Tutti vogliono Davide Frattesi

Il centrocampista del Sassuolo è accostato alle big di Serie A, e non è un caso.

Al 20esimo minuto del primo tempo della semifinale di Nations League tra Italia e Spagna, non era difficile immaginare che, dovunque si trovasse in quel momento, il ds del Sassuolo Andrea Carnevali stesse sfoggiando il suo miglior sorriso: Davide Frattesi aveva appena segnato un gol alla Frattesi – cioè attaccando l’area di rigore per vie centrali con una corsa senza palla di 40 metri in verticale – e così i quasi 40 milioni richiesti per portarlo via dal suo club non sembravano più così fuori dal mondo, anzi. L’intervento del VAR e dell’arbitro Slavko Vincic avrebbero poi negato a Carnevali il sogno di giocare al rialzo apponendo la postilla “ha segnato alla Spagna” al cartellino del giocatore, così come all’Italia la rete del 2-1. Ma, almeno per quanto riguarda la postilla, è stato sufficiente aspettare un po’: tre giorni dopo, nella finalina per il terzo posto tra Italia e Paesi Bassi, Frattesi ha segnato ancora. E poi ha pure fornito l’assist per la rete di Federico Chiesa nel secondo tempo. A fine gara, poi, è arrivata inevitabile la domanda più scontata, quella sul suo futuro, su dove giocherà la prossima stagione: «Per quanto riguarda il mercato dovete chiedere a Carnevali, sennò poi mi manda i messaggi. Ma posso dire che dopo l’anno scorso sono abbastanza tranquillo, a queste situazioni e alle varie voci ho ormai fatto il callo».

Davide Frattesi è l’uomo nuovo del calcio e del calciomercato italiano, il pezzo pregiato di un’estate da vivere presumibilmente in tono minore a causa di una situazione economica per cui le big di Serie A non avrebbero le risorse per permettersi uno come Frattesi, ma devono comunque trovare il modo di acquistarlo. Perché poche volte, se guardiamo alla storia recente, un calciatore è stato così adatto praticamente a tutte le migliori squadre di Serie A, che a sua volta si sono già interessate a lui. Come ha fatto notare Giuseppe Pastore nel suo podcast sulla piattaforma Cronache di Spogliatoio, tutti avrebbero bisogno di lui: l’Inter, per sopperire all’eventuale partenza di Barella in direzione Premier League; il Milan, che è alla ricerca di un trequartista atipico in grado di garantire un miglior contributo realizzativo rispetto a Brahim Díaz; la Juventus, che necessita di un “piano B” qualora non riuscisse a trattenere Rabiot; la Lazio, che sta cercando di dare a Sarri la mezzala che chiede da tempo; la Roma, la squadra che lo ha spedito a Sassuolo in cambio di Gregoire Defrel, che aggiungerebbe volentieri alla sua rosa qualcuno che all’occorrenza possa giocare sia accanto a Matic in un centrocampo a due che alle spalle della prima punta in assenza di Dybala; il nuovo Napoli di Garcia, che potrebbe finalmente trovare una risposta a tutti quei problemi che Piotr Zielinski non è mai riuscito a risolvere.

Quest’idea di giocatore buono per tutte le stagioni e per tutte le squadre dipende soprattutto dalla percezione che Frattesi dà di sé, di quello che può e vuole diventare in relazione ai suoi limiti e alle sue potenzialità. In un mondo di dichiarazioni standardizzate in cui chiunque si dice pronto a mettersi a disposizione del mister per giocare ovunque ci sia bisogno, il centrocampista del Sassuolo ha più volte ribadito che la scelta del nuovo club «è una scelta importante, e per questo vanno fatte considerazioni anche in base al modulo in cui andrei a giocare. Un centrocampo a tre con la mezzala è sicuramente diverso rispetto a un centrocampo a due». E anche quando dice di voler restare in Italia perché «non sono ancora pronto per la Premier League» è come se volesse rendere tutti partecipi di questo suo costante processo di auto-analisi, della consapevolezza che lo accompagna per ciò che riguarda il percorso e il lavoro che c’è ancora da fare per essere considerato un giocatore davvero completo e davvero forte. «Nella mia carriera sono sempre andato avanti per step. Nella mia testa in questo momento c’è l’idea che bisogna fare prima un passaggio in una squadra italiana e poi solo dopo andare fuori: prima o poi ci andrò, ma bisogna andarci pronti», ha detto.

Davide Frattesi compirà 24 anni a settembre ed è già perfettamente cosciente della sua attuale dimensione di mezzala box-to-box che dà il meglio quando può attaccare gli spazi alle spalle delle linee di pressione degli avversari. Parliamo quindi di un centrocampista estremamente diretto, verticale, che non ha bisogno di toccare troppo il pallone per incidere nella fase di possesso, che costruisce il successo dei suoi inserimenti basandosi sull’istinto, sulla capacità di prevedere in anticipo la zona migliore da occupare in base allo sviluppo dell’azione. Sono queste le qualità che gli hanno permesso non solo di raddoppiare il suo massimo di reti in carriera alla seconda stagione in Serie A – passando da quattro a sette gol in un numero pressoché equivalente di presenze – ma anche di distribuirle meglio nell’arco dell’intera stagione rispetto al 2021/22, quando arrivarono tutte nel girone d’andata.

Quello realizzativo è – inevitabilmente – l’aspetto più raccontato e vistoso del suo gioco, ma è anche quello che nasce e si sviluppa su presupposti e condizioni opposte rispetto a quest’idea di visibilità: Frattesi è un attaccante-ombra nel senso letterale del termine, uno di quelli che non è possibile vedere arrivare, che compare nell’inquadrata soltanto quando colpisce a rete a botta sicura di destro, di sinistro e di testa, spesso di prima e non per forza da quello che viene comunemente definito “lato cieco”. Guardando il video di tutti i gol che ha realizzato in questa stagione, il filo conduttore è proprio questa sua capacità di sparire e riapparire al momento giusto, di sfruttare la naturale attrazione esercitata dal pallone per massimizzare gli effetti dei suoi inserimenti. Fa eccezione, in questo senso, la rete realizzata nel 5-2 di San Siro contro il Milan, che evidenzia altri due dettagli tecnici spesso taciuti quando si parla di Frattesi: l’esuberanza fisica con cui è in grado di dare un dinamismo diverso e ulteriore alla fase di pressing, la qualità nel primo controllo orientato in corsa che gli permette di mettersi sempre nella condizione ideale per calciare in porta con percentuali alte.

È stata una buona stagione, per Davide Frattesi

Le qualità atletiche sono ciò che definiscono Frattesi anche nella metà campo difensiva, al di là del modo in cui cambia e orienta l’intensità della pressione della propria squadra durante il possesso altrui. La sua tensione verticale lo porta spesso a difendere – anzi: ad aggredire – in avanti in maniera naturale, uscendo forte in anticipo sulla mezzala opposta, ma non è raro vederlo temporeggiare nell’uno contro uno contro l’esterno avversario, forzando l’allungo dal lato del piede debole per poi sradicare il pallone con un tackle o frapponendosi sulla direttrice di corsa. L’elasticità nello scatto e nella progressione, inoltre, permette a Frattesi di coprire ampie porzioni di campo anche quando si tratta di correre all’indietro nelle transizioni negative, rendendolo di fatto un jolly prezioso per qualsiasi squadra che vuole dominare la partita. Considerarlo solo come un giocatore di sistema è perciò limitante, soprattutto nella misura in cui l’inclusione in questa categoria viene fatta dipendere dall’idea che non possa mai essere più della mezzala tutta corsa e inserimenti che è già oggi.

Non a caso, al termine delle Final Four di Nations League, proprio Frattesi ha detto che «è sempre meglio giocare anche solo due partite di questo tipo che 30 nel campionato italiano, perché il livello è completamente differente». Con queste parole, di fatto, ha anticipato quelli che saranno i criteri con cui sceglierà dove giocare: nello specifico, per una squadra che gli possa garantire un salto di qualità per ciò che riguarda la pressione e il livello delle competizioni da disputare e che, al contempo, gli permetta di mettersi alla prova all’interno di sovrastrutture tattiche più complesse senza andare a intaccare quelle che sono le sue qualità e i suoi punti di forza.

Il compromesso ideale, perciò, sembra essere rappresentato da ciò che in questo momento hanno da offrirgli Milan e Inter. Nel 4-2-3-1 fluido di Pioli, Frattesi potrebbe diventare il “Kessié wannabe” che è tanto mancato ai rossoneri nell’ultima stagione, esaltandosi nell’aggressione degli spazi e delle seconde palle generate dal lavoro sporco di Giroud, oppure trasformandosi nel finalizzatore ideale dei cross bassi e forti con cui Leão taglia in due l’area di rigore dopo aver spezzato il raddoppio sull’esterno. Nel 3-5-2 di Inzaghi, invece, ritroverebbe automatismi e verticalità che gli sono già congeniali, e poi avrebbe la possibilità di migliorare nel consolidamento del possesso associandosi alternativamente a Brozovic e Çalhanoğlu: «La costruzione di gioco e l’ultimo passaggio sono due delle cose su cui sto lavorando e in cui devo migliorare» aveva detto nella conferenza stampa prima della partita contro la Spagna.

Questi motivi di campo, poi, sono gli stessi che gli “sconsiglierebbero” un approdo alla Juventus o alla Roma, seppur per motivi diversi: quella di Allegri è una squadra che fatica tantissimo a risalire il campo per vie centrali e che occupa poco e male l’area di rigore, quindi Frattesi dovrebbe trasformarsi in un giocatore che non è mai stato, cioè uno da strappi e conduzioni prolungate palla al piede; a Roma, invece, volendo escludere l’utilizzo tra i due di centrocampo – ruolo che non occupa dai primi mesi della stagione 2021/22, quando Dionisi lo utilizzava accanto a Maxime Lopez – Mourinho potrebbe impiegarlo o come alternativa a uno tra Pellegrini e Dybala, oppure utilizzando Dybala sul centro-sinistra, in modo da liberare l’ultimo terzo di campo al nuovo arrivato – con il rischio, però, di perdere qualcosa in termini di rifinitura e soluzioni dal limite dall’area.

Queste indicazioni non sono assolutamente secondarie. Nel calciomercato parlato di oggi, fatto di stereotipi e frasi fatte a uso e consumo di tweet e Instagram stories, Frattesi rappresenta una piacevole eccezione, forse persino un nuovo modo di spiegare e raccontare le trattative utilizzando l’unico metro che dovrebbe contare sempre, cioè quello del campo e delle logiche che lo muovo: «Ho detto al mio procuratore di chiamarmi solo in caso di cose importanti» ha dichiarato non più tardi di una settimana fa. Quali e quante, a questo punto, è solo questione di tempo, cioè di saper aspettare un po’. Esattamente come è avvenuto dopo il gol annullato contro la Spagna per questione di centimetri.