L’improvvisa grandezza di Jasmine Paolini

Come si spiega il 2024 della prima tennista italiana in finale a Wimbledon?

Adesso è il momento dei maschi è la frase che tante volte abbiamo sentito nel 2023 da parte di chi commentava i successi del tennis italiano maschile, la vittoria in Coppa Davis a novembre 2023 e il trionfo di Sinner agli Australian Open 2024. Nel frattempo le donne arrancavano, appese ancora al tempo di Pennetta, Vinci ed Errani, al tempo in cui Errani arrivava in finale a Parigi nel 2012, oppure quando Vinci e Pennetta si giocavano il primo titolo Slam nel 2016 — nel mentre, il tennis maschile celebrava le sue nozze con i fichi secchi di Fognini. In effetti, con Trevisan, Bronzetti, Cocciaretto e Paolini, non è che ci fosse molto in cui sperare. Al massimo si poteva aspirare a qualche exploit, come la semifinale di Trevisan a Parigi del 2022 — risultato abbastanza casuale. 

Poi improvvisamente, senza avvisaglie, arriva il 2024. E Jasmine Paolini decide di diventare una delle giocatrici migliori del mondo. A gennaio è fuori dalla top 20 del ranking e ha vinto un solo torneo: un 250 minore a Portorose, nel 2022, da numero 64 WTA. In Australia riesce per la prima volta a vincere due partite di fila in uno Slam, poi vince un WTA 1000, perde in finale al Roland Garros e ora è in finale a Wimbledon. Negli ultimi 25 anni c’erano riuscite Steffi Graf, Justine Henin, Serena Williams, Venus Williams. E ora Paolini. Com’è possibile, posto che lo sia, spiegare una cosa del genere?

Cominciamo col ricordare che il tennis femminile sembrava finalmente aver trovato una discreta stabilità al vertice grazie al quartetto Swiatek-Sabalenka-Rybakina-Gauff. Ogni tanto la casualità, abbinata a un buon momento di forma, riusciva a favorire qualche outsider: Ostapenko, Raducanu, Andreescu, Kenin, Vondrousova. Il punto è che nessuna nessuna di queste ha saputo dare continuità al più grande risultato della propria vita. Ci riuscirà Jasmine Paolini, nuova numero 5 della classifica WTA?

Il suo coach, Renzo Furlan, è stato al massimo numero 19 ATP, giocando un tennis che ricorda proprio quello di Paolini: l’intelligenza tattica sopperiva a colpi limitati rispetto ai giganti che dominavano il tennis maschile negli anni Novanta. Più o meno quello che fa la sua allieva, 163 centimetri di altezza, contro i 176 di Swiatek, i 184 di Rybakina e i 182 di Sabalenka. Paolini e Furlan lavorano insieme dal 2016 e non ci sorprende la scelta di Renzo, che ha trovato in Jasmine una tennista capace di lavorare con costanza per far rendere al massimo le sue qualità: in primis la velocità dei suoi piedi, e quindi la rapidità nel posizionarsi per contrastare le bordate delle tennisti-amazzoni; e poi l’efficacia del dritto, un colpo che è migliorato molto in fase di contenimento e con il quale oggi Paolini riesce anche a dettare il gioco, specie quanto mette in campo la prima palla — che possiamo considerare di ottima qualità, se consideriamo la sua altezza.

Quando ha iniziato a collaborare con Paolini, tennista numero 215 nel ranking WTA, Renzo Furlan ha lasciato un incarico federale e ha interrotto un rapporto di collaborazione con la Federazione serba. E oggi parla così della prima giocatrice italiana della storia capace di arrivare in finale a Wimbledon: «Ha sempre lavorato per arrivare ad altissimi livelli. Fare ciò che fa non le è mai pesato più di tanto. Quella leggerezza che la contraddistingue in campo viene dall’amore che nutre per il tennis. Per me ora è molto più cosciente dei propri mezzi». 

Jasmine Paolini è nata nel 1996 a Castelnuovo di Garfagnana (Lucca) da padre italiano e madre polacca, quest’ultima a sua volta con origini ghanesi. (HENRY NICHOLLS/AFP via Getty Images)

A 28 anni compiuti, Jasmine Paolini è diventata improvvisamente una top player. Ci sono tanti giocatori che arrivano alla cosiddetta maturazione in età avanzata, non tutti sono per forza Alcaraz o Swiatek. Ma nessuno avrebbe scommesso su un percorso di questo tipo, proprio perché il suo è sempre stato un tennis di contrattacco, difensivo, limitato nel potenziale. Però le cose sono cambiate: ha lavorato molto sulla tecnica, è diventata una giocatrice molto più incisiva. Questo le ha permesso di diventare «sempre più convinta di poter esprimere il suo tennis migliore sulle superfici veloci», stando sempre alle parole di Renzo Furlan. 

Un altro fattore decisivo, per questa esplosione improvvisa, va probabilmente ricercato nel carattere di Paolini. Perché le due settimane nel quale un/una tennista gioca nel flow, cioè esprime il suo massimo potenziale senza condizionamenti psicologici, possono capitare di frequente. Ma qui siamo di fronte a una costanza di rendimento che, evidentemente, si fonda su certezze molto solide. Sia a livello di gioco sia a livello mentale. E per acquisire questo tipo di sicurezza bisogna vincere partite in continuità. Paolini ha iniziato l’anno con i primi ottavi Slam in Australia e perdendo contro Kalinskaya, battuta poi a Dubai quando ha vinto titolo più importante della carriera. Il ranking è migliorato con l’ingresso nelle top 20, la convinzione nei suoi mezzi è cresciuta a dismisura, la paura di affrontare le avversarie più forti, le giganti, è venuta meno. Poi è arrivato un buonissimo tabellone al Roland Garros, l’ottima vittoria contro Rybakina ai quarti prima di perdere nettamente contro Swiatek. E quindi è arrivata a Wimbledon ancora più sicura del suo potenziale. Dove ha dimostrato, per l’ennesima volta, che nel tennis niente è più importante che giocare con la mente libera.

Ma Paolini può fare ancora meglio, può suggellare la sua carriera con una vittoria che sarebbe leggendaria. In semifinale contro Vekic, la tennista azzurra ha iniziato la partita in maniera contratta, come se avvertisse il peso della sfida e della storia. Ma poi si è sciolta, certamente la sua avversaria le ha dato una mano con le crisi di pianto nei cambi campo, ma la tranquillità interiore di Paolini, questo suo approccio più rilassato al tennis, ha fatto la differenza nei (pochi) punti che hanno deciso la partita. 

Adesso ci sarà Barbora Krejcikova, che ha vinto già uno Slam a Parigi, oltre a tutti quelli in doppio. Il suo è un tennis vario e quindi Paolini dovrà giocare una partita diversa, sarà chiamata a costruire anche lei i punti e non a giocare solo di contrattacco. Dopo la netta sconfitta nella prima finale Slam, Paolini ha un’altra occasione a Wimbledon, questa volta con una reale possibilità di vittoria del titolo nel campo più famoso del mondo, quello che lei stessa ha sempre visto in tv tifando il suo idolo Roger Federer, otto volte campione a Londra. Per la storia italiana, di titolo a Londra ne basterebbe uno. Per le spiegazioni c’è sempre tempo.