Kobbie Mainoo, è nata una stella

Il Manchester United e l'Inghilterra hanno un nuovo, grande centrocampista.

«Troppo non è mai abbastanza», deve aver pensato Gareth Southgate dopo le due amichevoli giocate dall’Inghilterra contro Brasile e Belgio. Nonostante l’enorme quantità di talento a sua disposizione, da Phil Foden a Jude Bellingham, il ct inglese sembra averne trovato altro. Nella partita contro il Belgio, infatti, tutti sono rimasti stregati da Kobbie Mainoo: il giovane centrocampista del Manchester United è stato nominato Mvp della gara nonostante fosse alla sua prima da titolare con la maglia della Nazionale inglese, dopo l’esordio assoluto avvenuto contro il Brasile. E dopo soli 112 giorni dalla prima gara giocata dall’inizio in Premier League: se non è un record, poco ci manca. 

Ma non è solo una questione di statistiche, di record e di precocità. Mainoo, infatti, sembra già il centrocampista inglese più forte del momento. Di certo è il più completo: molto atletico, bravo in interdizione, sa portare il pallone in avanzamento e ha una buonissima visione di gioco. Il paragone più frequente è quello con il miglior Paul Pogba, di cui ha letteralmente preso il posto in campo, mentre l’ex difensore dello United Rio Ferdinand ha chiamato in causa Clarence Seedorf. Altri commentatori, come Jacob Steinberg del Guardian, hanno alzato ancora di più l’asticella: «Mainoo è la risposta dell’Inghilterra a Luka Modric, il loro Andrea Pirlo, un talento con la tecnica e la capacità di dettare i tempi del pressing, controllare il ritmo e infilarsi fra gli avversari vedendo spazi che gli altri giocatori che sperano di occupare il terzo posto nel centrocampo di Gareth Southgate non vedrebbero». Per un altro ex United, Wayne Rooney, Mainoo «è incredibile per la sua giovane età. Sembra che prenda sempre le decisioni giuste».

Nato nel 2005 a Stockport, città dell’area metropolitana della Greater Manchester con una importante tradizione nella produzione di cappelli, Mainoo proviene da una famiglia di origine ghanese, tanto che avrebbe potuto anche scegliere di giocare per la Nazionale africana (e in realtà potrebbe ancora farlo, visto che non ha ancora giocato nessuna partita ufficiale con l’Inghilterra). Il suo nome si pronuncia come quello di Kobe Bryant, di cui il padre – da cui ha ereditato la passione per il basket – era tifoso. I suoi ex insegnanti assicurano che da bambino fosse proprio come oggi: «Piuttosto modesto, amante del divertimento, scherzoso, sempre con un grande sorriso, ma mai al centro dell’attenzione». Uno dei suoi primi allenatori ha raccontato che fin da bambino era come «una spugna assetata di conoscenza», sempre desideroso di imparare cose nuove. Ha due sorelle a cui è molto legato, Ama ed Efia, e un fratellastro maggiore, Jordan Mainoo-Hames, che fa il modello e nel 2019 ha partecipato al reality Love Island – insomma, era la vera celebrità della famiglia prima dell’esordio di Kobbie con la prima squadra dello United.

Dopo aver iniziato a giocare a calcio già all’età di quattro anni, a nove Mainoo è entrato a far parte dell’Academy del Manchester United, squadra di cui era tifoso (si dice che anche i rivali del City fossero interessati a lui). Agli inizi giocava come attaccante – il suo idolo era Ronaldinho –, ma con il tempo è arretrato sempre di più, diventando prima un 10 e poi un vero e proprio “tuttocampista”, un incrocio fra un 6 e un 8. Nei primi mesi del 2023, quando non era ancora maggiorenne, ha esordito con la prima squadra dello United, per qualche apparizione sporadica fra campionato e coppe. Un’esperienza che comunque è stata fondamentale: come dichiarato dallo stesso Mainoo, giocare al fianco di centrocampisti di grande esperienza come Bruno Fernandes e Casemiro gli ha consentito di imparare tanto.

Per la stagione 2023/2024, Ten Haag gli ha cucito addosso un ruolo da titolare, almeno prima che un infortunio lo tagliasse fuori dai giochi per alcuni mesi. Nel corso della prima conferenza stampa della stagione, l’allenatore olandese ha addirittura affermato che l’assenza di Mainoo rappresentava un problema per la sua squadra. E così, appena tornato disponibile, il ragazzo ha potuto riprendere il proprio posto in campo, diventando praticamente inamovibile. «Ho dovuto adattarmi rapidamente alla Premier League», ha raccontato Mainoo. «Ovviamente è molto impegnativa dal punto di vista fisico e mentale, quindi è stata dura. Ma ora sento di essermi ambientato e mi sto divertendo.» Nello spogliatoio, lo chiamano con il soprannome affibbiatogli dal responsabile delle divise della squadra quando aveva 16 anni: Love Island.

A gennaio di quest’anno sono arrivati, tutti in poco tempo: il primo gol con la prima squadra, in FA Cup contro il Newport County, e il primo in Premier League, in casa del Wolverhampton. Tra l’atro la marcatura contro i Wolves è arrivata nei minuti di recupero della partita. Il Manchester United, d’altra parte, è da sempre un’isola felice per i giovani calciatori, soprattutto quelli provenienti dalla sua Academy. Qualche sempio? I due Neville, David Beckham, Ryan Giggs e Paul Scholes ai tempi dei “Fergie’s Fledglings”; più di recente è stata la volta di Jesse Lingard, Marcus Rashford e Mason Greenwood. Kobbie Mainoo, dunque, non è solo una delle pochissime note positive all’interno dell’ennesima stagione travagliata dello United, ma sta anche contribuendo a dare continuità a uno dei più importanti record della società, che dal 1937 a oggi ha sempre schierato nelle proprie formazioni titolari almeno un calciatore proveniente dalle proprie giovanili.

Talento generazionale, sì, non è così esagerata come definizione

La carriera di Mainoo, insomma, sta correndo piuttosto veloce. Eppure una delle doti che gli sono state riconosciute in questi mesi è la maturità da veterano, sia in campo che fuori. Un aspetto sottolineato anche da Ten Haag: «È determinato, ha un buon carattere e spero che continui con questi progressi». Nelle interviste è sempre molto rispettoso, umile e pacato, pronto a ribadire come stia vivendo un sogno a ogni aperti. Il tutto detto sfoderando un timido sorriso da ragazzo perbene. E poi non manca mai di ringraziare la società, i compagni di squadra e i tifosi per l’importante contributo dato ai suoi precoci conseguimenti. Sembra, insomma, che Mainoo abbia già ben digerito il dizionario delle frasi fatte per il bravo calciatore, oltre alle indicazioni tattiche del suo allenatore.

Nel corso delle partite, inoltre, Mainoo non dà mai l’impressione di essere in affanno, neanche nei momenti di difficoltà. Basta guardare il primo tempo della partita di FA Cup dello scorso 17 marzo contro il Liverpool: nonostante i due gol subiti, il giovane centrocampista non si è mai scomposto ed è riuscito a dare sicurezza a una squadra, il Manchester United, che ne aveva ben poca – come da copione di questa stagione – e a portarla alla vittoria. Morale della favola: dopo averlo inizialmente escluso dalle convocazioni per le amichevoli contro Brasile e Belgio, il CT dell’Inghilterra Gareth Southgate l’ha subito chiamato, scippandolo alla Under 21 – e non per sostituire un infortunato, ma come ulteriore aggiunta. «Ero scioccato e felice. È stato un turbinio di emozioni, un paio di giorni piuttosto folli», ha dichiarato Mainoo, mostrando il suo solito aplomb.

Mainoo si è subito integrato alla perfezione nel gioco di Southgate, trovando una buona intesa con le due star della nazionale, Jude Bellingham e Phil Foden. Lo stesso CT si è detto impressionato dalla sua prestazione contro il Belgio: «Le sue qualità sono sotto gli occhi di tutti: la capacità di ricevere sotto pressione, di affrontare le sfide, di manipolare il pallone nello spazio stretto». Southgate ha inoltre sottolineato come Mainoo sia in grado di ricoprire un ruolo attualmente scoperto nella nazionale inglese, soprattutto considerando il periodo di difficoltà che stanno attraversando Jordan Henderson e Kalvin Phillips. Sembra insomma che Kobbie Mainoo sia capitato al posto giusto nel momento giusto, e che l’obiettivo minimo della convocazione per gli Europei 2024 sia davvero alla sua portata.