Oltre a quella sulla Superlega, la Corte di Giustizia UE ha emesso un’altra sentenza che cambierà il calcio

Un ricorso dell'Anversa ha messo in discussioni le regole per la compilazione delle liste UEFA. E il parere della Corte è stato favorevole al club belga.

La sentenza della Corte di Giustizia UE sulla Superlega, o meglio su quello che è stato definito «abuso di posizione dominante» esercitato dall’UEFA in merito all’organizzazione dei tornei per club, è la notizia calcistica del giorno e del mese. Forse anche dell’anno, soprattutto a guardarla dalla prospettiva che riguarda i rapporti politici tra società private e istituzioni sportive. Detto questo, però, dalla sede in Lussemburgo è arrivata un’altra sentenza destinata a cambiare il calcio: la Corte, infatti, si è espressa in favore al ricorso presentato dall’Anversa, club campione in carica della Jupiler Pro League – la prima divisione del calcio belga – e che qualche giorno fa ha battuto il Barcellona in Champions League, anche se era già stato eliminato. In pratica, ma tra poco spiegheremo bene, l’Anversa aveva contestato i criteri con cui devono essere compilate le liste delle squadre iscritte alle competizioni europei: i dirigenti del club belga, in particolare, sostenevano che uno dei parametri da rispettare, quello relativo all’obbligo di registrare quattro giocatori formati in un vivaio nazionale, fosse in contrasto con le normative di libera concorrenza e di libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione Europea.

Ma andiamo con ordine: per chi volesse, qui c’è il racconto sulla presentazione del ricorso, nove mesi fa. Qui ci limiteremo a fare una sintesi: a partire dalla stagione 2008/2009, la UEFA impone che le liste delle squadre iscritte alle competizioni europee debbano rispettare alcuni parametri nella lista di giocatori che possono andare in campo, tra cui quello degli otto giocatori allevati in un vivaio locale. In particolare, almeno quattro di questi devono essere cresciuti nel club in questione, nel senso che devono aver giocato per tre stagioni, tra i 15 e i 21 anni, tra le giovanili e la prima squadra, indipendentemente dalla loro nazionalità; gli altri quattro, invece, devono rispettare lo stesso parametro in qualsiasi club dello stesso Paese, indipendentemente dalla loro nazionalità. Ecco, l’Anversa ha contestato proprio quest’ultimo punto: alla base dell’istanza c’era l’idea per la regola impedirebbe a un club professionistico di reclutare e schierare giocatori che non soddisfano il requisito della formazione locale o nazionale; inevitabilmente, questa limitazione ridurrebbe le possibilità dei calciatori di essere acquistati e poi schierati in campo, in aperta contrapposizione al principio della libera circolazione dei lavoratori nel territorio UE.

I funzionari di Lussemburgo si sono espressi in modo favorevole all’Anversa. O meglio: il tribunale belga aveva chiesto un parere alla Corte di Giustizia Europea, e questo parere conferma la visione del club belga. In ogni caso, però, la decisione finale spetterà comunque al tribunale belga. Di seguito, lo stralcio più significativo del parere: «La Corte conferma innanzitutto che le regole dell’UEFA e quelle dell’URBSFA (la Federcalcio belga) rientrano nel diritto dell’UE, poiché riguardano l’esercizio di un’attività economica e professionale. Devono quindi rispettare le regole della concorrenza e le libertà di movimento. Per quanto riguarda le regole sulla concorrenza, la Corte sostiene che le regole sui giocatori di formazione interna potrebbero avere come oggetto o effetto la limitazione della possibilità per i club di competere tra loro reclutando giocatori talentuosi, indipendentemente dal luogo in cui sono stati formati. Il calcio di alto livello è un settore in cui il talento e il merito svolgono un ruolo essenziale. Tuttavia, spetterà al tribunale nazionale determinare se tali regole limitino la concorrenza a causa del loro oggetto stesso o a causa dei loro effetti effettivi o potenziali. Per quanto riguarda la libera circolazione dei lavoratori, la Corte sostiene che le regole in questione potrebbero dar luogo a discriminazione indiretta, basata sulla nazionalità, contro i giocatori provenienti da altri Stati membri. Anche in questo caso, tuttavia, rimane possibile per l’UEFA e l’URBSFA dimostrare che tali regole incoraggiano comunque la selezione e la formazione e che sono proporzionate a tale obiettivo».

Insomma, quello innescato dalla sentenza sulla Superlega potrebbe essere un terremoto dagli effetti significativi. Ma anche quest’altro parere della Corte di Giustizia Europea potrebbe creare dei nuovi equilibri nel calcio internazionale, ovviamente in attesa del pronunciamento del tribunale belga. È facile capire perché: le regole UEFA non solo determinano il mercato in maniera diretta, ma sono state anche adottate dalle leghe nazionali – con vari aggiustamenti diversi per ogni Paese, tra cui quello relativo alla registrazione degli extracomunitari – per compilare le liste di giocatori iscritti ai campionati. Un’eventuale cancellazione di certi parametri potrebbe cambiare l’operatività di osservatori e direttori sportivi, quindi la geografia e gli equilibri competitivi del calcio europeo. Né più né meno di quello che successe ai tempi della sentenza Bosman, nel 1995. Non è sbagliato asserire che il calcio moderno sia nato proprio 28 anni fa, forse non è così assurdo pensare che, al netto della Superlega, questa nuova breccia nei regolamenti UEFA potrebbe avere un effetto simile.