Quanto ci mancano gli specialisti delle punizioni

Una categoria in via di estinzione, o quasi.

C’è stato un momento, venerdì scorso, durante Portogallo-Francia, in cui Cristiano Ronaldo ha provato a battere un calcio di punizione impossibile. Impossibile perché la palla era molto spostata sulla destra rispetto alla porta difesa da Mike Maignan, che tra l’altro è uno dei migliori portieri al mondo e, dopo una stagione altalenante con la maglia del Milan, ce lo ha ricordato a Euro 2024; impossibile perché da quella posizione, di solito, calcia un mancino, o ancora più spesso si tenta un cross in area; impossibile perché, proprio qualche giorno prima, era uscita una statistica secondo cui Cristiano Ronaldo aveva battuto 60 calci di punizione in tutta la sua carriera tra Europei e Mondiali — ora saranno anche più di 60 — e ne aveva segnato solo uno. E infatti quella punizione, anche quella, è andata a sbattere contro la barriera.

Che fine hanno fatto gli specialisti dei calci di punizione? L’ultimo gol segnato agli Europei in questo fondamentale risale alla scorsa edizione, Mikkel Damsgaard della Danimarca nella semifinale di tre anni fa contro l’Inghilterra. Ai Mondiali del 2022 ne sono stati realizzati appena due, uno dall’inglese Marcus Rashford contro il Galles e l’altro dal messicano Luis Chávez contro l’Arabia Saudita. Nell’ultimo campionato di Serie A abbiamo dovuto aspettare dieci turni e quasi cento partite prima di assistere a un gol su punizione diretta, quello di Giacomo Raspadori il 29 ottobre, in pieno autunno, durante Napoli-Milan 2-2, e in totale in tutta la stagione ce ne sono stati 18. L’anno precedente 17, quello ancora prima 22. Nel 2009/10 furono dieci in più, a inizio secolo addirittura 45. Ma il calo statistico non riguarda soltanto l’Italia: secondo i dati di Opta, nel 2006/07 nei cinque principali campionati d’Europa vennero segnati 145 gol su calcio di punizione, mentre nel 2021/22 soltanto 87, il 40% in meno.

C’è stato solamente un faro nella notte in questi ultimi anni, e risponde al nome di James Ward-Prowse. A un certo punto il suo tasso di conversione di calci di punizioni diretti in Premier League ha toccato il 15,2% in un decennio di tentativi, non proprio un campione esiguo, a fronte di una media del 5,6% in Inghilterra e di circa il 6% nei cinque principali campionati europei. Con 17 punizioni trasformate in Premier, Ward-Prowse è secondo in questa speciale classifica solo alle spalle di David Beckham (18), con Thierry Henry, Gianfranco Zola e Cristiano Ronaldo fermi al terzo posto a quota 12. Quanti però conoscono James Ward-Prowse al di fuori di Fifa? Dopo 12 stagioni al Southampton, la scorsa stagione è passato al West Ham, non ha mai disputato una partita in Champions League nella sua carriera e con la Nazionale inglese ha collezionato appena undici presenze, l’ultima più di due anni fa, nel giugno del 2022. A parte il solito ed eterno Lionel Messi, che ha un tasso di conversione del 9%, comunque sopra la media, dove sono gli altri? Quali specialisti dei calci di punizione vi vengono in mente nel calcio attuale?

La risposta è nessuno, perché si sono estinti, o quasi. E soprattutto si è estinta tutta una scuola di tiratori diversi ognuno con le proprie movenze, il proprio stile, la propria signature move: la rincorsa con il braccio aperto di David Beckham, una delle prime caratteristiche di realismo che fu introdotta nei videogiochi sul calcio, da Winning Eleven in poi; le “tre dita” di Juninho Pernambucano a cui poi si è ispirato, per sua stessa ammissione, anche Andrea Pirlo; l’esterno sinistro di Roberto Carlos, che sembrava finire quasi in rimessa laterale prima di sterzare improvvisamente verso la rete con i portieri increduli; la “foglia morta” di Mario Corso e Zico; le bordate sotto l’incrocio da trenta metri di Sinisa Mihaijlovic, che una volta segnò tre gol su punizione tutti nella stessa partita, Lazio-Sampdoria 5-2 del dicembre 1998, e un’altra volta una doppietta, Inter-Roma 2-0 del febbraio 2005.

Con 77 gol, il brasiliano Juninho Pernambucano è il giocatore che ha trasformato il maggior numero di calci di punizione nella storia del calcio. Al secondo posto c’è Pelé (66), al terzo Ronaldinho (60). (FRED DUFOUR/AFP via Getty Images)

Ma quali sono i motivi di questa crisi? «Io da allenatore mi sono messo a calciare punizioni ovunque sia stato, non solo a Bologna, e faccio più gol dei miei giocatori anche dopo 15 anni che ho messo di giocare», ha detto nel 2021 proprio Mihaijlovic, intervistato da Sky. «Si può migliorare con l’allenamento? Si può fare sempre di più con l’allenamento, ma bisogna avere passione per le cose. Noi dopo l’allenamento restavamo in campo ad allenarci, a fare le sfide, a calciare punizioni. Ma io sono 12 anni che alleno e non mi è mai successo di trovare un giocatore che dopo l’allenamento mi dice: “Mister, posso rimanere per tirare le punizioni?”. Glielo devo dire io. Perché se capita di domenica il gol non viene mica così. Sta tutta lì la differenza». Qualcuno meno boomer dà invece la colpa ai palloni di ultima generazione, ma la verità — come spesso accade — va ricercata nei numeri, nelle statistiche: si segna di meno su calcio di punizione perché si tira di meno su calcio di punizione. Al pari delle conclusioni da lontano, l’analisi degli expected goals suggerisce che conviene di più crossare o giocare una palla corta per muovere le difese avversarie. Come ha scritto Opta lo scorso febbraio, nella stagione 2008/09 si cercava il tiro nel 24,6% delle punizioni calciate nell’ultimo terzo di campo (circa una su quattro), mentre nel 2022/23 lo stesso dato è sceso al 18,8%, cioè poco meno di una su cinque.

E poi c’è un altro aspetto ancora, l’elefante nella stanza — o meglio, bisogna cambiare l’animale per la metafora: l’introduzione del “coccodrillo” in barriera, ormai sdoganato in tutto il mondo, ci ha privati anche del colpo di genio della punizione rasoterra con cui Michel Platini beffò Dino Zoff in un’amichevole tra Italia e Francia disputata a Napoli nel 1978 e Ronaldinho conquistò definitivamente un’intera generazione di ragazzini durante un Barcellona-Werder Brema della fase a gironi della Champions League 2005/06. La punizione rasoterra è un inganno, uno scherzo, quasi uno sfregio, ma ormai non si vede più perché una sera, proprio a Barcellona, Marcelo Brozovic ha deciso di lanciarsi con la faccia rivolta verso Handanovic per evitare un possibile gol di Luis Suárez. E qui mi serve la prima persona per lanciare un’unpopular opinion: non ci saranno più gli specialisti delle punizioni, ma almeno aboliamo il coccodrillo in barriera. Qualcuno tornerà a calciarne una rasoterra, prima o poi.