Inter-Juventus ha detto che la Serie A ha già un padrone

Lo scontro diretto ha evidenziato la distanza che c'è tra i nerazzurri e tutte le altre squadre del campionato.

Quando l’arbitro Maresca ha fischiato la fine di Inter-Juventus 1-0, in pochi hanno avuto qualcosa da recriminare. Forse tra questi c’è Dusan Vlahovic, che nel primo tempo ha sbagliato un controllo facile al culmine di una bella ripartenza in campo aperto, e che in generale ha dato l’impressione di essere eccessivamente teso, fin troppo carico, e alla fine è risultato inespresso. Forse potremmo citare anche Federico Gatti, che ha messo nella propria porta il pallone decisivo della partita, ma c’è anche da dire che il suo non è stato un autogol goffo e/o clamoroso, più che altro il difensore della Juve è stato vittima – non causa – di una carambola sfortunata. Infine, l’ultimo nome che ci viene in mente è quello di Wojciech Szczęsny: il portiere polacco ha compiuto diversi interventi decisivi, alcuni al limite delle possibilità umane, ed è stato battuto solamente dalla carambola sfortunata di cui abbiamo appena parlato. Non deve essere stato facile, per lui, veder festeggiare l’Inter per la vittoria e per il principio di fuga, per il +4 in classifica con una partita da recuperare rispetto alla Juventus.

Proprio la prestazione e la comprensibile rabbia di Szczęsny, però, finiscono per rimettere le cose a posto. Sono la cartina al tornasole della partita di San Siro, raccontano la superiorità – forse non schiacciante, di certo evidente – dell’Inter e determinano la nuova configurazione della corsa-scudetto, quella per cui la Serie A ha un dominatore riconosciuto: la squadra di Simone Inzaghi. Lo scontro diretto è iniziato ed è finito trasmettendo le stesse identiche sensazioni, nel senso che l’Inter ha preso il comando della partita fin dai primi minuti e ha dimostrato di essere più forte, più quadrata, più consapevole. La Juventus si è messa lì ad aspettare gli avversari, compatta e composta, e ha anche costruito due o tre buone azioni di capovolgimento. Nulla di male o di ontologicamente sbagliato, in fondo la squadra di Allegri gioca così per scelta e per indole. Ed è giocando così che è arrivata a giocarsi una gara-scudetto a inizio febbraio.

Il punto, però, sta proprio nella forza percepita dell’Inter. Nel fatto che i nerazzurri siano riusciti a forzare la difesa della Juve. E ad andare in vantaggio, per altro all’apice di un forcing feroce ma non ferocissimo, ispirato ma non ispiratissimo. Nel senso: l’autogol di Gatti è arrivato al termine di una di quelle azioni – non tantissime, ma confezionate a cadenza regolare – in cui la squadra di Inzaghi ha dato la sensazione di poter fare quello che voleva, e alla fine ha fatto quello che voleva. È una questione di qualità dei singoli – basta riguardare e pesare la scucchiaiata di Barella, la mezza rovesciata di Pavard, la presenza e la prestanza di Thuram – ma anche di meccanismi di gioco: il fatto che un braccetto della difesa a tre fosse nell’area di rigore avversaria è frutto di un enorme lavoro in allenamento, nasce dalla capacità di accorciare il campo col recupero immediato del pallone, di presidiare e leggere e occupare perfettamente gli spazi. E lo stesso discorso vale per tutti gli interscambi di posizione, per tutti i lanci che tagliano il campo o che ribaltano il fronte offensivo, per tutti i movimenti coordinati tra Thuram e Lautaro, per tutti i tagli interni di Dimarco, per tutti gli inserimenti di Mkhitaryan e tutte le giocate in ampiezza di Barella.

La sintesi

È così, col suo calcio vario e quindi illeggibile, che l’Inter ha costruito almeno altre tre o quattro occasioni nitidissime, come si vede anche nella sintesi che trovate sopra. Per il resto ha controllato la partita. Sembrerà una frase fatta e quindi banale, probabilmente lo è, ma Inzaghi e i suoi uomini hanno vinto come fa una grande squadra: hanno governato la partita senza bruciare troppe energie, o almeno hanno dato l’impressione di non bruciarne troppe; hanno alzato e abbassato il ritmo a loro piacimento, con e senza palla; hanno contenuto la Juve senza concedere molte occasioni realmente pericolose, se non fosse per delle azioni di confusione; hanno assorbito la girandola dei cambi senza perdere gli equilibri e la concentrazione, un upgrade importantissimo rispetto a un anno fa.

Se lo scontro direttissimo va in questo modo, per altro all’apice di un percorso da 18 vittorie in 22 gare di campionato, allora si può dire senza timori di smentita: questa Juventus dovrà fare – e quindi essere – qualcosa di più per andare a insidiare questa Inter. E la squadra di Allegri ha poche colpe, lo stesso discorso sarebbe valso per qualsiasi altra inseguitrice: al terzo anno in nerazzurro, infatti, Inzaghi e il suo progetto hanno raggiunto il punto di maturazione assoluta, sembrano diventati inscalfibili senza perdere smalto e sofisticatezza, sono migliorati laddove dovevano migliorare, si sono impadroniti del campionato con pieno merito e ora devono solo continuare così. Sono le altre squadre che devono trovare il modo per fermarli, se ci riescono.