La Uefa ha detto che i contratti dei calciatori non possono essere più lunghi di cinque anni

Fino a quest'anno il regolamento era diverso da Paese a Paese.

Da anni si discute sulla durata massima dei contratti calcistici, sul fatto che alcuni club abbiano proposto e fatto firmare degli accordi lunghi per aggirare le limitazioni imposte dal Fair Play Finanziario. Ecco, da ora in poi non ci saranno più ombre in questo senso: la Uefa, infatti, ha introdotto una nuova norma per cui i contratti potranno avere una durata massima di cinque anni. Nel comunicato della Uefa, viene specificato che, in caso di proroga del contratto, «l’ammortamento può essere ripartito sulla durata del contratto prorogato, ma fino ad un massimo di cinque anni dalla data della proroga». Questa regola entrerà in vigore ufficialmente il prossimo primo luglio, ma non riguarderà i trasferimenti avvenuti prima di questa data.

Il motivo per cui la Uefa è intervenuto è piuttosto chiaro, ed è strettamente legato al concetto di ammortamento: far firmare contratti lunghi permetteva e permette alle società di spalmare su più anni i costi di acquisizione del cartellino di un giocatore. Uno degli esempi più clamorosi è quello relativo al passaggio di Mykhailo Mudryk dallo Shakhtar al Chelsea: il giovane attaccante ucraino ha accettato e sottoscritto un accordo di otto anni, in questo modo il suo nuovo club ha potuto dilazionare il pagamento della cifra concordata con la società ucraina – 88 milioni di euro – e rientrare nei parametri del Fair Play Finanziario. E per quanto riguarda il Chelsea, quello di Mudryk non è stato certo l’unico caso.

In questo modo d’agire non c’era niente di illegale, i regolamenti Fifa lo permettevano: la norma in merito alla durata dei contratti dei giocatori dell’ organo calcistico mondiale, infatti, recita che «i contratti dovrebbero avere una durata massima di cinque anni, a meno che non siano autorizzati a essere più lunghi in base alle leggi di uno specifico Paese». In sostanza, dunque, tutto dipendeva dalla regolamentazione interna delle singole nazioni e permetteva ai club di estendere i propri contratti anche oltre i cinque anni fissati dalla Fifa. Non a caso, viene da dire, anche in passato ci sono stati diversi casi in diversi Paesi: già nel 1979, per esempio, il Bristol City fece firmare accordi di 11 anni a sei dei suoi migliori calciatori in rosa; nel 1998, il passaggio di Denílson dal San Paolo al Betis Siviglia fu siglato sulla base di un contratto lungo dieci anni.

È evidente, dunque, che la Uefa stia cercando di porre un freno, o quantomeno un limite, agli affari di mercato troppo onerosi. Lo ha detto in modo esplicito nel comunicato ufficiale relativo all’introduzione della nuova regola sui contratti: «Per quanto riguarda le operazioni di scambio di calciatori, il regolamento specifica che spetta ai club valutare se un’operazione di trasferimento debba essere qualificata come scambio e in caso dovrà essere contabilizzata in linea con i principi contabili internazionali. Questo approccio mira a evitare che le operazioni di trasferimento avvengano solo con l’intento di gonfiare artificialmente i profitti del trasferimento piuttosto che per scopi sportivi».