C’è un tema di cui sentiremo parlare sempre di più nei prossimi giorni, ed è quello della riforma dei campionati. Tra gli obiettivi del presidente della Federcalcio Gabriele Gravina, c’è quello di ridurre il numero di squadre professionistiche: il numero attuale di 100, tra Serie A, B e C, è insostenibile da un punto di vista economico. C’è già una data, intanto: è quella del 26 gennaio, quando la Lega di Serie A si confronterà su questo tema. Ma come potrebbero cambiare i campionati italiani?
L’intento è chiaro: ridurre il numero di squadre, in tutte le categorie. Il disegno di Gravina prevede 18 squadre a campionato – in A, B e C. In Serie A, la proposta è caldeggiata dalle big del campionato: i troppi impegni richiedono una razionalizzazione del calendario. E dal prossimo anno il calendario sarà ancora più fitto, con la riforma della Champions, con la prima fase che prevederà otto partite e non più sei. Contrarie le medio-piccole del campionato, che vedrebbero a rischio la permanenza in A.
Si comincerà, perciò, con una battaglia politica. Servirà però un consenso abbastanza allargato: 14 squadre a favore, un quorum che, al momento, appare abbastanza lontano. Il 26 gennaio è la seduta in cui ci sarà il primo confronto, per una votazione si dovrà aspettare ancora. Ma Gravina, consapevole del rischio impasse, ha già in mente un piano: l’assemblea straordinaria dell’11 marzo, in cui sulla proposta potrebbe cadere l’obbligo d’intesa, lasciando così via libera alla riforma. Uno scenario che, al tempo stesso, potrebbe scatenare ricorsi e polemiche.
In ogni caso, è un tema su cui certamente ci sarà un’accelerazione nei prossimi mesi. Da un lato è in gioco una questione di ridurre il numero di impegni: a livello continentale, le big hanno impegni sempre più pressanti. C’è il nuovo format della Champions, come abbiamo visto, ma anche l’introduzione del nuovo Mondiale per club a 32 squadre, che vedrà la prima edizione nell’estate del 2025. Dall’altro, la questione economica è rilevante, e tocca soprattutto le categorie minori. In Serie C, per esempio, passare da 60 squadre raggruppate in tre gironi a un campionato unico a 18 squadre è una riforma epocale. E garantirebbe, oltre a un contesto sportivo decisamente più competitivo, una redistribuzione più ridotta degli introiti. Che, a fronte di un campionato nelle intenzioni più interessante, potrebbero ulteriormente crescere. Senza dimenticare che una riforma dell’intero sistema potrebbe portare con sé una nuova mutualità tra i vari campionati.
Ovviamente, lo stesso discorso si applicherebbe alle prime due categorie: meno squadre renderebbero i campionati più avvincenti, e forse più facilmente commercializzabili? Una strada di questo tipo l’ha intrapresa la Ligue 1, che in estate è passata da 20 a 18 club.