Stiamo sprecando il talento di Federico Chiesa, o forse l’abbiamo già sprecato

Nelle sue difficoltà gli infortuni c'entrano, ma solo fino a un certo punto. Forse è il calcio italiano che gli sta negando la possibilità di esprimersi al massimo delle sue immense possibilità.

Nel gol segnato contro il Napoli, Federico Chiesa fa tutto con estrema semplicità, con una calma che sembra non appartenergli del tutto. Parte dalla posizione di ala destra, chiude un triangolo lento e quasi pigro con Carlos Alcaraz e fa un taglio in diagonale dalla linea dell’out verso la porta. Ha il tempo di aggiustarsi il pallone un paio di volte prima entrare in area e poi lascia andare la gamba come una mazza da golf puntando al palo lontano. Tutto sotto la supervisione assente di Kvaratskhelia e Zielinski. Era il gol del pareggio, poi negli ultimi minuti il Napoli è tornato in vantaggio e alla fine ha vinto. Ma il lampo di Chiesa è uno dei messaggi più significativi della partita: ha segnato alla prima azione giocata da esterno offensivo. C’è un motivo, il più elementare di tutti, quasi ontologico, dietro questo gol. E cioè che il protagonista di questa azione, Federico Chiesa, è un esterno offensivo. E le sue cose migliori le fa proprio quando gioca in quella posizione. Davvero, non è più complicato di così.

La storia di Chiesa dovrebbe essere un inno al ruolo dell’ala classica, una di quelle storie che si raccontano a partire dalle origini, dai suoi primi passi nel mondo del calcio. Il figlio di Enrico Chiesa che inizia a giocare in una piccola squadra della provincia di Firenze, la Settignanese, e si ritrova un certo Kurt Hamrin come allenatore. Sono già troppi segni-del-destino™ per non credere che il ragazzo farà strada. E ne ha fatta, come previsto e prevedibile, Ma solo fino a un certo punto.

Purtroppo è fin troppo facile, quando in Italia si parla di calcio, arrivare dire che Massimiliano Allegri ha rovinato la festa, dargli tutte le colpe per il rendimento della Juventus, dei suoi giocatori, per il livello espresso dal campionato e persino dalla Nazionale italiana. Però questo argomento, intendiamo l’argomento-Chiesa, non si può affrontare se non si parte da lui.Le strade di Chiesa e Allegri si sono incrociate nell’estate del 2021, al secondo anno di Chiesa alla Juventus e all’inizio della seconda avventura di Allegri sulla panchina bianconera. La premessa/spoiler da fare è che la stagione 2021/22 è anche quella in cui, a gennaio, Chiesa si è rotto il legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro. Quindi l’allenatore bianconero ha avuto a disposizione il giocatore solo per una quindicina di partite. Quella che abbiamo visto dopo è la versione del giocatore post-infortunio, il ragazzo che ha dovuto seguire il percorso di riabilitazione raccontato in Federico Chiesa: Back on track – il primo documentario produzione originale di Juventus Creator Lab, lo trovate su Amazon Prime – tra allenamenti propriocettivi, stretching, massaggi, bagni in acqua fredda e tanto lavoro psicologico.

Un infortunio di quel tipo pesa, però pesa fino a un certo punto. Perché Allegri ha usato Chiesa in molti modi diversi in questi anni, ma quasi mai per metterlo a suo agio, e quasi sempre per renderlo il giocatore che lui avrebbe voluto, o quello di cui la Juventus aveva bisogno. Non sono rare le occasioni in cui il tecnico cui ripete alla stampa che Chiesa deve fare l’attaccante perché deve segnare 15 gol o più, e altre cose del genere. È vero che il suo modo di giocare sembra suggerire che sia più un finalizzatore che un rifinitore, o comunque uno che vuole concludere l’azione più che costruirla, e in questo senso, Allegri sembra assecondare le qualità del suo giocatore, ma è vero pure che Chiesa ha 26 anni compiuti. E che questi numeri, per un motivo o per un altro, non li ha mai avuti: l’unico campionato chiuso in doppia cifra per gol segnati è quello interrotto dalla pandemia, e allora giocava nella Fiorentina. Insomma: non basta volerlo, bisogna anche mettere un giocatore nella condizione per farli, quei numeri.

Federico Chiesa è un giocatore tutto verticale, di quelli che puntano sempre il fondo del campo e la porta. Ma è anche un esterno che ama partire largo, che quando non può esplodere in avanti tagliando il campo in diagonale sembra affogare. Sono delle condizioni che Allegri e la sua Juventus faticano a garantirgli. Già a novembre 2021, quindi due anni e mezzo fa,  la sensazione era che Chiesa fosse regredito dall’arrivo di Allegri, o che comunque avesse smesso di progredire. Perché se Pirlo e poi Mancini sembravano aver trovato la chiave giusta e il sistema migliore per sfruttare le sue qualità, il primo approccio il nuovo allenatore della Juve era stato molto diverso, decisamente più negativo. Il tema era – ed è ancora – prima di tutto geografico, riguardava – e riguarda ancora – il posizionamento di Chiesa, la porzione di campo in cui si muove. E quindi si può dire che le scelte tattiche di Allegri abbiano in qualche modo limitato un giocatore che si era dimostrato fortissimo, che era stato protagonista nella semifinale e nella finale di un Europeo, che aveva tutto per essere decisivo nelle partite più importanti di una stagione calcistica, anche ai massimi livelli del calcio europeo.

UNSTOPPABLE è proprio il termine adatto

Chiesa è ancora un giocatore fortissimo. È il miglior talento offensivo di una generazione di giocatori italiani – difficile inquadrarla, consideriamo per comodità un gruppo di calciatori nati tre o quattro anni prima e dopo di lui. Si parla per altro di una generazione piena di talento in tutti gli altri reparti tranne l’attacco, in cui ci sono Donnarumma, Bastoni e Barella, per citarne uno per ruolo. Il suo potenziale è evidente a chiunque abbia a che fare con lui. Anche Luciano Spalletti, che non lo aveva mai allenato prima, ha dimostrato di voler puntare su di lui per costruire la sua Nazionale. A novembre Chiesa ci ha fatto vedere cosa può essere per l’Italia, oggi e in futuro, segnando due gol contro la Macedonia del Nord, in una partita vinta 5-2. Per avere un termine di paragone: l’ultima doppietta di Chiesa con la Juve risale a marzo 2021, agli ottavi di finale di Champions League contro il Porto.

A guardare le altre squadre in Italia e in Europa si potrebbe dire che Chiesa sia anche il giocatore più contemporaneo tra gli attaccanti italiani, il più simile ai Kvaratskhelia, ai Leão, ai Doku, ai Gabriel Martinelli e ai Barcola che fanno impazzire i terzini dei loro campionati. Solo che Chiesa è già più anziano di tutti quelli citati, ed è anche il meno compiuto. Da sempre si parla di lui come di un predestinato, ma la sensazione è che il suo talento stia sfiorendo, che si stia perdendo, e che noi ci stiamo perdendo qualcosa di grande.

La prima a rimetterci è la stessa Juventus, che nel 2021 ha rilevato a titolo definitivo – dopo un anno di prestito – un giocatore non ancora 24enne in un’operazione da circa 50 milioni: una cifra che già oggi sarebbe difficilmente reperibile, nel caso in cui Chiesa finisse sul mercato. Ma la parte peggiore è l’idea per cui il suo valore e il suo rendimento non abbiano mai raggiunto i picchi che speravamo, la sensazione per cui il plateau della sua carriera sia assestato su un livello più basso del previsto. Il problema sta nell’immagine di un ragazzo che ha sprecato anni di carriera in una squadra e con un allenatore che non hanno saputo valorizzato. Forse anche lui ci ha messo del suo, o forse semplicemente le nostre aspettative erano troppo alte. In ogni caso è difficile non vedere in lui un’occasione persa, del tutto o in parte.

Nel finale di Federico Chiesa: Back on track, il responsabile dello staff medico della Juventus, Nikos Tzouroudis, dice che «tornare a vedere Federico fare tutto quello che sa fare con il pallone è una gioia enorme, dà grande appagamento a tutto lo staff che lo ha seguito nel percorso di ripresa dopo l’infortunio». Sono immagini e parole di oltre un anno fa e sono spendibili ancora oggi. Perché a ottobre Federoco Chiesa compirà 27 anni e meriterebbe almeno un’occasione per rendere al meglio, per giocarsi tre o quattro stagioni – teoricamente quelle che coniugano il picco atletico con un punto di maturità calcistica abbastanza alto – in un contesto che lo aiuta e lo valorizza. Che sia alla Juventus o altrove. Perché è vero, vedere Federico fare tutto quello che sa fare con il pallone e anche senza è una gioia enorme. La speranza è che gli venga data la possibilità.