La peggior squadra campione d’Italia

Cronaca tragicomica del Napoli 2023/24: le scelte insensate di De Laurentiis, da Garcia a Mazzarri a Calzona, fino al decimo posto in classifica.

È all’apice del successo che si commettono gli errori più clamorosi, quelli che invertono il corso della storia e conducono al disastro. Senza scomodare Napoleone e tanti altri, molto più modestamente è accaduto anche ad Aurelio De Laurentiis. Travolto dalla sbornia della vittoria, il presidente del Napoli ha smarrito la via maestra della razionalità e ha strambato verso un altrove che lo ha condotto all’annata fallimentare appena terminata. Rivista Undici ha deciso di raccontare per tappe l’anno da dimenticare della squadra campione d’Italia e del suo presidente. La data dell’inversione di tendenza è il 4 giugno 2023. Esattamente un mese dopo l’aritmetica conquista dello scudetto a Udine. Alla festa al Maradona, il presidente risponde così all’inviato della Rai Giacomo Capuano che gli chiedeva a che punto fosse la ricerca del nuovo tecnico dopo l’addio di Spalletti: «Il Napoli puoi allenarlo anche tu: visto che squadra che abbiamo?». È la conferma della difficoltà dell’uomo a reagire agli abbandoni, alle separazioni non volute. Stavolta due in un colpo solo: Luciano Spalletti (considerato un vero e proprio tradimento) e Cristiano Giuntoli (un addio, questo, quasi programmato, di cui il presidente ha sempre saputo).

Il 5 giugno, nella girandola di ospitate tv, De Laurentiis fa visita a Unomattina, trasmissione Rai, e dichiara che «per la panchina del Napoli ci sono almeno 20 candidature, sono aumentate, c’è tutta l’Europa. Adesso comincia la corrida. Capisco che i giornalisti devono riempire i titoli ma ci vuole serietà, professionalità e capacità di attendere. La festa è ancora in corso e io non sono in grado di stupirvi. Abbiamo tutto il mese di giugno. Comunque, anche io ieri ho preso appunti, ho fatto l’allenatore di me stesso». Con incursioni anche nell’assetto tattico: «Il 4-3-3 è il nostro modulo, assolutamente da continuare. Abbiamo dei giocatori straordinari, che vogliamo tenere. Abbiamo sul tavolo una decina di allenatori che abbiamo verificato e che possono cimentarsi o si cimentano con il 4-3-3».

Il giorno arriva, ed è il 15 giugno. Come al solito, il presidente annuncia il nuovo tecnico con un tweet. Lo fa all’ora di cena. Nome a sorpresa, nonostante se ne fosse parlato. «Ho il piacere di annunciare che, dopo averlo conosciuto e frequentato durante gli ultimi 10 giorni, il signor Rudi Garcia sarà il nuovo allenatore del Napoli. A lui il più sincero benvenuto e un grande in bocca al lupo!» La presentazione avviene quattro giorni dopo, il 19 giugno, al Museo di Capodimonte diretto dal francese Bellenger. E lì Rudi comincia a dire quel che i tifosi, la piazza, la città non sono pronti ad ascoltare: «Quando si inizia la nuova stagione, si riparte da zero. Perché è molto difficile dire che senza fare sforzi, senza sudore, senza la collettività, si può arrivare a grandi traguardi. I giocatori devono dimenticare quello che hanno fatto salvo la fiducia per rimanere umili e mantenere ambizioni». Parole che definire profetiche è poco. E ancora: «Se sono motivati come me, saremo una squadra tosta, che lotta. Dobbiamo stare attenti sul piano psicologico. Quando hai vinto, ti puoi addormentare un po’ ma io metterò la sveglia a tutti e li farò crescere». Otto mesi dopo, De Laurentiis dirà che durante quella conferenza pensò di esonerare Garcia. In realtà, come vedremo, è stato più grave l’errore di non averlo difeso rispetto a quello di averlo scelto.

A metà luglio, il 13, De Laurentiis annuncia il nuovo direttore sportivo. Nome più sorprendente di Garcia. Si tratta di Mauro Meluso ex Lecce ed ex Spezia. È lo stesso Meluso, tre giorni dopo, a raccontare com’è avvenuto il suo ingaggio. Sembra un film dei Monty Python: «Il 13 luglio il presidente mi ha chiamato, intorno alle 7 del mattino, e mi ha chiesto di incontrarlo. Abbiamo chiacchierato, mi ha fatto un bel po’ di domande anche se mi conosceva già. Siamo stati a pranzo con Micheli e Antonio Sinicropi, a tavola col golfo e Capri. De Laurentiis ha tirato fuori un fogliettino e in 20 secondi ci siamo messi d’accordo. Così è nata quest’avventura». 

La citazione di Sinicropi merita un ulteriore passaggio in questo racconto: è il compagno della figlia di De Laurentiis, Valentina. Il 10 agosto viene annunciato come nuovo dirigente del club: «La Sscn è lieta di comunicare che a partire dalla data odierna, Antonio Sinicropi rivestirà la carica di Club Manager della prima squadra. Sinicropi, in passato calciatore professionista per diversi anni, ha recentemente ottenuto l’abilitazione a Coverciano come direttore sportivo e ha partecipato ai principali progetti aziendali degli ultimi mesi di concerto con il presidente. Sinicropi avrà un ruolo strategico di raccordo fra area sportiva e area aziendale, lavorando a stretto contatto con la proprietà e con l’ad Andrea Chiavelli. Ad Antonio vanno i migliori auguri del presidente De Laurentiis per questa nuova avventura professionale».

Gli ingredienti per il disastro ci sono già tutti. Ma la città non ha occhi per vedere né orecchie per ascoltare. L’orchestra suona e i napoletani ballano. Ma nessuno pensa al Titanic. Del ritiro estivo vanno ricordati i bagni di folla del presidente tra i tifosi; la lezioncina di imprenditoria impartita alla Figc e al calcio italiano sulla vicenda Spalletti ingaggiato come ct della Nazionale. E la telenovela estiva per il rinnovo di Osimhen (che poi arriverà a dicembre). 

Si parte e il Napoli batte Frosinone e Sassuolo prima di perdere in casa contro la Lazio. Arrivano due trasferte: Genoa e Bologna. Due pareggi ma soprattutto due polemiche dell’allenatore con i giocatori più rappresentativi: prima Kvara che a Marassi manda a quel paese Garcia al momento della sostituzione; e poi Osimhen, anche lui sostituito e mentre esce dal campo fa segno al tecnico che lui e Simeone avrebbero potuto giocare in coppia visto che quella partita sarebbe stata da vincere. Non c’è bisogno di tirare in ballo l’incomunicabilità di Antonioni per comprendere che tra il francese e il resto della truppa c’è qualcosa che non fila. A completare il quadro ci si mette anche una storia di razzismo tra Osimhen e il Napoli per un video su Tiktok. In Italia la vicenda ha una eco tutto sommato modesta, all’estero no: Thierry Henry ne parla alla Cbs, con parole dure nei confronti del club. Una figuraccia mica da niente. 

Torniamo al campo e ai risultati. Uno psicoterapeuta bravo terrebbe una lectio sulla differenza tra vita reale e vita percepita. La vita reale del Napoli non era poi tanto brutta, se solo presidente, giocatori e l’entorno avessero preso atto che una storia era finita. La vita percepita, invece, aveva l’ago fisso sulla parola disastro. Intanto il Napoli segna quattro gol all’Udinese e quattro al Lecce. Poi, perde 2-3 in casa col Real Madrid e soprattutto l’8 ottobre va in scena la disfatta contro la Fiorentina di Italiano: 1-3 e Raspadori interno di centrocampo. La piazza ribolle. Le voci si rincorrono. Il 10 ottobre il presidente partecipa a un incontro alla Luiss e di fatto sfiducia il francese: «Con Garcia sto vivendo un momento no. Prenderò le decisioni più opportune quando sarà il momento di prenderle. La piazza non può essere condizionante. Devi fare sempre una pausa riflessiva. Ogni decisione affrettata è sbagliata. Bisogna mitigare questa esigenza di avere tutto e subito, nella vita non è possibile. Testa bassa, pedalare e lavorare». Nello stesso incontro, De Laurentiis esplicita che Garcia è stata una soluzione di ripiego dopo i no di Thiago Motta e Luis Enrique. Il presidente insegue Conte. Lo incontra anche in un albergo al centro di Roma. Ma i due non si accordano e il 12 ottobre il tecnico ex Tottenham mette definitivamente a tacere le voci con una storia su Instagram: «Sento insistenti voci di mercato che mi accostano a club importanti, ma ribadisco che per adesso c’è solo la volontà di continuare a stare fermo e godermi la famiglia».

Era dalla stagione 1996/97 che una squadra campione d’Italia non riusciva ad accedere alle coppe europee giocando con lo scudetto sul petto: l’ultima volta era accaduto al Milan di Tabárez e Sacchi (Marco Bertorello/Getty Images)

In un solo colpo, De Laurentiis sfiducia Garcia senza riuscire a sostituirlo. Un capolavoro. Il Napoli è quinto in classifica, la percezione è quella della zona retrocessione. Non pago, il presidente di fatto lo commissaria. Va ad assistere a quasi tutti gli allenamenti. Spesso le cronache riportano sue discese nello spogliatoio tra il primo e il secondo tempo. Accade anche il 12 novembre, nell’intervallo di Napoli-Empoli. Il francese cambia sistema di gioco e lascia in panchina Zielinski e Kvara. Il signor Aurelio irrompe come al solito ma stavolta il francese risponde per le rime. Finisce che vince l’Empoli e Rudi viene esonerato. Dopo dodici giornate. Da quarto in classifica. A soli due punti dal Milan terzo. 

Il 12 novembre, nessuno a Napoli immagina che qualche mese dopo il francese sarebbe stato rimpianto. Saltato Conte, De Laurentiis sfoglia la margherita. Incontra Tudor ma il feeling non scatta. E poi il croato non si accontenta di pochi mesi da traghettatore, vorrebbe un anno e mezzo di contratto. Spalle al muro, in preda alla disperazione, Adl si rifugia in una scelta incomprensibile, dal sapore della senilità: il ritorno di Walter Mazzarri, il rifugio nel passato. Anticipato da un’intervista al Corriere dello Sport in cui il toscano dichiara di essere cambiato, di aver studiato il gioco di Spalletti e di essere pronto a giocare anche con la difesa a quattro. Perché – non dimentichiamolo – a Napoli vige ancora il dogma del 4-3-3 rimarcato a inizio anno dal presidente. Comincia persino bene Mazzarri, con una vittoria in casa dell’Atalanta. Sarà una delle pochissime soddisfazioni della sua gestione. Che si concluderà alla vigilia di Napoli-Barcellona gara d’andata degli ottavi di Champions. Ultima chance per il club di conquistare l’ambito Mondiale per club. La squadra, nel frattempo, dal quarto posto con Garcia, è scivolata al nono posto.

De Laurentiis prova il terzo e ultimo allenatore: Francesco Calzona detto Ciccio. Anche questo è un ritorno al passato. È stato il secondo di Sarri negli anni di Napoli. Torna anche il preparatore atletico Sinatti, uno dei protagonisti dello scudetto. Nemmeno l’ultimo disperato tentativo riesce. Il Napoli gioca con Barcellona senza Zielinski inspiegabilmente escluso dalla società dai convocati per la Champions. Con Calzona il Napoli riesce nell’impresa di peggiorare ulteriormente. Finisce decimo in classifica. Fuori dalle coppe europee dopo quattordici anni. Col capitano Di Lorenzo che chiede la cessione. I tifosi che contestano i calciatori. Osimhen e Zielinski all’ultima partita senza nemmeno un giro di campo per salutare. Poteva andare peggio? Beh, poteva piovere.