Il Bayern Monaco ha intervistato Henry Kissinger per i suoi 100 anni

Uno degli uomini più influenti del XX secolo, ma anche un grande appassionato di calcio.
di Redazione Undici

Se guardiamo al Dopoguerra, pochissimi uomini sono stati più potenti e influenti di Henry Kissinger. Basterebbe dire che è stato Segretario di Stato americano durante le presidenze di Richard Nixon e Gerald Ford, e che nel 1973 ha vinto il Premio Nobel per la Pace. Il suo impatto nella politica estera degli USA è stato determinante e controverso, e questa non è certo la sede giusta per approfondirlo. Alla vigilia del 100esimo compleanno di Kissinger, però, c’è tanto da dire e tanto da ricordare dal punto di vista sportivo: parliamo infatti di uno dei primissimi visitatori americani accolti in Cina dopo il successo della Ping Pong Diplomacy, dell’uomo che ha chiamato Bobby Fischer per convincerlo a sfidare il russo Boris Spassky, scacchista campione del mondo in carica, in piena Guerra Fredda, di una figura decisiva per l’assegnazione del Mondiale 1994 agli Stati Uniti. Proprio quest’ultimo aspetto tradisce una delle grandi passioni di Kissinger: il calcio. Non era raro vedere l’ex Segretario di Stato americano in tribuna a vedere la Juventus, considerando anche la sua profonda amicizia con Gianni Agnelli, ma le sue due squadre del cuore sono il Fürth, espressione della città tedesca in cui è nato, e il Bayern Monaco.

Proprio il Bayern ha deciso di fare un’operazione senza precedenti: per celebrare i 100 anni di Kissinger, l’ha intervistato e ha pubblicato le sue parole sul suo sito internet. Kissinger ha parlato del suo rapporto con il calcio e di diverse figure che l’hanno ispirato, tra cui spicca l’uomo-Bayern per eccellenza: Frank Beckenbauer. Questi sono alcuni dei passaggi più interessanti: «Il calcio ai massimi livelli è complessità mascherata da semplicità. Chiunque può giocarci, non serve una grande attrezzatura, ma in realtà è un gioco difficilissimo. È anche molto diverso dagli sport con cui gli americani hanno più familiarità, vale a dire il football americano e il baseball. Tutti gli undici giocatori devono avere le stesse abilità, specialmente nel calcio moderno dove la distinzione tra attaccanti e difensori è scomparsa. Poiché è un gioco continuo, non può essere suddiviso in momenti diversi: il football americano e il baseball ispirano attraverso la perfezione delle loro ripetizioni, il calcio attraverso l’improvvisazione di soluzioni a necessità strategiche in continua evoluzione».

Sul senso e l’importanza del calcio, per lui e in assoluto: «Il calcio garantisce una dipendenza per tutta la vita da un mix di speranza, miseria ed euforia che può fissare, assecondare e anche superare le aspettative di ogni individuo. È un gioco meraviglioso per le masse, che possono identificarsi pienamente con le loro passioni, i loro trionfi improvvisi e le loro inevitabili delusioni. Sono stato fortunato, visto che sono rimasto costantemente a contatto con questo mondo. Io e Pelé abbiamo provato a portare la Coppa del Mondo del 1986 negli Stati Uniti, poi ci siamo riusciti otto anni dopo». Su Beckenbauer e altri campioni: «Ci sono partite che sono plasmate da alcuni giocatori, soprattutto durante un Mondiale: Pelé nel 1970, Diego Maradona nell’86, Zinedine Zidane nel ’98. Non dimenticherò mai la suddetta partita del secolo ai Mondiali del 1970 in Messico. Anche la finale dei Mondiali dello scorso dicembre è stata una grande partita, un meraviglioso apice di creatività calcistica. Franz Beckenbauer continua ad essere una figura che ispira le persone, soprattutto di questi tempi: l’ho visto giocare per la prima volta quando ha guidato la nazionale tedesca alla vittoria per 2-1 nella finale dei Mondiali 1974, guidava la difesa da libero ma dava anche profondità al suo ruolo,  si sganciava in avanti, veva una straordinaria capacità di distribuire la palla ai suoi compagni di squadra in un modo creativo ma naturale nell’esecuzione».

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