La sconfitta dell’Inter in casa dell’Atlético Madrid si è determinata in modo particolare. Intanto si può dire sia stata inattesa, soprattutto alla luce dello stato di forma dell’Inter, di come era andato il match d’andata, della superiorità manifestata – ma non concretizzata – dalla squadra di Simone Inzaghi a San Siro, del controllo imposto dai nerazzurri anche a Madrid; poi però l’Atlético ha alzato i ritmi fisici e tecnici della gara, l’Inter ha fallito alcune occasioni colossali e non ha retto nel finale. Certo, la squadra di Inzaghi si è risistemata nei supplementari e forse avrebbe anche potuto vincere prima dei rigori, ma a quel punto le sostituzioni – intese come scelte fatte dall’allenatore, ma anche come qualità dei ricambi a disposizione – non hanno permesso ai nerazzurri di rimettere la testa avanti, di evitare la lotteria dal dischetto. Che è andata com’è andata, purtroppo per l’Inter.
A freddo, la partita di Madrid e il doppio confronto Inter-Atlético si possono leggere in molti modi diversi. Per quanto riguarda i nerazzurri, è chiaro che tutto il buono visto finora non può essere cancellato, né ridimensionato: la stagione della squadra di Inzaghi resta ottima, la sconfitta agli ottavi di Champions è arrivata al termine di due gare equilibrate contro un’avversaria di livello. Ecco, si può dire che forse i nerazzurri abbiano pagato il loro unico limite, ovvero un delta di qualità troppo ampio tra alcuni titolari e alcune alternative, soprattutto in attacco. Ma la Champions è così, è crudelissima, non concede distrazioni, non perdona niente; il livello delle prestazioni individuali e collettive deve essere sempre alto – ricordiamo che l’Inter è arrivata seconda nel girone iniziale a causa dei pareggi contro Real Sociedad e Benfica – e deve diventare altissimo nella fase a eliminazione diretta.
Ecco, proprio partendo da qui va necessariamente aperto un discorso sulla qualità del nostro campionato, sul fatto che l’Inter abbia già ipotecato lo scudetto eppure perde in Champions contro la quarta in classifica della Liga. Come al solito, in certi casi come in tanti altri, bisogna partire dai numeri: la Serie A non ha portato squadre ai quarti di finale della Champions League 23/24, così come era successo nel 2021/22, come era successo nel 2020/21. L’anno scorso, invece, ai quarti c’erano Inter, Napoli e Milan. Un’analisi puramente statistica di questo trend suggerirebbe che quello della stagione 22/23 è stato un exploit, e si tratta di una lettura condivisibile. Nel frattempo, però, va anche detto che la Serie A ha il miglior Ranking europeo assoluto nella stagione in corso, che un anno fa la lega italiana ha dato un ampio scarto di punti a Bundesliga e Liga, che da un lustro va avanti una netta rimonta che porterà il nostro campionato alle spalle dell’irraggiungibile Premier League. Anche questa è una tendenza inconfutabile, potete accertarvene qui.
E allora qual è la verità? A che altezza si trova davvero la Serie A, nella scala dei campionati e delle coppe europee? La risposta sembra essere articolata, ma in realtà è piuttosto semplice: i top club italiani – Juventus, Inter, Milan e Napoli, stando ai risultati degli ultimi anni – vivono in una sorta di Terra di Mezzo. A livello economico, e quindi anche tecnico. Possono vincere e a volte dominano il campionato, ma sono piuttosto lontani dai giganti della nostra era (Manchester City, Real Madrid, Bayern Monaco: sempre almeno ai quarti dal 2020 a oggi). E se la giocano con gli altri. Chi sarebbero questi altri? Gli Atlético Madrid, i Benfica, gli Eintracht Francoforte, i Tottenham, i Barcellona, i Villarreal, i Porto, i Siviglia, i West Ham, i Leicester, i Feyenoord. Questo elenco di squadre non è stato compilato a caso: ci sono solo club che hanno incrociato le italiane nelle ultime edizioni della Champions. E i risultati sono stati altalenanti, non c’è un trend riconoscibile. Abbiamo visto delle partite sempre aperte, sempre incerte. Da Tripla, direbbero i nostalgici del Totocalcio. E allora un ruolo fondamentale ce l’ha il caso, inteso come sorteggio – l’Inter, tanto per fare un esempio, ha sicuramente più possibilità contro il Porto che contro l’Atlético Madrid – ma anche come puro incastro di contingenze: pensiamo per esempio al Napoli 23/24 e alla fatica che avrebbe fatto per superare l’Eintracht, mentre l’anno scorso la doppia sfida degli ottavi non è mai stata in discussione, nemmeno per un istante.
Quando si trovano in contesti meno competitivi, invece, i club italiani spesso vivono dei grandi percorsi. Lo dice la storia: dal 2020 in poi, le squadre di Serie A hanno centrato un quarto di finale (Atalanta 2022), due semifinali (Roma 2021, Juventus 2023) e due finali (Inter 2020, Roma 2023) di Europa League; in Conference siamo già a una vittoria (Roma 2022) e a una finale raggiunta (Fiorentina 2023) in due edizioni dall’istituzione del torneo. Questa continuità ha risistemato il Ranking, ha rimesso l’Italia sulla mappa del calcio europeo, dovrebbe spingerci a pensare/dire che la Serie A magari non riesce a esprimere grandi eccellenze a livello internazionale, questo no, ma resta un torneo competitivo, in cui ci sono molte realtà di peso nella media borghesia europea. Non sarà il massimo, ma non è poco. È come avere una bella villetta indipendente, magari su due piani, con piscina e box auto. Però in periferia.