Al termine della partita contro il Frosinone, Kenan Yildiz ha raccontato come ha vissuto la notte precedente, dopo che Allegri l’aveva avvertito che forse avrebbe giocato da titolare: «Ho dormito comunque sereno, sapevo che sarei stato pronto facendo le solite cose». Ecco, per spiegare il gol di Yildiz bisogna partire da queste parole. Perché solo un calciatore – un ragazzo, una persona – con un’enorme autoconsapevolezza può pensare e può tentare uno slalom del genere al quinto o al sesto pallone della sua prima partita da titolare in Serie A, per altro con indosso la maglia della Juventus. È una questione di personalità, di sfrontatezza. Anzi, si può dire: di pura arroganza tecnica.
Il termine arroganza non è eccessivo. Basta riguardare e interpretare tutto quello che succede dopo il rinvio sbilenco di Turati catturato da Kostic, dopo il tocco dell’esterno serbo che mette in azione Yildiz: ultimato il primo controllo, il giovane fantasista turco sposta la palla col destro in modo da isolarsi, da chiudersi letteralmente nella morsa dei difensori avversari. Può sembrare una mossa stupida, non lo è: Yildiz, infatti, fa sì che i giocatori del Frosinone collassino tutti su di lui, e si sa che in certe situazioni la presenza di un compagno – in questo caso sono addirittura due – può portare a un eccesso di sicurezza. È esattamente quello che succede: Barrenechea lascia andare il suo ex compagno, lo fa perché si fida di Monterisi e dell’accorrente Lirola; solo che il terzino spagnolo è un po’ lento a chiudere lo spazio che c’è tra lui e Monterisi, a sua volta attento a non far scappare Yildiz sulla destra – anche lui si fida di Lirola, secondo lui riuscirà a evitare che Yildiz sgusci via rientrando sul destro. Tutte queste distrazioni, per quanto piccole, vengono captate e sfruttate perfettamente da Yildiz: tocco e sterzata immediata col destro, la palla passa esattamente tra Monterisi e Lirola; nello stesso istante il corpo dell’attaccante turco sembra smaterializzarsi, nel senso sembra attraversare i corpi dei suoi avversari come fanno i fantasmi nei film o nei cartoni. Tanto che Lirola quasi inciampa sul terreno di gioco suo compagno, sorpreso com’è da quel guizzo così fulminante, così incontenibile.
In certi casi, è facile pensare solo ai demeriti, alla superficialità dei difensori. In realtà è un atteggiamento ingeneroso: per quanto Monterisi, Lirola e Barrenechea lo abbiano affrontato e chiuso in modo troppo morbido, serve anche che Yildiz faccia passare la palla e se stesso in uno spazio che a prima vista sembra non esistere. E che, se esiste, si è determinato per un nanosecondo. Al massimo due. Insomma, ci vogliono una qualità immensa e una scaltrezza altrettanto immensa, per fare uno slalom del genere in mezzo a tre difensori avversari, per altro con una sola sterzata. Yildiz ce l’ha entrambe, le possiede, lo sa lui in primis e lo sanno tutti quelli che lo descrivono come una vera e propria gemma calcistica. Non è eccessivo parlare neanche in questi termini. Perché l’azione viene anche conclusa nel modo giusto: altri due tocchi a convergere e botta secca – neanche tanto potente: secca, cioè tesa, decisa, fredda, precisa – sul primo palo. Ancora col destro, un piede con cui Yildiz evidentemente sa spostare la palla in modo delicatissimo, quasi impercettibile, ma sa anche dare delle belle frustate. Quel piede può essere ferro e può essere piuma, per citare un famoso film del passato.
Slalom speciale
Prima di chiudere, torniamo solo per un attimo alle parole di Kenan Yildiz con cui abbiamo aperto questo articolo. A tre parole, per la precisione: le, solite, cose. Ecco, la notizia più significativa che la Juventus si porta dietro da Frosinone – molto più di una vittoria pesantissima, molto più del ritorno al gol di Vlahovic – riguarda le idee di Kenan Yildiz, riguarda il fatto che Kenan Yildiz consideri normali certe giocate. Ecco, lo diciamo noi: non è così, certe giocate non sono normali. Sono il presagio di un futuro che si preannuncia luminoso, sono la (prima, accecante) epifania di un potenziale fuoriclasse. In ogni caso, quindi, sono l’inizio di qualcosa di importante. È questione di personalità, di sfrontatezza. Di pura arroganza tecnica. Che a loro volta discendono da un talento che si era già percepito chiaramente in altri momenti di altre partite, d’altronde non tutti esordiscono così presto e così bene con la Juventus e con la Nazionale turca, un talento che ora deve essere definito, coltivato, indirizzato, valorizzato con attenzione. In ballo, impossibile non pensarci e non sperarci, anche per chi non è della Juve, c’è una carriera che promette grandi cose. Serviranno tempo, fiducia e tanto lavoro, ma la base da cui si parte è davvero notevole.