Club Italia è una sorta di bacheca in cui alcuni autori di Undici raccontano le gare degli Azzurri a Euro 2024. Purtroppo, visto come sono andate le cose ieri, questa rubrica finisce oggi: la Nazionale di Spalletti è stata eliminata con pieno merito dalla Svizzera, e ovviamente adesso proveremo a capire come, perché e da dove arriva questa sconfitta. Parleremo di testa, di tattica, di cambi tardivi. Ma c’è anche un invito finale, ed è piuttosto importante: la Nazionale rappresenta il movimento, è chiaro ma non è il movimento. E allora non è il caso di buttare tutto all’aria, forse.
Quattro partite, quattro approcci uguali (e pessimi)
Avrete letto ovunque, in questi ultimi tre giorni, dopo che la Georgia mercoledì sera ha battuto il Portogallo, che senza il gol di Zaccagni all’ultimo istante contro la Croazia l’Italia sarebbe stata eliminata già nella fase a gironi, in quanto quinta tra le migliori terze. Ecco: al di là della sbornia collettiva di lunedì sera, probabilmente sarebbe stato più corretto così. Gli Azzurri sono durati quattro partite in questo Europeo, e tutti e quattro gli incontri hanno avuto lo stesso filo conduttore: siamo andati in svantaggio, è successo sempre e comunque, un destino ineluttabile che in realtà ha ben poco da spartire con il fato e molto con una questione mentale, caratteriale, di esperienza a certi livelli.
Il retropassaggio di Dimarco su rimessa laterale all’esordio contro l’Albania, l’apatia contro Spagna e Croazia (due primi tempi scialbi e noiosi entrambi però terminati 0-0), i moltissimi errori tecnici di ieri in un primo tempo sbloccato dall’inserimento di Freuler e che avrebbe potuto finire anche peggio, senza i due (soliti) miracoli di Donnarumma. E poi, trenta secondi dopo il rientro in campo, in una situazione di svantaggio, sì, ma tutt’altro che compromessa, l’ennesimo gol subito sull’ennesimo approccio sbagliato di questo Europeo. Il calcio non è uno sport democratico, non sempre vince la squadra migliore: ma ieri Svizzera-Italia è andata esattamente così.
Spalletti a impatto zero
La verità è che l’Italia ha iniziato le sue partite in modo negativo, diciamo pure errato, per via dei suoi enormi problemi strutturali, tutti da addebitare allo staff tecnico. Problema numero uno: un evidente ritardo di condizione, un gap atletico che ha determinato un ritmo di gioco a dir poco blando, mai davvero intenso, mai davvero aggressivo. Il problema numero due, ma non in ordine di importanza, riguarda l’identità tattica della Nazionale inviata in Germania: al di là dei vari cambi di modulo, che ovviamente sono da considerare un sintomo più che la causa del male di vivere manifestato dagli Azzurri, quali sono (erano) i principi di gioco su cui fa affidamento l’Italia? In che modo, cioè attraverso quali meccanismi, la Nazionale avrebbe dovuto difendere la propria porta e attaccare quella degli avversari?
La risposta a queste domande, semplicemente, non c’è. E allora è giusto dire che Luciano Spalletti esca ridimensionato, scottato, diciamo pure stritolato da questi Europei. Il suo lavoro ha avuto impatto zero sull’Italia, anzi le scelte fatte nelle ultime settimane hanno alimentato la confusione in seno alla Nazionale. È bastato che la Spagna – una squadra più giovane, più brillante dal punto di vista atletico, più talentuosa, semplicemente più forte rispetto all’Italia – imponesse il suo gioco, e francamente la Roja l’avrebbe fatto contro chiunque, perché il ct sconfessasse completamente le idee manifestate attraverso le convocazioni, perché rinunciare al gioco che si era (intra)visto contro l’Albania, perché si convincesse a passare non solo alla difesa a tre, ma anche a un atteggiamento più remissivo, diciamo pure più speculativo. Spalletti, in pratica, ha deciso di compiere una trasformazione che non era nelle sue corde: quella da allenatore a selezionatore, da tecnico a commissario tecnico. Poi certo, anche le contingenze – l’assenza di Calafiori, lo stop di Dimarco, le cattive condizioni di Bastoni – hanno reso ancor più complicato il confronto con la Svizzera. Ma il punto, come abbiamo detto prima tra le linee, è che l’Italia vista a Euro 2024 non ha mai avuto un’identità di gioco, una strategia a cui fare riferimento per non farsi travolgere dagli eventi, dalle partite. Spalletti in questo senso sembrava poter essere una garanzia, lo è sempre stato nella sua carriera, ma con la Nazionale non è andata in questo modo.
I cambi tardivi
Mettere mano alla panchina é da sempre il modo più facile per cambiare le dinamiche di una partita, l’anima di una squadra. A maggior ragione da quando sono stati introdotti i cinque cambi. Non per l’Italia, che come detto ne avrebbe avuto bisogno. Già durante la partita contro la Croazia, per l’ingresso in campo di Zaccagni – rivelatosi poi decisivo – il ct Spalletti aveva aspettato il minuto numero 82. Stesso discorso per gli ingressi di Fagioli e Scamacca, arrivati dopo il 75esimo. Mentre contro l’Albania, all’esordio, tutte le cinque sostituzioni erano addirittura arrivate tutte nell’ultimo quarto d’ora di gioco.
E il copione è stato lo stesso anche contro la Svizzera. Già sotto di due reti, Spalletti non ha inserito Retegui fino a metà secondo tempo, Pellegrini e Cambiaso che non hanno messo piede in campo fino al 75esimo, a partita ormai compromessa, mentre Frattesi ha dovuto aspettare addirittura l’86esimo prima di fare il suo ingresso. Quella dei cambi tardivi è stata una scelta/abitudine che Spalletti ha portato avanti per tutto l’Europeo, e anche questa è frutto della sua incertezza totale, dei dubbi di tattica, di modulo e di uomini, che il ct non ha mai saputo risolvere. Non c’è modo di sapere se anticipare le sostituzioni avrebbe davvero cambiato le cose, ma fa male anche solo tornare a casa con questo dubbio.
La sintesi di Svizzera-Italia 2-0
Ora però non mettiamo in discussione un intero movimento
Ogni volta che l’Italia fa flop in un grande torneo, il leitmotiv della mancanza di talento è il primo a presentarsi. I club non investono nei vivai; oppure investono troppo sugli stranieri; o ancora non si alleva più il talento come una volta. Spesso frasi fatte, ancora più spesso stereotipi, perché il calcio delle selezioni italiane, soprattutto a livello di Under, negli ultimi anni ha prodotto giocatori e risultati. Per spiegare la débâcle dell’Italia contro la Svizzera, una Nazionale che certamente sulla carta aveva in organico meno qualità della rosa degli Azzurri, non bisogna andare molto oltre questi novanta minuti: un’Italia senza uno straccio di idea, di certezza, di direzione.
Lo avevamo già detto dopo la partita contro la Croazia: ci era andata bene, ma i continui cambiamenti apportati da Spalletti rischiavano di partorire un’Italia informe e inconcludente. La dimostrazione più netta è arrivata in questo disastroso ottavo di finale, forse la peggior gara a eliminazione diretta che la Nazionale ha disputato in un grande torneo negli ultimi decenni. Serviva un’organizzazione che venisse messa al servizio della qualità: forse non sufficiente a vincere un Europeo, sicuramente non all’altezza delle grandi favorite, ma certamente viva, concreta, solamente in attesa di una forma che le desse la possibilità di sbocciare. Non è avvenuto, forse per le titubanze del ct, forse, come lo stesso Spalletti ha detto, perché serve più tempo. Ma la Nazionale non è questa roba qui. È molto meglio di così. Ricordiamocelo, prima di bocciare un intero movimento.