Nessuno può resistere a Paola Egonu

La pallavolista più forte che c’è sta costruendo una nuova dimensione di atleta: forte, rivoluzionaria, moderna. In campo, ma anche fuori.

Una Paola Egonu non esiste. Esistono versioni di un’anima inquieta. Esistono gli attacchi di panico di cui ha sofferto, gli sbalzi d’umore, la famiglia lontana. A Manchester, da anni. E le manca moltissimo. Esiste la migliore amica bianca e bionda che ha tatuato sulla clavicola destra, la pigrizia che non ha mai nascosto. Esiste che mangia orsetti gommosi prima delle partite, che non sa nuotare. Esiste il fisico da modella e l’amore per la moda. Che durante uno shooting le hanno insegnato a mettersi le ciglia finte e di questo è molto grata. Esiste che tutto non ha potuto. Esiste che tutto non può sempre. Quello che le tiene insieme, è la certezza che con qualunque entri in una stanza, con qualunque di quelle versioni, il resto smette di esistere. Perché Paola Egonu ha la capacità di attirare a sé tutto l’interesse, di catalizzare ogni sguardo e prendersi l’attenzione. Non sono cose che ti imbocca l’ufficio marketing, queste. Sono caratteristiche che o hai o è impossibile allenare. Una battuta la alleni, una personalità no. Non solo perché la ragazza è forte a giocare a pallavolo, non solo perché spinge verso il limite. Che sia una schiacciata sulla riga dei tre metri o un futuro di inclusione da cui non si può prescindere. Al nome Paola Egonu nessuno resiste.

Il mito nasce su un campo da pallavolo, perché è questo che fa la ragazza, schianta palloni nel rettangolo di gioco avversario un numero di volte così alto che le concorrenti, nel mondo, sono quattro o cinque. Poi la pallavolo è gioco di squadra e nervi e non sempre l’Italia (o il club dove gioca) emerge nella prima e tiene saldi i secondi. Se non succede è colpa sua. Se invece succede, l’esaltazione è totale. Nel bene o nel male, purché se ne parli. C’è da chiedersi se lei è d’accordo. E la risposta è no. C’è da chiedersi se è felice e la risposta dipende. Lo dice lei quando si racconta durante le interviste: «In certi momenti mi domando: chi me lo fa fare. Ma cosa faccio se mollo la pallavolo? Però so che ho 24 anni e della mia vita mi sto perdendo momenti preziosi, con la famiglia o con gli amici».

Ecco, sono queste le parole che descrivono davvero il personaggio Egonu, non il razzismo, che le sta molto a cuore ma che la fagocita, non il suo essere fluida in amore, che saranno pure fatti suoi, ma il suo essere generazione. Come gli studenti che protestano per la competizione tossica nelle università italiane, ventenni come lei che non credono più al mito del fai il lavoro dei tuoi sogni e non lavorerai un giorno della tua vita. Perché Steve Jobs non è più un punto di riferimento nella generazione Egonu. La generazione Egonu ti guarda negli occhi e ammette: «Un giorno ho chiamato mio padre al telefono e sono scoppiata a piangere perché io dovevo andare in palestra mentre fuori c’era il sole!». E non solo te lo dice, Paola te lo fa sembrare giusto.

Ma quand’è che ha iniziato ad essere l’icona della pallavolo italiana? Tutto comincia con l’argento al Mondiale del 2018. Non aveva ancora compiuto vent’anni ma quella medaglia e i 324 palloni messi a segno, più di chiunque, le hanno consegnato popolarità, consapevolezza e aspettative. In più, al rientro dal torneo giapponese, rivela la storia con la fidanzata-ex compagna di squadra. Si incrina il rapporto con Novara, la società con cui conquista la prima Champions League e si trasferisce a Conegliano, dove in tre anni vince due scudetti, tre Coppe Italia, tre Supercoppe, un Mondiale per Club e una Champions League, prima di passare al VakifBank campione di Turchia.

Nel frattempo con la Nazionale è tutto un ottovolante: un bronzo agli Europei del 2019 e le prime polemiche, poi i Giochi di Tokyo chiusi fuori dal podio, ben al di sotto delle aspettative. Ma il suo personaggio, prima, aveva fatto un ulteriore salto in avanti: viene scelta come portabandiera olimpica insieme ad altri cinque atleti e vestita di bianco come una sacerdotessa, certifica in mondo visione il suo essere simbolo tanto quanto atleta. È simbolo perché è nata in Italia da genitori nigeriani e quindi è italiana ma nera, è simbolo perché a lei questa cosa piace, non la rinnega. È simbolo perché è l’immagine di un mondo più aperto e tollerante e se a qualcuno non sta bene, lei semplicemente se ne frega. Quando l’Italia vince gli Europei del 2021, solo un mese dopo la ferita dei Giochi di Tokyo, intorno a lei riparte il circo mediatico: declama monologhi in trasmissioni televisive popolarissime, va ospite a sfilate di moda e talent show, posa per le copertine più disparate. E lo fa perché è riconoscibile, unica, di tendenza, non solo nel mondo sportivo.

I Mondiali del 2022 chiudono il primo cerchio intorno a lei (spoiler: ce ne saranno altri) ma l’oro non arriva. Continua a essere al centro di polemiche ma la sua popolarità non cala, si divide solo in opposti schieramenti. Va a giocare ad Istanbul ma resta un solo anno. Il prossimo tornerà in Italia e vestirà la maglia di Milano. Una nuova sfida di una carriera ancora lunga. Perché Paola a 24 anni è il presente e il futuro del volley italiano. Nessuno, nonostante le polemiche, pensa di prescindere da lei. E se con la Nazionale quest’anno l’aspetta un Europeo con il titolo da difendere, il prossimo anno ci saranno i Giochi di Parigi. Le ragazze del volley femminile non si sono mai messe al collo una medaglia olimpica. Se accadesse, verrebbe consacrata nell’unico campo dove ha l’obbligo di eccellere: quello da pallavolo. Lì, Egonu, impressiona per l’intensità e la qualità delle giocate. Ha caratteristiche fisiche fuori dal comune (è alta 190 cm e schiaccia a tre metri e mezzo di altezza), è la giocatrice che attacca più palloni di tutte e attacca quelli più importanti. Non è mania di grandezza, è il suo ruolo ad imporglielo e i record di punti (47 in una partita) e la velocità a cui fa viaggiare la palla (la schiacciata più veloce di sempre nella pallavolo femminile è la sua: nella finale di Nations League del 2022 un attacco ha viaggiato a 112,7 chilometri orari) ne hanno delineato il mito.

Ma il ct Davide Mazzanti mette in luce anche altro: la sua spiccata intelligenza. «L’aspetto che colpisce di Paola sono le capacità fisiche e la sua potenza. Ma quello che emerge, lavorando con lei, è la sua ca pacità di leggere le situazioni e adattare i colpi. Legge in modo eccezionale il gioco e, in base alle diverse situazioni che capi tano in partita, sfrutta nel migliore dei modi l’ampio bagaglio di colpi che ha a sua disposizione.  Questa è una caratteristica che soltanto le migliori giocatrici al mondo posseggono».

Da Undici n° 50
In tutte le foto, Paola Egonu indossa abiti EA7