Il tennis è in grado di attirare nuovi tifosi?

È uno degli sport più popolari al mondo, ma fa fatica a prepararsi davvero per piacere alle nuove generazioni.

Se il pubblico del tennis invecchia insieme al tennis, allora il tennis deve ringiovanire: solo presentandosi in maniera nuova, e con un’offerta migliore ,potrà attrarre nuovi fan. L’ATP, l’associazione che governa il circuito maschile e che ha un seguito molto più grande della WTA, l’omologa associazione femminile, guida la rivoluzione che vuole rendere il tennis un prodotto più appetibile soprattutto per le nuove generazioni. Andrea Gaudenzi, presidente dell’ATP, è stato eletto proprio per fare questo: «Per il tennis siamo nel pieno di una svolta. Perché è arrivato il momento di monetizzare la sua popolarità: non è pensabile che il quarto sport al mondo per numero di fan abbia una quota dell’1,3% dei diritti televisivi su base mondiale». Aumentare i ricavi è la priorità del tennis, che ancora oggi ottiene il 35% dei suoi ricavi dai biglietti dei tornei con solo il 20% dai diritti televisivi. Ma come fare per creare un prodotto migliore, più vendibile e che possa fare concorrenza al settore dell’intrattenimento?

Occorre rendere il tennis un prodotto premium, aumentando la qualità dell’esperienza di fruizione delle partite tanto per chi è sugli spalti quanto per chi le segue dietro uno schermo. In ballo c’è un pubblico potenziale di un miliardo di spettatori che però è disaggregato, almeno in termini di raggiungibilità, visto che sono ben sette gli organi che controllano il tennis, e cioè le quattro Federazioni nazionali che organizzano gli Slam, l’ITF, l’ATP e la WTA. Queste ultime due gestiscono e rappresentano giocatori e la maggior parte dei tornei, vogliono generare ricavi maggiori ma devono anche tenere unito il gruppo dei tennisti accontentando le loro richieste. Se la maggiore domanda di soldi da parte dei tennisti è stata gestita redistribuendo più soldi nei montepremi dei tornei, è la conquista di nuovo pubblico la sfida più grande del presente e futuro.

Bisogna modernizzare il tennis, cercare e trovare un bilanciamento fra tradizione e innovazione che consenta di mantenere i vecchi fan e di trovarne di nuovi, magari giovani, senza dimenticare la concorrenza prima del padel e ora anche del pickleball, sport più immediati e semplici da giocare. Gaudenzi è consapevole che la frammentazione organizzativa del tennis è l’ostacolo più grande a questo processo. La sua strategia è quella di rendere la fruizione di tennis più semplice e quindi meglio vendibile, e per farlo vuole unificare la catena di comando senza dimenticare di rendere l’esperienza per i fan migliore. Per Gaudenzi «i fan sono al centro di tutto». È a loro che si rivolge Break Point, la serie tv disponibile su Netflix, che nelle intenzioni doveva essere un prodotto che avrebbe dovuto avvicinare nuovi fan presentando il complicato mondo del tennis e i suoi personaggi al grande pubblico. L’esempio da seguire era quello di Drive to Survive, il documentario sulla Formula 1 che ha avuto molto successo nel far avvicinare nuovo pubblico allo sport. Con Break Point non è andata così. La serie non è arrivata neanche nella top 10 di Netflix USA, ed è stata criticata anche da chi segue il tennis abitualmente perché non presentava niente di nuovo.

Capire le complesse dinamiche di questo sport guardando solo Break Point risulta difficile: manca tutta la faticosa parte che racconta come si diventa un giocatore professionista, le epiche storie dei tornei intermedi necessari a salire nel ranking. Intanto, si è pensato di migliorare l’esperienza dei fan ai tornei e generare più introiti allungando la durata dei Masters 1000 di Madrid, Roma, Shanghai, Canada e Cincinnati. Ora i tornei hanno più partite, più visibilità e quindi più soldi per gli sponsor, proprio come negli Slam. Per quanto riguarda i fan, guardare le partite di tennis oggi significa ballare sugli spalti con la musica dei dj, i tempi morti sono diminuiti con l’introduzione dello shot clock, che mostra quanto tempo ha il giocatore per riprendere il gioco e che, spesso, causa momenti di rabbia e tensione fra arbitro e giocatori, e quindi spettacolo. Oppure la video review che cerca di aggiungere suspense al match mostrando il segno sul campo dei colpi quando oramai le chiamate sono elettroniche nella quasi totalità dei tornei. Il coaching è diventata una pratica diffusa e specie in tv si possono ascoltare distintamente i dialoghi fra giocatori e allenatori, proibiti in passato.

Parallelamente all’esperienza dal vivo, il tennis cerca di fare molto sul fronte digitale, perché per Gaudenzi è lì che si annidano i nuovi fan di questo sport. Il presidente ATP ha dichiarato in una recente intervista che «nel futuro la fruizione del tennis sarà digitale al 100%, sia per il live streaming che per gli highlights, ma anche per guardare le news. Mi piacerebbe avere un’unica casa del tennis nella quale il fan possa fruire di qualsiasi cosa legata al nostro sport, documentari, informazioni, video. Dovremo raggiungere più persone, specie chi guarda il tennis saltuariamente e anche le nuove generazioni che crescono in un mondo digitale». E quindi, oltre all’uso canonico dei canali social, ATP e WTA producono contenuti che fanno conoscere meglio al pubblico i loro giocatori, mostrandoli soprattutto al di fuori del campo da tennis. C’è anche l’aspetto tecnologico che può aiutare: l’ATP si è accorta infatti che poteva utilizzare l’enorme database di dati a disposizione per arricchire di contenuto i propri match. Nel 2020 ha creato la Tennis Data Innovation, una piattaforma che gestisce lo streaming legato al betting e l’enorme mole di dati delle partite, circa 17 mila match ogni anno tra ATP e Challenger Tour. Lo scopo è quello di migliorare la visione del match anche con l’utilizzo dei dati sulle partite, statistiche che sono elaborate e presentate per vivere un’esperienza più immersiva, innovativa e quindi più moderna. Il management sembra infatti aver inquadrato l’idea che il tennis fa parte dell’industria dell’intrattenimento vero e proprio, un settore nel quale la competitività è enorme e che quindi richiede di stare al passo con i tempi e le tecnologie per rimanere attrattivi e per coinvolgere le nuove generazioni.

Difficile farlo però se non c’è una governance unica. I grandi tornei non hanno problemi di pubblico, sono i piccoli tornei e il tennis femminile in generale a soffrire dal punto di vista economico. Con tutto quello che ne consegue per la vendita dei diritti televisivi. Questa casa unica del tennis che Andrea Gaudenzi sogna rischia di rimanere una chimera che continuerà a tarpare le ali di uno sport che può e deve raggiungere una popolarità maggiore. Alla fine, l’impressione è che uno sport così complicato e diviso nel management faticherà molto a farsi capire dalle nuove generazioni e quindi, per trovare nuovi fan, bisognerà affidarsi alla vecchia e cara strada maestra: affidarsi ai campioni, dai Federer, Nadal e Serena Williams di ieri, a Gauff, Swiatek, Sinner, Djokovic e Alcaraz di oggi.

Da Undici n° 53