Marcus Thuram sta rendendo migliore l’Inter

I gol suoi e quelli di Lautaro, le sgroppate in campo aperto, i colpi che non ci aspettavamo: cronaca di un grande avvio.

Nel calcio italiano degli anni Novanta c’era una squadra, il Parma, che stava simpatica un po’ a tutti. Generosamente finanziati dalla Parmalat, i gialloblu potevano contare su alcuni dei campioni più iconici di quell’era calcistica: c’erano Zola, Asprilla, Crespo, Chiesa, Veron, Buffon, Cannavaro, e oltre a questi spiccava la figura ieratica ed elegante di un difensore nato nella Guadalupa, ma di nazionalità francese. Si chiamava e si chiama Lilian Thuram. Proprio mentre Thuram giocava a Parma, sua moglie Sandra diede alla luce il loro primo figlio, Marcus, che per nove anni sarebbe vissuto tra l’Emilia e Torino, imparando la lingua tra i suoi coetanei italiani. Il nome di battesimo fu scelto per onorare Marcus Garvey, sindacalista e scrittore giamaicano che, a cavallo degli anni Trenta, si batteva per migliorare le condizioni di lavoro degli afroamericani.

Se papà Lilian ha sempre cercato di mantenere un certo profilo nella sua immagine pubblica, presentandosi con aria professorale, occhialini tondi e atteggiamento austero, suo figlio maggiore, una volta diventato anche lui calciatore e tra i primi in Europa a inginocchiarsi a sostegno di Black Lives Matter, ha preferito farsi largo con il sorriso. Cercando spesso la battuta e giocando con il suo pubblico, a partire dall’esultanza: dopo averne sperimentate alcune, ha scelto di indicarsi la testa con una mano – «perché è da lì che viene la mia forza» – e poi incrociare le braccia al petto come Black Panther, il suo supereroe preferito. Anche questo, a suo modo, è un esempio di integrazione molto pop e in linea con i tempi. Ma se il supereroe Marvel ha difeso con successo il trono ereditato dal padre dal capo della tribù rivale, Marcus è planato sul mondo Inter, a 26 anni, con l’obiettivo di non far rimpiangere troppo Edin Dzeko. E di alternarsi in attacco con Lukaku e Lautaro. Questo era il piano della dirigenza nerazzurra, prima che le cose cambiassero per via del gran rifiuto del centravanti belga.

Proprio come T’Challa/Black Panther ha dovuto mettere d’accordo le varie tribù che compongono Wakanda, Marcus Thuram è stato chiamato a interpretare un ruolo in cui non tutti lo vedevano bene: quello di attaccante puro accanto a Lautaro Martínez. Non proprio una novità assoluta per lui, visto che nell’ultima stagione con il Borussia Mönchengladbach è stato schierato per la prima volta da numero nove. A suo tempo, la scelta sembrava aver portato buoni riscontri dal punto di vista puramente realizzativo: tredici gol in trenta presenze in Bundesliga. In realtà, però, le statistiche di Thuram, quantomeno in termini di conversione a rete, risultano quantomeno rivedibili: per segnare 13 gol complessivi e andare in doppia cifra per la seconda volta in carriera, a Thuram sono serviti ben 89 tiri.

Insomma, all’Inter sapevano che Thuram avrebbe fatto fatica a ricalcare le orme di Dzeko, una prima punta dal fisico statuario, ok, ma con giocate e istinto da trequartista. E infatti si sono ritrovati in rosa un attaccante completamente diverso rispetto al bosniaco. Eppure Thuram è perfettamente funzionale per il gioco di Simone Inzaghi. A dirlo sono i suoi strappi improvvisi in campo lungo, ma anche delle buonissime giocate a difesa schierata. In occasione del primo dei cinque gol segnati contro il Milan, per esempio, Yhuram prende il tempo a Thiaw all’altezza del cerchio del centrocampo e poi lo fulmina sullo scatto, annullando ogni tentativo di recupero lavorando di fisico. Alla fine sono Dimarco e Mkhitaryan a completare l’opera. Ancora più clamorosa la sua giocata per il 2-0, un gol che ha dimostrato la sua capacità di non farsi spaventare nemmeno dall’eventualità di un dribbling partendo da fermo. Dopo una transizione di coppia con Dumfries e un assist troppo lungo dell’olandese, che sembra aver vanificato un buon due contro due, Thuram riesce a raggiungere e a fermare la palla. Thiaw è di fronte a lui, la difesa del Milan a quel punto è rientrata al completo. Thuram, però, non ha paura a rientrare in dribbling e a tentare quello che ai tempi di suo padre si sarebbe definito un gol alla Del Piero: un destro a giro dal vertice dell’area che si insacca all’incrocio dei pali. In quel momento nell’area rossonera ci sono sei uomini, ma Thuram si è dimostrato talmente consapevole delle proprie capacità tecniche da accettare la sfida di lanciarsi in quel ginepraio. Uscendone con un colpo da campione:

Niente male come biglietto da visita per il primo derby della sua avventura interista

Due anni fa, Simone Inzaghi aveva indicato in Correa l’uomo perfetto per sfruttare le ripartenze veloci che già alla Lazio erano state il suo marchio di fabbrica. Thuram sta cambiando l’Inter proprio dove l’argentino ha fallito clamorosamente: la sua capacità di muoversi in ampie porzioni di campo, e su tutto il fronte d’attacco, si sta dimostrando decisiva. Soprattutto per offrire più occasioni a Lautaro. E non è solo una questione di assist, come quello visto a Salerno: l’attaccante argentino, terminata la liaison con l’ex amico Lukaku, ha iniziato la stagione alla grande anche grazie agli spazi aperti dal nuovo compagno di reparto. In occasione del gol del due a zero alla Fiorentina, per esempio Thuram ha chiuso un bel triangolo regalandogli un assist, ma quando ha provato a mimare verso il compagno il gesto della mitraglia già fatto dal belga, il suo nuovo capitano gli ha fatto capire che era meglio lasciar perdere. Chiudendo, nella pratica, i conti con il passato. Thuram ha stappato la partita anche contro la squadra viola, correggendo in rete di testa un cross perfetto di Dimarco. Per il suo primo centro in nerazzurro, come dopo il gol contro il Milan, ha lasciato da parte Wakanda, per sfoggiare il suo sorrisone a trentaquattro denti, le mani sulle orecchie per sentire più forte il rumore di San Siro.

Il suo magic moment, certificato con il derby giocato da dominatore, si era manifestato anche con la Francia: durante l’ultimo break internazionale nei Bleus, ha sfruttato alla perfezione l’infortunio di Olivier Giroud, segnando il suo primo gol all’undicesima presenza in Nazionale. Dayot Upamecano ha detto che «Marcus meritava i complimenti per il gol, ma avrebbe dovuto segnarne almeno due». Il difensore del Bayern scherzava, ma non troppo: il Ct francese Deschamps, uno che conosce bene il calcio italiano e sa quanto la nostra Serie A potrebbe migliorarlo, ha sottolineato che Thuram ha grandissimi margini di crescita. Anche suo fratello Khéphren Thuram, pure lui calciatore, pure lui nato in Italia, pure lui dotato di un nome importante (Khéphren significa “il sole che si alza” in antico egizio ed era il nome di un faraone figlio di Cheope), è d’accordo con Deschamps: «Marcus è una persona molto gioviale, molto seria, che ha molta fiducia in se stesso. Sa che può arrivare molto più in alto». Come fare per migliorare ancora? Si potrebbe partire dalle conclusioni verso la porta avversaria: nelle sue prime otto partite con l’Inter, Thuram ha tentato il tiro per 19 volte. E ha segnato solamente due gol.

A Marcus Thuram, il fatto di appartenere della categoria dei nepobaby, dei “figli di…”, non sembra pesare troppo: quando appare nelle foto con suo padre, infatti, sembra divertirsi un mondo. In realtà Lilian non voleva che il suo primogenito si buttasse a capofitto sul calcio, tanto da cercare di instradarlo verso sport più “cerebrali”, per esempio le arti marziali. Poi però si sono aperte le porte dell’accademia di Clairefontaine, dove sono cresciuti tutti i migliori giocatori francesi degli ultimi anni, e allora ha dovuto arrendersi di fronte all’evidenza del talento e della grande occasione. Marcus, a sua volta, ha approcciato la sua nuova vita con il piglio giusto: «Sapere di essere il figlio di mi ha dato stimoli ulteriori. Non volevo essere ritenuto un raccomandato», ha raccontato. Dopotutto, l’ha sottolineato anche lui, non fai gol solo perché sei il figlio di un ex campione.

Da lì in poi, l’ascesa di Thuram Jr. è stata graduale ma continua: dopo aver mosso i primi passi da professionista il Ligue 2 con il Sochaux, ancora minorenne, nel 2017 è passato al Guingamp, l’ex squadra del suo idolo Drogba. Con i bretoni, nel 2019, è riuscito anche a togliersi la soddisfazione arrivare in semifinale di Coppa di Lega eliminando ai quarti il PSG, tra l’altro con un suo gol su rigore e dopo averne calciato un altro alle stelle. Nello stesso anno, però, assaggia pure l’onta di una retrocessione. Al Borussia, dopo una prima stagione da esterno d’attacco chiusa con dieci gol e con la qualificazione in Champions League, ha superato le reti segnate da suo padre in carriera nella massima competizione europea. L’ha fatto in un colpo solo, con una doppietta al Real Madrid. Per chi deve confrontarsi con un campione che ha alzato la Coppa del Mondo e ha vinto gli Europei, anche queste sono soddisfazioni. 

Quella contro il Madrid era la seconda partita in Champions di Thuram: la prima era stata a San Siro, contro l’Inter. Prima della gara, uno steward non lo aveva riconosciuto, chiedendogli di mostrare un documento – che non aveva – per entrare allo stadio. Solo la mediazione provvidenziale di internet, cioè di un passaggio veloce sulla sua pagina Wikipedia, era stato in grado di salvarlo. Pochi mesi dopo, era l’estate del 2021, l’Inter aveva praticamente concluso il suo acquisto. Poi però Thuram subì la rottura del collaterale mediale, e così i nerazzurri virarono su Correa. Thuram da quell’infortunio si è rialzato, e nel 2022/23 si è preso la scena giocando da prima punta. Ha anche servito un assist decisivo a Mbappe nel corso della finale dei Mondiali 2022. Ecco, forse Marcus-nato-a-Parma non salverà Wakanda, come il suo eroe preferito, ma la sua storia ancora giovane e i primi passi all’Inter dimostrano che gioca benissimo, e che sa far brillare gli attaccanti che stanno accanto a lui. Sembra poco, e invece è una cosa enorme.