Mats Hummels è l’unico calciatore che, quando me lo immagino, la prima cosa che vedo di lui è il volto. Di solito l’immagine mentale di qualsiasi altro calciatore la costruisco a partire da quel che di lui è più facile ricordare: spesso sono i colori della maglia, talvolta il modello delle scarpe da calcio. Con Hummels succede diversamente perché Hummels è diverso da tutti gli altri calciatori del mondo. Tanto vale esseri onesti e dire le cose come stanno: con Hummels succede diversamente perché Hummels è più bello di tutti gli altri calciatori del mondo. Ovviamente ho messo questa mia convinzione – sarebbe più corretto dire attrazione – alla prova di internet, per assicurarmi che non fosse una cotta soltanto mia. Volevo accertarmi che ci fossero anche altri che condividessero la mia opinione secondo la quale Hummels rappresenta uno dei più riusciti tentativi di definire un ideale di bellezza maschile. Come sempre nei momenti davvero importanti e nelle questioni veramente fondamentali, internet non mi ha deluso. È bastata una rapida ricerca numerose conferme della mia comunque fermissima opinione sulla bellezza di Hummels. Su Pinterest la chiave di ricerca “Mats Hummels Handsome” è quella che restituisce più foto del giocatore. Su Tumblr si commentano le sue immagini chiedendo retoricamente se si tratti del giocatore più bello della storia del calcio. Su Wattpad un ammiratore particolarmente appassionato – nickname “hummelsino” – ha messo assieme una gallery assai intrigante di foto di Hummels dentro e fuori dal campo, prima durante e dopo la partita. In tutte le edizioni di Europei e Mondiali ai quali ha partecipato, ovviamente Hummels è stato schierato titolare nella squadra della bellezza.
Questo è il momento in cui dovrei interrompere questa lunghissima digressione sulla bellezza di Hummels e trasformare questo pezzo in una seria, sportiva, calcistica disamina di un giocatore. Ma ce n’è davvero bisogno? Hummels è il capitano del Borussia Dortmund che potrebbe vincere la Champions League, è il protagonista di una delle storie più sorprendenti degli ultimi anni del calcio europeo (che in effetti negli ultimi anni di sorprese ne ha riservate davvero poche). Per assicurare che anche io sono capace di prendere il calcio sul serio, per anticipare chi commenterà quanto sto scrivendo con il solito, noioso, prevedibile “ma parlate di calcio!”, preciso qui che l’ho letto pure io quel bellissimo pezzo scritto da Stuart James sull’Athletic. “In lode a Mats Hummels, leader nato del Borussia Dortmund”, si intitola. Dentro ci sono tutte le ragioni – e tutte le immagini che dimostrano tutte le ragioni – per le quali Hummels è considerato una delle eccellenze difensive prodotte dalla sua generazione.
È eccellente per il modo in cui trova il tempo di spiegare a Maatsen cosa fare nonostante lui abbia già tanto di cui preoccuparsi. È eccellente per il modo in cui, nel mezzo di un’azione che poteva essere pericolosissima per il Dortmund, affronta Dembele con una postura ormai obsoleta nel gioco difensivo eppure ancora così efficace (o forse la postura è efficace solo perché l’ha usata Hummels? Probabile la risposta giusta a questa domanda sia sì): non volge mai le spalle né al pallone né all’avversario, tiene lo sguardo attaccato contemporaneamente sull’uno e sull’altro, alla fine recupera il possesso con un’iperestensione del corpo intero che a tutto fa pensare tranne che al 16 dicembre 1988, anno di nascita di Hummels. L’azione raccontata da James sull’Athletic finisce con il difensore che ruba il pallone all’attaccante (Dembele) e soprattutto con il Dortmund che batte il Psg qualificandosi alla finale di Champions League. Rivedendo questa azione viene da chiedersi come sia stato possibile escludere Hummels dai convocati della Nazionale tedesca per l’Europeo ormai imminente. È una di quelle decisioni, questa, che fanno soffrire due volte un fan come me. Una volta per l’esclusione in sé e per sé, per il fatto che sia stato arrecato un dolore a un difensore così forte – aggiungo per correttezza: e a un uomo così bello – al termine di una stagione eccellente che potrebbe essere l’ultima stagione eccellente della sua carriera, traguardo che ha raggiunto evidentemente spinto dal desiderio, negato, di chiudere in bellezza anche con la Nazionale. La seconda volta soffro all’idea di vedere vincere l’Europeo alla Germania, squadra di cui Hummels avrebbe potuto (dovuto) essere il capitano.
Dunque ho le mie ragioni di campo per amare Hummels, ragioni di campo che comunque non superano quelle del cuore. In questi giorni mi sono imbattuto in una gallery in cui si provava a tracciare una mappa di tutte le somiglianza tra Hummels e le star di Hollywood presenti e passate, e a capire chi tra il calciatore e gli attori fosse più attraente. C’è chi lo paragona a un giovane Ezra Miller per il taglio affilato degli occhi, chi nella sua mascella vede scolpita la stessa mascolinità di Jason Momoa, che nel suo sorriso modesto, malinconico, sottile rivede il giovane Marlon Brando. Ma come in tutte le passioni tra una persona e un’altra – pur a senso unico come nel caso di questa mia per Hummels, ahimè – l’estetica non è sufficiente come spiegazione della passione stessa. Hummels è anche un uomo con un ottimo senso dell’umorismo, per esempio. In passato, tutte le volte che gli è stato chiesto di trovare le ragioni dei periodi di suo scarso rendimento, ha sempre risposto con una divertita auto vessazione: «È che in questo periodo mi sento grasso», è una risposta che ha dato spesso ai giornalisti incuriositi.
Senso dell’umorismo che Hummels ha affinato negli anni frequentando pagine memetiche e profili battutari tra X (fu Twitter), Instagram e TikTok. E in effetti è assai internettiana la battuta con la quale ha commentato la disastrosa stagione europea delle squadre inglesi: «Good harvesting this week my fellow farmers», ha scritto su X, rigirando a suo favore quell’odiosa abitudine dei tifosi inglesi di considerare tutti i campionati continentali una versione minore del loro, leghe povere giocate da contadini che possono solo sognare le ricchezze del calcio giocato dai nobili al di là della Manica. Hummels anche capo popolo, attraversato da uno spirito internazionalista e paneuropeo: i complimenti per l’ottimo raccolto valevano per tutti i contadini del continente, eroi per una notte. Ha sempre detto, Hummels, che se non fosse riuscito a fare il calciatore avrebbe fatto certamente il giornalista sportivo (che d’altronde è l’attività di famiglia: la madre, Ulla Holthoff, è una leggenda del giornalismo sportivo tedesco che si è sempre preoccupata che il figlio avesse pronto a portata di mano un piano B sul quale ripiegare nel caso in cui qualcosa fosse andato storto con il piano A, con la carriera da calciatore. Alla fine il piano A è filato liscissimo, ma si avvicina alla conclusione per sopraggiunti limiti di età. Chi lo conosce dà per certo che Hummels nella seconda parte della sua vita sarà un giornalista sportivo, un commentatore, un analista tattico. Si dà per certo anche che sarà bravissimo, per capacità di apprendere e per predisposizione genetica al mestiere.
Vedremo come e quando finità la carriera di Mats Hummels. Lui ha detto di voler continuare a giocare a pallone almeno un altro anno, di non sapere se questo altro anno lo trascorrerà a Dortmund, di non escludere di fare finalmente un’esperienza all’estero (si parla sia di Milan che di Juventus, e vedete a che punto mi fa arrivare la mia passione per Hummels: mi sono messo pure a seguire il calciomercato, per lui). Io spero che, se quella contro il Real Madrid deve essere la sua ultima partita in giallonero, sia la migliore partita possibile. Non per altro, ma voglio accertarmi di un sospetto che ho già in testa: se Hummels dovesse vincere la Champions, chi potrà mai togliergli il titolo di giocatore più bello ad aver alzato la coppa dalle grandi orecchie?