Maledetto toscano

Luciano Spalletti è l'uomo in più dell'Italia a Euro 2024: ce lo siamo fatti raccontare da Giorgio Porrà.

Luciano Spalletti è enigmatico, sfuggente, misterioso. Come pensa? Cosa pensa? Quale meccanismo scatta nella sua testa quando si siede in sala stampa, guarda negli occhi i giornalisti, scandisce ogni sillaba del suo discorso e inventa slogan memorabili come «uomini forti destini forti, uomini deboli destini deboli»? Si può provare a raccontarlo partendo dalla sua toscanità, e così ha fatto Giorgio Porrà nella sua ultima produzione originale per Sky Sport, L’Uomo della Domenica – Discorso su due piedi: Luciano Spalletti, il maledetto toscano, disponibile dal 9 giugno. Spalletti è «clamorosamente toscano», sostiene Porrà, e il suo Virgilio è Curzio Malaparte, per cui i toscani sono molto più intelligenti di tutti gli altri italiani, i toscani sono gelosissimi della propria anima, guai a chi gliela voglia sporcare, e soprattutto i toscani hanno il cielo negli occhi e l’inferno in bocca. Questo non è un paese per Stanis La Rochelle, Spalletti è un personaggio letterario e come tale va considerato e narrato. «Io non sono nato in Toscana», ha detto una volta. «Io sono voluto nascere in Toscana».

Quanto sono lontani i tempi di Udine, Roma e San Pietroburgo. Quanto è diverso lo Spalletti di oggi dallo Spalletti che a Napoli viveva da solo in albergo, come in una personale estensione del lockdown che per il resto del mondo era invece ormai diventato un ricordo. Il suo «nomadismo d’autore» è finito, Ulisse ha fatto ritorno a Itaca, il ct vive a un’ora da Coverciano e ritrova sé stesso a Montaione, il suo luogo dell’anima, tra gli animali e le vigne, i trattori e le colline. «Lui è un allenatore che vive nel futuro, un allenatore assolutamente progressista», continua Porrà, «però come uomo rientra perfettamente in questo mondo rurale, bucolico, ci si integra benissimo, lì trova il suo senso della vita». Un’altra volta Spalletti ha detto: «In Toscana ti colpisce la natura rigogliosa, cresce sempre, noi siamo così: vogliamo sempre crescere». Il suo Napoli era come la natura, ambizioso, iper-ottimista: sarà uguale la sua Nazionale?

Alcune scelte hanno fatto un po’ discutere, come la convocazione di Fagioli, che ha diviso la critica e l’opinione pubblica. “Maledetto toscano”, sempre dall’opera di Malaparte, è una definizione che ha dato di Spalletti un altro moschettiere del calcio italiano, Walter Sabatini, che poi ha aggiunto: «Lui è il dirimpettaio della follia». E se non è follia portare agli Europei un calciatore fermo da un anno a causa di una squalifica, allora non esiste la follia. «È una decisione coerente perché una delle qualità di Spalletti è quella di cogliere potenzialità sottotraccia nei suoi giocatori», prosegue Porrà, «noi ricordiamo sempre l’intuizione copernicana di Totti falso nove, ma non è l’unica. Sempre nella Roma ci sono Perrotta assaltatore e Nainggolan trequartista, è andato all’Inter e si è inventato Brozovic playmaker, a Napoli i suoi terzini erano spesso dentro al campo. Probabilmente in Fagioli ha visto qualcosa che può essergli utile in corso d’opera».

Da quando è diventato ct della Nazionale italiana, meno di un anno fa, Luciano Spalletti ha collezionato dieci presenze in panchina, vincendo sei partite, pareggiandone tre e perdendone una sola (Claudio Villa/Getty Images)

Negli ultimi anni, Spalletti è riuscito in qualcosa che neanche Van Basten: ha fatto cambiare idea ad Arrigo Sacchi. In una visione piuttosto manichea del calcio e della vita, Sacchi divide gli allenatori tra strateghi e tattici. Il tattico aspetta gli errori dell’avversario, lo stratega ha un’idea e sa come arrivare al risultato. Allegri è un tattico, Thiago Motta uno stratega; Italiano è uno stratega, Palladino è ancora un tattico. Sacchi, naturalmente, vuole essere considerato uno stratega. E se nel 2021 Spalletti era un tattico, l’anno scorso con lo scudetto è diventato stratega, il suo calcio è moderno, riconoscibile, «libero», come arriva a definirlo Porrà. «Ha sintetizzato al meglio tutte le tendenze progressiste di questi anni, soprattutto quelle di Guardiola e di Klopp», dichiara, «César Luis Menotti diceva che il calcio è tre cose, spazio, tempo e inganno, e aiuta a capire la vita. Secondo me è in questa direzione che va il lavoro di Spalletti».

Una direzione che, sempre secondo Porrà, non si può però limitare agli imminenti Europei. «Io vorrei che fosse chiaro», dice, «per sgombrare il campo da illusioni un po’ eccessive, che l’obiettivo di questa gestione è soprattutto centrare il Mondiale 2026. Noi dobbiamo eliminare questo scempio, questo strazio della Nazionale quattro volte campione del mondo che non si qualifica al Mondiale. Quindi dobbiamo pensare a quello. Gli Europei servono per gettare le fondamenta, per fare anche magari bella figura, per ricementare il sacro vincolo con gli italiani, per consentire a Spalletti di completare la sua rivoluzione e di riuscire a ottenere la sua Nazionale, ma ci vuole inevitabilmente un po’ di tempo, non so se riusciremo a ottenere tutto questo durante questi Europei». Nella puntata Porrà cita la fallimentare avventura dell’Italia al Mondiale 1974, raccontata anche da Giovanni Arpino nel romanzo Azzurro tenebra, che chiuse l’era di Ferruccio Valcareggi e ne aprì un’altra, gloriosa, guidata da Fulvio Bernardini e soprattutto Enzo Bearzot. «Spalletti e Bearzot in comune hanno tante caratteristiche», spiega, «sono due italiani diversi, due inquieti, sentimentali, lavoratori, due che si tengono lontani dai colletti bianchi, dai centri di potere, due che non sono per nulla attratti dalla vittoria senza epica e neanche senza estetica».

E quindi proviamo a fare professione d’ottimismo, come il suo Napoli, come la sua regione, e affidiamo a questo “maledetto toscano” le maggiori speranze di un esito a noi il più favorevole possibile del torneo in Germania. Più dei dribbling di Chiesa, delle parate di Donnarumma, dei gol di Scamacca o degli inserimenti senza palla di Frattesi, il vero fuoriclasse dell’Italia è lui, l’uomo in più è seduto in panchina, e non può incidere tanto con le gambe quanto con le idee, le intuizioni, le strategie. Come pensa Luciano Spalletti? Cosa pensa? In questa notte di vigilia, potrebbe per esempio domandarsi chi sono gli unici tre ct presenti a Euro 2024 che nella loro carriera hanno vinto il campionato in una delle cinque principali leghe d’Europa. Uno è Deschamps, un altro è Nagelsmann, il terzo… è toscano.

L’Uomo della Domenica – Discorso su due piedi: Luciano Spalletti, il maledetto toscano, di Giorgio Porrà, è parte delle nuove Produzioni Originali di Sky Sport per Euro 2024 insieme a Campioni 2021 Rewind. Speciale Mister Condò: storia di un trionfo (dal 7 giugno), Storie di Europei di Federico Buffa insieme a Federico Ferri (dal 14 giugno) e Federico Buffa Talks Zvonimir Boban (dal 21 giugno e dal 28 giugno). Ne L’Uomo della Domenica – Discorso su due piedi: Luciano Spalletti, il maledetto toscano, in streaming su NOW e disponibile on demand, intervengono anche l’ex ct Arrigo Sacchi, i giornalisti Maurizio Crosetti, Angelo Carotenuto e Monica Scozzafava e lo scrittore Marco Malvaldi.