, la sua capacità occulta di anticipare gli eventi, il suo senso del campo, la sua capacità di interpretare e manipolare gli avversari, di mescolare effetto e velocità, di sviare e mascherare, di usare capacità di visione tattica, vista periferica e gamma cinestetica invece della semplice potenza meccanica, e tutto questo ha messo in mostra i limiti, e le possibilità, del tennis maschile così come viene giocato oggi. Roger Federer sta dimostrando che la velocità e la potenza del tennis professionistico odierno sono semplicemente lo scheletro, non la carne. Federer, in senso figurato e in senso letterale, ha reincarnato il tennis maschile, e per la prima volta da anni il futuro di questo sport è imprevedibile». David Foster Wallace

Muhammad ben Nasri dà il time, si comincia. Batte Wallace. Il corpo dello scrittore, leggermente appesantito dai farmaci e dall’età, imprime un taglio alla pallina che rimbalza sul cemento provocandole un balzo perfido che Federer riesce a tenere a bada con un colpo piatto di dritto. Wallace rincorre la palla con le gambe pelose, colpisce violentemente spingendo un top spin ben arrotato che però Federer controlla facilmente, sparando un back spin di rovescio che lo scrittore può solo ammirare. La partita prosegue, tra mirabilie di Federer e resistenza di Foster Wallace, per circa un’ora e nove minuti (si è sul 6-3 3-1 Federer, 40-15 servizio di Foster Wallace) quando avviene uno scambio piuttosto lungo di colpi da fondo campo, il caratteristico andamento a farfalla del tennis da picchiatori che predomina ai giorni nostri, con Federer e Foster Wallace impegnati ognuno dei due a far correre l’avversario da un lato all’altro del campo, cercando di trovare il colpo vincente ‒ fino a quando, improvvisamente, Federer tira fuori un potente rovescio incrociato che costringe Foster Wallace a decentrarsi alla sua sinistra: ci arriva, in allungamento col rovescio, ma il tiro esce corto e tagliato, mezzo metro oltre la linea di battuta e mentre Foster Wallace si scalmana per cambiare direzione e recuperare la posizione centrale, Federer si fa sotto per prendere la palla corta di controbalzo e la scaglia con forza nello stesso angolo di prima, per cercare di prendere Foster Wallace in contropiede, e in effetti ci riesce: Federer è ancora vicino all’angolo, ma sta correndo verso il centro, la palla ora è diretta verso un punto dietro di lui, dove stava appena un attimo fa, e non c’è tempo di girare il corpo, Federer segue il colpo scendendo a rete sul rovescio ‒ ed ecco che Foster Wallace, non si sa come, riesce a invertire istantaneamente la spinta, arretra di tre o quattro passi quasi saltellando, a velocità impossibile, e colpisce la palla di diritto sul suo lato di rovescio, con tutto il peso spostato all’indietro, e quel diritto è un top spin lungolinea da urlo, Federer, sceso a rete, si protende per cercare di intercettarlo, ma la palla lo supera, corre lungo la linea e va ad atterrare esattamente sull’angolo destro del campo di Federer, conquistando il punto, con Foster Wallace che ancora sta danzando all’indietro quando la palla tocca terra. Segue il consueto, breve secondo di silenzio attonito prima che la folla esploda.

«La bellezza non è l’obiettivo degli sport di competizione, ma lo sport di alto livello è uno degli ambiti in cui la bellezza umana ha le maggiori probabilità di esprimersi. Il rapporto è più o meno quello che intercorre fra il coraggio e la guerra. La bellezza umana di cui parliamo in questa sede è una bellezza di tipo particolare: la potremmo chiamare bellezza cinetica. La sua forza e il suo fascino sono universali. Non ha niente a che vedere con il sesso o i modelli culturali. Sembra legata, in realtà, alla riconciliazione degli esseri umani con il fatto di avere un corpo». David Foster Wallace

Qabus ben Said, osservato dai venticinquemila, si alza in piedi strabiliato dallo scrittore: ha riprodotto l’esatto punto degli US Open 2005 che lo svizzero fece contro Agassi. Foster Wallace è evidentemente commosso, si asciuga la faccia mentre, di fronte, un esterrefatto Roger Federer ha le mani sui fianchi per la fatica. Vanno a sedersi attoniti, lo scrittore beve un energetico dal colore verde, lo svizzero, invece, resta immobile, gli occhi fissi come fossero dipinti, non si accorge che sugli spalti il pubblico ancora applaude quel punto. Il suo corpo è rigido, i muscoli affaticati tanto da perdere il set 7-6 (10-8). Qabus fa un segno, la partita è sospesa, sarà ripresa il mattino dopo alle 11. E l’avrebbe fermata ancora molte volte, anche dopo pochi game, fino a quando la malattia mentale di Foster Wallace non fosse tornata nella sua maledetta tana per rimanerci più tempo possibile.

Federer si avvicina allo scrittore, gli fa i complimenti: «Sei stato straordinario». David Foster Wallace sorride, abbassa la testa, ha i muscoli che gli fanno un gran male, si muove a fatica. «Spero tu stia meglio, David, abbiamo bisogno di te». Foster Wallace sbuffa piano, cerca di riprendere fiato e ancora non ci crede di aver vinto un set contro quel genio sportivo. «N.S.S.C.L.F.A.», risponde alla fine. Federer cerca di non mostrare la sua sorpresa, aggrotta le sopracciglia come per dire che non ha ben capito e se può ripetere, ma solo se gli va. Lo scrittore storce la bocca rassegnato, sospira triste, senza più quella tenue gioia iniziale, pare afflosciarsi forse per la fatica, non gioca a tennis da tempo: «N.V.D.N.M.R.C.N.E.F.P.M.». L’unico capace di comprenderlo è Qabus ma non si muove dal suo posto, come tutti ammira i due che continuano a rimanere in campo, sotto lo sguardo del giudice di sedia e di quelli di linea. Federer si sente in imbarazzo, forse lo scrittore sta peggiorando, avverte una fitta al fianco, si piega di lato. «Comunque sei un tennista eccellente, non lo avrei mai creduto, picchi quasi come Nadal, ho il braccio che mi fa male». David allarga le braccia e fa un giro su se stesso, come per dire capito che giocatore sono? Poi ride fragorosamente, sibilando, pugno al cielo, uno yuhuhhh!

«T.S.L.M.D.T.L.A.C.D.E.T.G.U.S.L.T.F.D.S.T.S.E.D.D.». Le vocali e le consonanti escono flebili e insensate, una sequenza di lettere che sono appena udibili dal tennista svizzero. «Vado a fare la doccia», dice Federer, convinto che David Foster Wallace sia in crisi «mi hai fatto sudare, amico mio, se non ceniamo insieme stasera con Qabus allora ci vediamo domani». David Foster Wallace annuisce lentamente, si aggiusta i capelli sotto la fascia, gli poggia la mano sulla spalla e infine dice: «I.D.V.E.A.».

Epilogo

David Foster Wallace era un appassionato di acronimi, come dimostrano i suoi libri e i suoi saggi. In Oman lo scrittore americano e Roger Federer rimasero tre mesi e quattro giorni a giocare la partita di tennis (terminò un tardo pomeriggio di luglio 6-3 6-7 6-7 7-5 6-0 in favore dello svizzero), interrotta una mattina dopo soli tre punti, sul 15-30 Federer, da Qabus ben Said per aver visto Foster Wallace in stato di alterazione. L’ultimo set, quando il destino di quella partita pareva segnato, durò quasi un mese nel vano tentativo che Foster Wallace avesse una reazione ma non ci fu, lo scrittore raccolse la miseria di nove punti complessivi e mai per un colpo vincente, anche se Federer giocava piano e poco convinto.

Foster Wallace in quel periodo parlava solo con acronimi; la sconfitta, dopo la stretta di mano a Roger Federer, però lo aveva destato dal suo torpore, cominciò di nuovo a parlare correttamente, pareva un uomo felice, contento, spiritoso, brillante, assai loquace a tavola; fece ritorno negli Stati Uniti dopo aver scritto un articolo sulla gioia che aveva provato a giocare con il più grande di tutti. Credendolo guarito Qabus ben Said, prima di congedarlo all’aeroporto, si fece promettere che avrebbe scritto ancora tanti altri romanzi, ma alla fine lo scrittore si uccise nella sua casa. Ringraziamo sua eminenza Qabus ben Said per aver tradotto gli acronimi presenti in questa edizione così come Federer li ricorda:

N.S.S.C.L.F.A.: Non So Se Ce La Farò Amico.

N.V.D.N.M.R.C.N.E.F.P.M.: Non Voglio Deludere Nessuno Ma Rimanere Credimi Non È Facile Per Me.

T.S.L.M.D.T.L.A.C.D.E.T.G.U.S.L.T.F.D.S.T.S.E.D.D.: Tu Sei La Metafisica Del Tennis L’Armonia Che Dovrebbe Esserci Tra Gli Uomini Sei La Tesi Fondamentale Di San Tommaso Sull’Esistenza Di Dio.

I.D.V.E.A.: Io Domani Voglio Esserci Ancora.

Un estratto del libro Atlante della fine del mondo di Davide Morganti, edito da Marotta&Cafiero