Il gol di Vlahovic ci ha ricordato quanto è forte

La rete contro la Salernitana è il nostro momento preferito della 19esima giornata.

In diversi momenti recenti, diciamo pure nel corso delle ultime due stagioni e mezza, Dusan Vlahovic ha mostrato il suo potenziale solo a sprazzi. O, comunque, in modo intermittente. Come succede spesso nel calcio dei nostri tempi, un ambiente dialettico polarizzato come e più dell’arena politica, questa condizione ha determinato una spaccatura interna all’universo della Juventus: da una parte c’erano i sostenitori/fan dell’attaccante serbo, che facevano risalire la sua abulia alle idee e alle scelte di Massimiliano Allegri, e così finivano per strumentalizzarla, per utilizzarla come mezzo per attaccare l’allenatore bianconero; dall’altra c’era chi invece criticava Vlahovic, evidenziando come le sue caratteristiche e il suo rendimento finivano per penalizzare il gioco di Allegri, quindi della Juventus. Ovviamente non c’era – non c’è – nessuna fazione che avesse totalmente ragione. L’unica realtà oggettiva veniva – e viene – fuori osservando il rendimento di Vlahovic, i suoi numeri, il suo impatto sulla Serie A e sul gioco della Juventus: ecco, in tutto questo Dusan è stato indubbiamente meno devastanti rispetto a quando era alla Fiorentina.

A Salerno, all’apice – temporale ma anche emotivo – di una partita dura, scorbutica, Dusan Vlahovic ha segnato un gol che ha tolto un po’ di polvere dalle sue vecchie foto rimaste nel cassetto della credenza. Per dirla con una frase un po’ fatta, che potrebbe anche far arrabbiare qualcuno: era in campo con la seconda bianca e rosa della Juve, e invece era come se indossasse ancora quella viola della Fiorentina. Sì perché il suo meraviglioso stacco da fermo, la sua capacità di restare sospeso in aria, la bellissima torsione di testa, una vera e propria frustata capace di fare forza alla palla, sono tutte cose che appartengono al campionario tecnico dei grandi centravanti. Degli attaccanti dominanti, a livello fisico ma anche tecnico.

Succede tutto in pochi istanti: dopo un primo cross risputato dalla difesa della Salernitana, Danilo mette dentro un altro pallone a uscire, col destro dalla fascia destra, non teso ma neanche morbido; Vlahovic è posizionato esattamente a centro area, a pochi centimetri dal dischetto, e da alcuni secondi fa a spallate con Gyomber; quando la palla sembra dirigersi verso di lui, ed è esattamente così, il centravanti della Juve pianta entrambi i piedi nell’erba e si dà lo slancio per saltare; poi resta qualche istante su, senza ricadere sul terreno di gioco, in modo da anticipare il suo marcatore; infine dà una vera e propria “botta” con il collo, che fa schizzare velocissima la sfera esattamente dove voleva indirizzarla, cioè alla sinistra di Costil, accanto ai suoi piedi.  La velocità del pallone e il rimbalzo sulla linea di porta, praticamente, inibiscono l’intervento al portiere della Salernitana.

Un gol da centravanti vero, avrebbero detto i telecronisti degli anni Duemila

Nell’esultanza di Vlahovic, nella sua gioia mista a foga mista a rabbia, forse c’è il discorso che abbiamo fatto in apertura – quello sull’intermittenza, sulle critiche a volte ingenerose, sulla difficoltà vissute nel gioco di Allegri – che si dissolve in un gol bello, in un gol alla Vlahovic. Magari in realtà non è così, magari siamo solo noi a caricare di significati il comportamento dei calciatori, chissà. Il punto è che però Vlahovic aveva – avrebbe ancora – bisogno di altri momenti del genere, perché a pensarci bene gli vengono fuori tutte le volte che viene innescato bene, più o meno: col Frosinone, soltanto due settimane fa, inizialmente era rimasto in panchina, poi è entrato e ha segnato un gol molto simile, altrettanto bello. E in fondo è a quota sette reti con due assist decisivi in poco più di 1000 minuti di gioco: non sarà un rendimento strepitoso, ma in ogni caso basta fare una semplice divisione per accorgersi che Vlahovic è decisivo, per un gol, ogni 118 minuti.

Al netto delle polemiche e delle divisioni, la Juventus che deve puntare a vincere lo scudetto – anche perché al momento la proiezione della squadra di Allegri arriva a 92 punti in 38 partite – ha bisogno di Vlahovic. Di questo Vlahovic. Ha bisogno che Dusan giochi sempre così, ma ha anche bisogno di cercarlo e di aiutarlo un po’ di più, di azionarlo come vorrebbe lui. Il gol a Salerno, ma anche le altre immagini e gli altri dati di questa stagione dicono che può essere una buona idea, che Vlahovic ha ancora tutti gli strumenti per essere dominante, per trascinare la Juve allo scudetto. Sì, proprio la Juve di Allegri. Era esattamente quello che l’universo bianconero si aspettava da lui, in fondo. Forse è arrivato il momento di crederci davvero.