La prima partita di Fabio Grosso sulla panchina dell’Olympique Lione non è andata bene: la sua squadra è stata sconfitta per 2-0 in casa del Reims, e e quindi è rimasta ultima in classifica – due pareggi e cinque sconfitte in sette gare di Ligue 1 – in compagnia del Clermont. Ovviamente Grosso c’entra relativamente: l’OL è reduce da un’estate difficile e dal peggior inizio della sua storia recente, ed era impensabile che un nuovo allenatore potesse cambiare la storia in pochi giorni di lavoro. I problemi della squadra lionese, infatti, sono molteplici e profondi. A cominciare dall’essenza stessa del progetto sportivo e manageriale: il cambio di proprietà del dicembre 2022 e l’uscita di scena di Aulas come presidente, a maggio 2023, sono stati degli eventi gestiti abbastanza male; John Textor, anche per la difficile situazione economica, non è ancora riuscito a dare una scossa alla politica societaria, rimasta abbarbicata all’ultima idea di Aulas: restituire il Lione ai lionesi, ovvero a giocatori nati, allevati o comunque già transitati all’interno del club.
Basta fare i nomi, per capire cosa intendiamo: Alexandre Lacazette, Rayan Cherki, Corentin Tolisso, Rémy Riou, Anthony Lopes, Dejan Lovren e Maxence Caqueret sono stati scelti, negli ultimi due anni, come uomini-pilastro del progetto. Secondo Aulas, il loro «dna OL» avrebbe guidato la squadra e quindi la società in quest’era di transizione. L’ex presidente, a maggio 2022, scrisse una lettera aperta ai tifosi in cui spiegò che questi calciatori «avrebbero contribuito a farci ritrovare i nostri valori». Ebbene, questo manifesto programmatico non ha mai funzionato. Se non a singhiozzo. Per dire: Lacazette e Cherki sono reduci da buone stagioni, ma la seconda esperienza di Tolisso a Lione sta andando davvero malissimo. Secondo quanto ha scritto So Foot dopo la sconfitta di Reims, «parliamo di un calciatore che non fa mai prestazione oltre la media, che in campo sbaglia continuamente le scelte e le giocate, che semplicemente non è più quello di una volta. Eppure continua a essere schierato da titolare, che sia con Bosz, con Blanc e ora con Grosso». Lo stesso So Foot scrive anche che lo spogliatoio sarebbe spaccato a metà: da una parte i veterani, guidati proprio da Lacazette e Tolisso; dall’altra i giovani che vorrebbero «rovesciare le gerarchie», che sono guidati da Cherki e che in qualche modo «avrebbero già fatto perdere le staffe ai loro compagni più anziani, sia in partita che in allenamento».
Insomma, dalle parti di Lione non funziona più nulla. Anzi, le scelte fatte per cercare di invertire la tendenza, a livello emotivo prima ancora che sportivo, si sono rivelate un boomerang per la crescita della squadra. Qualcuno, in realtà, aveva preannunciato che sarebbe andata proprio così: «Il progetto “dna OL” era solo marketing», ha detto Moussa Dembélé, ex attaccante del Lione che nel frattempo si è trasferito in Arabia Saudita, all’Al-Ettifaq. «A dire il vero, ne ridevamo già negli spogliatoi. I tifosi invece ci sono cascati, basta vedere il traffico social quando il club avviò questa nuova fase. Ma si trattava di un piano di comunicazione ben strutturato, nient’altro: non c’era e non c’è alcuna visione a lungo termine, non c’era e non c’è un’idea calcistica. Sono stati fatti dei post sui calciatori più importanti, quindi solo fumo».
Lo stesso club, come dire, non ci ha creduto molto. Nel senso che non ha dato seguito alle sue promesse: dopo aver avviato il progetto, Aulas aveva più volte evidenziato come l’OL avrebbe dovuto puntare «su giovani come Malo Gusto, Lukeba e Barcola». Ecco, proprio Malo Gusto, Lukeba e Barcola hanno lasciato Lione durante le ultime sessioni di mercato. Persino gli stessi calciatori che sono ancora in rosa non hanno apprezzato questa visione della loro società: Lacazette ha detto a So Foot che «dobbiamo smettere di inseguire certe idee». Anche perché non stanno funzionando bene, e basta guardare la classifica per rendersene conto.