Domenica sera, nella finale dei 100 rana maschili, Nicolò Martinenghi ha vinto la prima medaglia d’oro per l’Italia alle Olimpiadi di Parigi 2024, e — diciamocelo — non era una medaglia attesa. O meglio: poteva essere atteso il podio, ma l’oro, alla vigilia, non l’avrebbe immaginato neanche il più fiducioso degli ottimisti. Perché c’erano due avversari, il cinese Qin Haiyang e il britannico Adam Peaty, che in tutta la stagione (ma anche negli anni passati) avevano nuotato più veloce dell’italiano: Qin, campione del mondo nel 2023, ha un primato personale di 57”69, mentre Peaty, il vincitore a Rio 2016 e a Tokyo 2020, era sì reduce da due anni difficili a causa di problemi di salute mentale, ma è pur sempre il detentore del record del mondo (56”88) e ad aprile, ai Campionati nazionali britannici, aveva dimostrato di essere tornato su livelli difficili da raggiungere per Martinenghi, con un 57”94 che è più veloce del record italiano dell’azzurro (58”26, realizzato nel 2022).
Eppure tutto si è mescolato nella piscina di Parigi, forse un po’ lenta come si sta dicendo negli ultimi giorni a causa di un ritorno di onda che penalizza soprattutto i ranisti uomini, e il successo di Martinenghi (con Peaty argento e Qin addirittura settimo) non è stato casuale. Nella finale olimpica dei 100 rana meno performante — a livello di tempi — da Atene 2004, per vincere l’oro è bastato un 59”03, tempo che alla vigilia dei Giochi avrebbe rappresentato solo il decimo più veloce della stagione, e Martinenghi ha saputo cogliere la sua occasione come del resto aveva già fatto più volte in carriera. Era stato lui, per esempio, che ai Mondiali di Budapest del 2022 aveva sfruttato al meglio l’assenza per infortunio di Peaty per diventare campione del mondo in vasca lunga. Ed è proprio questa la principale dote di Martinenghi, che tra pochi giorni (il 1° agosto) compirà 25 anni e molto probabilmente chiuderà la sua parabola sportiva — quando la chiuderà — senza mai raggiungere i tempi di Qin e Peaty: mettere la mano davanti agli avversari quando conta, saper vincere una finale olimpica in 59”03 quando — vuoi per la vasca lenta, vuoi per la tensione, vuoi per qualsiasi altro motivo — tutti gli altri si fermano a 59”05.
Con la medaglia di ieri — una cosa enorme, il punto più alto della sua carriera e della vita — Nicolò Martinenghi è salito almeno una volta sul podio in una gara individuale nelle ultime 11 grandi manifestazioni internazionali consecutive a cui ha partecipato, dagli Europei in vasca lunga di Budapest 2021 alle Olimpiadi di Parigi 2024. Nel mezzo, oltre agli Europei e alle gare in vasca corta, c’è da registrare una continuità di risultati impressionante: il bronzo olimpico a Tokyo 2021, il già citato oro a Budapest 2022, l’argento ai Mondiali di Fukuoka 2023 al termine di quella che ieri sera il suo allenatore Marco Pedoja ha definito «la stagione più complicata della sua carriera», un altro argento sempre nei 100 rana agli inusuali Mondiali in vasca lunga che si sono disputati nel febbraio di quest’anno a Doha. Quando lo avevamo intervistato qualche mese fa, proprio a Parigi, Pedoja ci aveva descritto così Martinenghi: «Lui non è che entra in acqua per fare un tempo, lui entra in acqua per toccare davanti. Infatti quando deve nuotare un certo tempo, magari per qualificarsi a un evento internazionale, va un po’ più in difficoltà. Invece quando deve toccare davanti, indipendentemente dal cronometro, anche se magari è una finale mondiale, lui lì tira fuori il meglio di sé».
Per l’Italia è la sesta medaglia d’oro olimpica che arriva dal nuoto, con il quinto atleta diverso dopo Domenico Fioravanti (100 e 200 rana a Sydney 2000), Massimiliano Rosolino (200 misti a Sydney 2000), Federica Pellegrini (200 stile libero a Pechino 2008) e Gregorio Paltrinieri (1500 stile libero a Rio 2016), e potrebbe non essere finita qui. Questa sera, infatti, Thomas Ceccon parte con i favori del pronostico nella finale dei 100 dorso maschili di cui è stato campione del mondo a Budapest 2022 (come Martinenghi) e di cui, soprattutto, detiene il record del mondo (51”60). Ma se Ceccon, che da tempo parla di «ossessione» per la medaglia d’oro olimpica, si è messo addosso quasi il dovere morale di vincere per completare la sua carriera, la sua storia sportiva, quella del più grande talento acquatico mai nato in Italia, quantomeno alla pari con Federica Pellegrini e Gregorio Paltrinieri, la storia di Nicolò Martinenghi è un po’ diversa. Non era il favorito per l’oro, Martinenghi, e prima della finale già il bronzo sarebbe stato accolto come un risultato straordinario, ma ha vinto perché quando scende in vasca, soprattutto in una gara internazionale, tutto il contorno non conta più: infortuni, problemi personali (e ne ha avuti), avversari, eccetera. Lui ti entra nella testa, lui sa toccare per primo. E anche questa è una capacità unica, pari o addirittura superiore al valore tecnico (che comunque ovviamente non si discute), perché è questo che fanno i fuoriclasse: vincere, in qualsiasi modo e condizione possibile.