Questo Sinner può battere anche Djokovic?

Il fatto che possiamo porci questa domanda, che non sia così assurdo, racconta la grande crescita di Jannik.

Quando venne sorteggiato il tabellone maschile di Wimbledon, non fu complicato comprendere come il fato avesse dato una grossa mano a Jannik Sinner. Da testa di serie numero 8, avrebbe dovuto incontrare nei quarti di finale uno dei primi quattro: Carlos Alcaraz, Novak Djokovic, Daniil Medvedev o Casper Ruud. Gli è toccato Ruud, che una settimana prima del torneo era in barca a curare l’abbronzatura. Ruud ha costruito la sua classifica grazie alla finale di Parigi, è un buon giocatore da terra rossa, valido sul cemento e con nessuna voglia di imparare i movimenti necessari per giocare sull’erba, fosse anche quella molto deteriorata di Wimbledon. Non era difficile immaginare che sarebbe rimasto poco a Londra. Nella parte di tabellone di Sinner, poi, le altre teste di serie erano Daniel Evans e Taylor Fritz. Il primo, Evans, da aprile in poi ha giocato sette partite perdendone sei. L’unica vittoria è arrivata nel Challenger di Surbiton, un club dei sobborghi londinesi che si utilizzano poco prima di Wimbledon per cercare un po’ di confidenza con l’erba; insomma, oggi Evans si potrebbe definire un tennista in pausa, passato a Londra solo per l’assegno del primo turno. Taylor Fritz era senz’altro più pericoloso, l’avversario più temibile che Sinner potesse trovare sul suo cammino: all’inizio di giugno era più avanti nel ranking rispetto a Jannik, ma le inaspettate sconfitte tra Stoccarda, Queen’s e Eastbourne, dove ha vinto solo due partite su cinque, hanno detto che lo statunitense non era certo nel suo miglior periodo. E infatti, salvatosi a stento nel primo turno contro Hanfmann, Taylor ha perso in quello successivo contro Ymer, pur trovandosi avanti di due set. 

Sinner ha avuto un po’ di fortuna anche nel non trovare dele mine vaganti, quei giocatori che magari sono indietro in classifica per ragioni temporanee, infortuni o periodi in cui non gira niente per il verso giusto, ma che sono più forti di molti di quelli che li precedono nel Ranking. Valga per tutti l’esempio di Matteo Berrettini, non compreso tra le teste di serie ma battuto solo da un Alcaraz formato Slam. Oppure si pensi a Christopher Eubanks, che a Maiorca aveva vinto il primo torneo della carriera battendo in finale Mannarino, un altro che è finito nella parte alta del tabellone. E tra le teste di serie minori c’erano: Tiafoe, che aveva vinto Stoccarda; Dimitrov, semifinalista al Queen’s partendo dalle qualificazioni; de Minaur, che al Queen’s aveva raggiunto la finale, battuto anche lui da Alcaraz. Nessuno di loro è capitato dalla parte di Sinner.

Cosa c’entra Sinner con tutto questo? Niente: audax fortuna iuvat, e nonostante i rovesci delle settimane precedenti Jannik non si  è mai sentito fuori dai primissimi della classe. Così ha cominciato battendo Cerundolo, ma non Francisco, l’altro, molto più indietro in classifica; ha proseguito superando Schwartzman. Al terzo turno, invece di Evans, ha trovato Halys, che lo ha fatto soffrire un po’ – era avanti di un break nel quarto set -–ma che alla fine ha ceduto nettamente. Invece di Fritz ha trovato Galan, e, quando sembrava che potesse incrociare la strada di Shapovalov, il canadese si è fatto male ad un ginocchio e ha dato via libera a Safiullin. E quindi, viene da chiedersi: il suo è stato un tabellone facile?

Seppur giovane, Sinner ha raggiunto i quarti in tutti gli Slam, uno dei soli dieci tennisti al mondo (tra quelli in attività, ovviamente) a esserci riusciti. Quello vinto a Wimbledon 2023 è stato il quinto quarto di finale in uno Slam, secondo consecutivo sull’erba inglese; gli altri quattro sono stati persi contro Tsitsipas, Alcaraz, Nadal e Djokovic. Questa sua presenza ormai consolidata nelle fasi finali dei tornei più importanti lo ha messo in posizione di vantaggio rispetto ai giocatori di bassa classifica, visto che l’aver già giocato match del genere aiuta molto a livello psicologico. È naturale che, dopo quelle sconfitte nei quarti contro i campioni, Sinner abbia trovato Safiullin e l’abbia battuto senza tanti indugi. Jannik ha evitato quindi  fattore che avrebbe potuto giocare a suo sfavore in caso di avversari più in alto di lui nel Ranking, perché il blasone nelle fasi finali dei tornei, conta, eccome se conta. Anche più delle qualità espresse in campo nei momenti decisivi della partita – il braccio di Eubanks ha tremato nel tie-break del quarto set contro Medvedev in un momento chiave, e questo gli è costato la semifinale. 

Il problema di questa ordinaria cavalcata è che si è svolta approfittando degli ampi margini con cui partiva rispetto ai suoi sfidanti. In buona sostanza: a Sinner è bastato imporre il suo ritmo da fondo campo, insostenibile per i suoi avversari. Null’altro è servito. Adesso però ci sarà un salto di qualità francamente terribile, perché affronterà un Novak Djokovic impegnato a giocare la sua semifinale Slam numero 46, che non perde un match a Wimbledon dal 2017, che vuole vincere il torneo per l’ottava volta, eguagliando così Federer, e raggiungere lo Slam numero 24, così da avere inoltre la seconda opportunità di conquistare il Grande Slam vincendo anche gli US Open, dopo quella fallita due anni fa. In queste frasi c’è tutta la grandezza del tennista serbo, cui neanche interessa stare in cima al Ranking, tanto detiene il record di settimane trascorse da numero uno, ma vuole solo vincere più tornei degli Slam di tutti. Per Sinner sarà come passare dalla partitella a calcio con gli amici al Brasile degli anni ‘70. Potrà gestire questo passaggio?

Un anno fa, ai quarti

Il precedente del 2022 può aiutare Sinner, ma solo dal punto di vista psicologico. La consapevolezza che mostra Djokovic negli Slam è tale da fargli dominare i match anche quando è in svantaggio di due set, come fatto contro Musetti e Tsitsipas al Roland Garros nel 2021 e proprio contro Sinner a Wimbledon l’anno scorso. Nel 2022 Jannik ha pagato forse la tensione, il Centre Court e l’idea dell’impresa, che gli fece venire un po’ di braccino. Ma un anno non è passato invano, e soprattutto una semifinale non è un quarto di finale, che come abbiamo visto in fondo è un turno raggiungibile anche da parvenu. 

In semifinale scatta qualcosa nella mente dei giocatori, come se superassero l’ultima curva di un difficile percorso per inquadrare il rettilineo finale, l’ultimo match del torneo. Se Novak vive questi passaggi come routine, per Jannik c’è l’incognita della prima volta, che però nel suo caso esclude il rischio di sentirsi appagato. La pressione della grande vittoria che circonda Sinner è tale da spazzare via ogni singolo dubbio sul potersi accontentare del più grande risultato in carriera negli Slam. 

Rimane solo la questione strategico-tattica. Quanto fatto da Sinner fin qui non basterà per battere Djokovic, a meno che non si incrocino percentuali di punti ottenuti al servizio molto alte, perfezione da fondo campo e zero cali di tensione – la giornata perfetta, insomma. Una partita con distrazioni, come ad esempio quella contro Safiullin, quando Sinner ha perso il secondo set per 3-6 in vantaggio da 3-1, non sarà perdonata da Djokovic. Perché questo è quello che fa Novak: è da sempre quello che ha un tennis meno appariscente rispetto a Federer e Nadal, ma poi è estremamente efficace al servizio, ha il rovescio migliore di tutti i tempi, un dritto preso a modello nelle scuole tennis e un gioco di volo che non sarà quello di Rafa e Roger, ma insomma. Il pubblico dovrebbe stare con Sinner, più che altro per avere una partita vera, facendo indispettire Djokovic, che però è abituato a queste situazioni e quasi sembra desiderarle. Novak, poi, sta giocando il torneo con una determinazione che non mostrava neanche quando era indietro nel numero degli Slam rispetto a Nadal e Federer.

Il destino di ogni campione è fatto di momenti nei quali ci vuole coraggio per superare prima sé stessi oltre che l’avversario. Jannik dovrebbe averlo imparato nel quarto di finale perso con match point a favore contro Alcaraz agli US Open. Il coraggio di Carlos gli consentì di superare Jannik, vincere il torneo e diventare numero uno. Contro Djokovic, sapendo di essere inferiore e largamente sfavorito, Sinner dovrà mettersi nelle condizioni di vivere una di quelle giornate da campione, quelle in cui si determina la svolta nel proprio percorso di crescita. Non conterà più il blasone degli avversari battuti fin lì, Sinner non gioca la semifinale per caso, ma mai come questa volta toccherà a lui decidere le sorti di questo match. E, forse, della sua carriera.