E se fosse Carlos Sainz il salvatore della Ferrari?

La vittoria di Singapore e la grande regolarità del pilota spagnolo hanno riaperto il dibattito sulle gerarchie interne alla Rossa. E quindi sulla sua convivenza con Leclerc.

Non sempre le favole vanno come da copione. Per esempio in tanti, tra esperti, giornalisti e tifosi, si aspettavano che a risollevare le sorti della Ferrari nell’ennesima stagione negativa sarebbe stato il principino Charles Leclerc, che da anni vive quotidianamente la pressione di dover riportare a Maranello un titolo mondiale che manca dal 2007. A riportare alla vittoria la scuderia del Cavallino Rampante, per di più dopo 434 giorni di dominio quasi esclusivo da parte di Red Bull, è stato invece Carlos Sainz Jr., vincitore del Gran Premio di Singapore dopo una gara condotta con freddezza e grande intelligenza tattica. Alla sua maniera, in pratica.

Carlos è spagnolo, è nato nel 1994, è figlio d’arte – suo padre Carlos Sainz senior è una leggenda dei rally, sia su strada che off road. E negli anni si è costruito una reputazione di regolarista, con uno stile di guida senza picchi ma allo stesso tempo privo di errori più o meno grossolani. In questo modo si è guadagnato il soprannome di “Smooth Operator”, come la canzone di Sade del 1984, che si potrebbe tradurre in modo approssimativo – e decisamente molto meno evocativo – come uno che sa fare il suo mestiere con professionalità. Anche la sua carriera prima di arrivare in Formula Uno era stata caratterizzata da questa idea di regolarità assoluta, con poche vittorie ma tanti piazzamenti, come parte del Red Bull Junior Team. Fu proprio la scuderia austriaca a farlo esordire nella massima categoria motoristica nel 2015, al volante della Toro Rosso, come compagno di squadra di un altro esordiente: Max Verstappen. Le carriere dei due presero però presto strade nettamente differenti: nel 2016 l’olandese fu promosso in Red Bull a stagione in corso al posto di Daniil Kvjat – vincendo in Spagna alla sua prima gara con la scuderia e affermandosi subito come uno dei migliori piloti della sua generazione – mentre Sainz sarebbe ancora per qualche tempo in Toro Rosso, fino alla rottura di fine 2017 dopo aver capito che le porte della Red Bull erano chiuse. Dopo una stagione in Renault, tra il 2019 e il 2020 il madrileno ha poi guidato con buoni risultati la McLaren, prima del passaggio in Ferrari. 

 «Il mio modo di correre e il mio stile di guida sono anche frutto di valutazioni, bisogna scegliere quando essere prudenti e quando vale la pena correre dei rischi» sottolineava Sainz qualche anno fa nel corso di un’intervista, parlando del proprio stile di guida. «È qualcosa che sviluppi, credo, con l’esperienza e con l’abilità, qualcosa che progredisce molto dal primo momento in cui arrivi in Formula Uno. Quando muovi i primi passi in questo campionato, cerchi sempre di rischiare, cerchi di brillare, di dimostrare il tuo valore, ma col passare del tempo, quando riesci a guadagnare un po’ di stabilità, le cose cambiano». 

I numeri possono essere spesso freddi, ma nel caso di Sainz inquadrano molto bene la sua carriera finora: nelle ultime cinque stagioni complete, in classifica generale Sainz si è piazzato decimo, poi due volte sesto e due quinto, con una vittoria – in Gran Bretagna nel 2022, quando era già alla Ferrari – più tre pole position e quindici podi. Nel complesso, in sintesi, mai tra i migliori, ma sempre molto lontano dai peggiori. Nel 2021, al suo esordio in Ferrari, sfruttò addirittura la sua costanza nelle prestazioni per piazzarsi in classifica davanti al più talentuoso – ma allo stesso tempo più irregolare  –Leclerc. Lo scorso anno, invece, c’è stato un piccolo passo all’indietro, nonostante la prima vittoria in carriera, forse a causa di una vettura che sembrava adattarsi meglio allo stile di guida del suo compagno di squadra. 

Nel mezzo, si sono sollevate voci di corridoio secondo cui – nonostante le prestazioni poco convincenti – lo spagnolo fosse preferito al monegasco all’interno della scuderia, in quanto voluto direttamente dal team manager Mattia Binotto e non imposto dalla proprietà – era stato infatti Sergio Marchionne a portare Leclerc in Ferrari prima della sua morte. Oltretutto, si mormorava che la vettura per la stagione 2023 fosse stata progettata proprio per esaltare la sua guida, con più sottosterzo anziché sovrasterzo – come invece preferirebbe Leclerc. Tralasciando il fatto che invece, alla prova dei fatti, la SF-23 è risultata un’auto inguidabile che ha sfavorito entrambi per più di metà stagione. 

A fine 2022, però, la Ferrari ha licenziato Binotto, e la scelta di Fred Vasseur come suo sostituto è sembrata essere stata fatta per accontentare Leclerc, con il quale il francese aveva lavorato in Sauber. Alcuni episodi a favore di quest’ultimo nel corso della nuova stagione hanno così aizzato la stampa spagnola, con il quotidiano madrileno Marca in prima fila, che ha attaccato la Ferrari arrivando a parlare di «dittatura monegasca». A esasperare ancora di più la situazione ci hanno pensato poi i social, con molti tifosi ormai schierati da una parte o dall’altra in maniera estremamente polarizzata, come se Sainz e Leclerc fossero due piloti di scuderie diverse. Nella battaglia sono intervenuti anche i genitori dello stesso Sainz: il padre ha parlato più volte di un interesse nei confronti del figlio da parte di Audi, scuderia per la quale corre la Rally Dakar e che entrerà in Formula Uno dal 2026, forse nel tentativo di mettere pressione alla Ferrari; la madre ha messo il like a un commento su X che recitava «Sapete cos’ha Carlos che non avrà mai Leclerc? L’onore», salvo poi rimuoverlo.  

Da quando è arrivato in Ferrari, prima del Mondiale 2021, Sainz ha messo insieme due vittorie, cinque pole position e 15 podi complessivi (Rudy Carezzevoli/Getty Images)

Dopo la pausa estiva, però, Sainz è tornato in pista con una carica e un feeling con la sua vettura del tutto nuovi, anche per merito dei miglioramenti operati in fabbrica dalla Ferrari. In Olanda il pilota ha svolto una gara delle sue, regolarissima, sfiorando il podio con una Ferrari nettamente inferiore alle vetture rivali e chiudendo quinto. A Monza ha ottenuto la sua prima pole stagionale ed è finito sul gradino più basso del podio, dietro alle inarrivabili Red Bull di Verstappen e Perez e davanti al compagno Leclerc. A Singapore, infine, è arrivato il weekend perfetto, con la prima posizione ottenuta in tutte e tre le sessioni di prove libere, nelle qualifiche e soprattutto in gara, mantenendo il comando dalla partenza fino all’arrivo. 

Una vittoria arrivata in particolare grazie alla geniale intuizione di rallentare negli ultimi giri per concedere il DRS a Lando Norris su McLaren, in modo che questi potesse difendersi meglio da un arrembante George Russell, la cui Mercedes poteva contare su pneumatici più morbidi e freschi. La bravura di Sainz si è vista, in particolare, nella sua capacità di gestire la situazione, di mantenere Norris a distanza di otto o nove decimi di secondo per diversi giri, senza nemmeno una minima sbavatura, in modo che quest’ultimo non potesse approfittare dal vantaggio concesso dall’ala mobile. Si è trattato di un grosso azzardo, visto che nessuno aveva mai provato una strategia simile, ma probabilmente in pochissimi sarebbero riusciti a portarlo a compimento come fatto da Sainz. Un «capolavoro scacchistico», l’ha definito Giorgio Terruzzi nelle sue consuete pagelline post-gara, in cui ha dato a Sainz un meritato 10. 

Dopo aver tagliato il traguardo, lo spagnolo ha intonato alla radio la canzone da cui ha preso il soprannome, scherzando poi sul fatto che è stata «la mia prima smooth operation in Ferrari». Durante i festeggiamenti, qualcuno del suo team avrebbe invece urlato invocando «la dittatura giusta», non si sa se nel tentativo goliardico di stemperare le polemiche o se al contrario di inasprirle, facendo intendere che dovrebbe essere lui la prima guida della Ferrari, da qui in avanti. La sintesi perfetta, con il dovuto garbo, l’ha concessa però lo stesso Terruzzi: «Un po’ tutti aspettavamo Leclerc nel ruolo del salvatore. Se l’è preso lui, con merito pieno, e una reputazione rivoluzionata. Bravo». A Singapore, insomma, Sainz ha dimostrato di poter essere anche lui “materiale da titolo”, e per la Ferrari non poteva arrivare una notizia migliore: in attesa che a Maranello progettino una vettura nuovamente competitiva, la scuderia sa di avere in potenza una delle migliori coppie di piloti in griglia, se non la migliore in assoluto.